La recente notizia della possibilità di scattare fotografie all’interno di un museo statale italiano – iniziativa promossa e sperimentata dalla Soprintendenza di Firenze in deroga al divieto previsto inizialmente dalla Legge Ronchey e accolto successivamente dal Codice dei Beni Culturali – consente alcune riflessioni a margine sulla necessità e sull’urgenza per i musei del nostro paese di aprirsi all’innovazione e al confronto con i cambiamenti della contemporaneità.

In realtà, come sappiamo, non si tratta di nulla di nuovo o di dirompente. Nella maggior parte dei musei stranieri scattare fotografie per uso amatoriale rientra, infatti, tra le molteplici opzioni e possibilità che vanno idealmente a comporre un sistema di offerta accogliente, vario, inclusivo, attento alle esigenze di diversi pubblici e stakeholder, spesso basato sull’idea di partecipazione attiva dei propri utenti e di progettazione esperienziale. Soprattutto nei contesti nordici e anglosassoni troviamo istituzioni culturali family friendly a misura di genitori e soprattutto di bambini che vivono con naturalezza e disinvoltura la scoperta della visita; troviamo ambienti confortevoli, facilities e sovente spazi wifi free che invogliano ad abitare e usare i musei anche come luoghi in cui può essere piacevole studiare, mangiare, incontrarsi e oziare creativamente. Ne consegue che la visita al museo si traduce in un’opzione naturale, plausibile e sensata per occupare in modo intelligente, stimolante e possibilmente divertente il tempo libero di individui e famiglie.

In Italia i musei si trovano, invece, ad affrontare una fase di transizione e discontinuità con pochi precedenti perché è il risultato del combinato disposto di fattori esterni apparentemente contradditori: l’erosione progressiva del sostegno e dei finanziamenti di natura pubblica e la contestuale e crescente richiesta di modernizzazione e di ampliamento del loro ruolo istituzionale. Ruolo che oscilla, a seconda dei casi, tra la funzione di “presidio” culturale possibilmente inclusivo, relazionale e partecipativo, progettato per rispondere alle istanze e ai bisogni del territorio, quella di polo culturale capace di generare e stimolare conoscenza qualificata e quella di “attrattore” utile nel richiamare turismo e nel generare valore per il territorio.
Non stupisce, quindi, se molti musei si trovano in gravi difficoltà di natura strategica, economica e organizzativa e nella condizione di dover ripensare il proprio modello di sostenibilità complessiva.

Per venire a capo di una situazione caratterizzata da blocchi di diversa natura ed entità occorrono azioni e politiche di sistema, interventi strutturali di capacity building del settore, innovazione di processo e di prodotto (soprattutto per diversificare le fonti di ricavo e migliorare le condizioni di sostenibilità).

Occorre, soprattutto, ricercare nuovi slanci, sperimentare percorsi inesplorati, trovare altri compagni di viaggio, cercare parole e codici nuovi, ripartire dai territori, ripartire dalle persone e dalle competenze per costruire e riaffermare la propria legittimazione sociale.

 

 

* Socio Fondatore e Responsabile Ricerca e Consulenza della Fondazione Fitzcarraldo, partner di Symbola per il rapporto IO SONO CULTURA 2013.

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