Europa Creativa è un programma necessario per raggiungere gli obiettivi della circolazione degli artisti, creativi ed opere, della valorizzazione e implementazione delle imprese culturali e creative, della internazionalizzazione delle carriere e dei partenariati, della competitività e della promozione della diversità culturale e del cultural heritage materiale e immateriale. Il programma però deve superare problematiche che rendono l’accesso, specie per le piccole realtà, difficile e frustrante. Le questioni amministrative, la burocrazia gestionale, l’insufficiente trasparenza, chiedono una revisione di criteri valutativi e di riorientare il Programma alla qualità delle proposte culturali, sostenendo l’integrazione con altri programmi.
Con il 2017 Europa Creativa è entrato nella “mezza età”, ossia nella sua fase di revisione. Questo porterà alla redazione di un rapporto di mezzo termine, che la Commissione ha affidato a valutatori esterni indipendenti e che consegnerà al Parlamento e al Consiglio il 21 dicembre prossimo. Intanto il Comitato di Management, che riunisce la Commissione e gli Stati membri, ha varato il programma 2018, con bandi e assegnazioni finanziarie dettagliate. Le novità si vedranno di fatto nella nuova edizione del Programma, che tutti auspicano. Intanto, va detto che siamo solo all’inizio del processo del Fondo di garanzia sui Prestiti, che attribuisce 122 milioni di Euro a intermediari finanziari selezionati da Fondo Europeo per gli Investimenti per consentire ai soggetti dei settore culturale, creativo e audiovisivo di accedere a finanziamenti a tassi interessanti e senza ricorrere a garanzie personali. Il Parlamento sta percorrendo la complessa via della revisione complessiva dell’area Digitale, che interessa tutti i settori culturali ma più direttamente il comparto MEDIA, contribuendo a staccarlo dagli altri settori, almeno nelle urgenze delle deliberazioni da assumere.
Europa creativa è l’unico programma diretto dell’Unione europea per il settore creativo, culturale e audiovisivo, che oggi coinvolge 39 paesi, con un budget di un 1,5 miliardi per il periodo 2014-2020. Un budget che ha registrato, in questi sette anni, un incremento del 9 %, ma rappresenta appena lo 0,15 % del bilancio europeo. A cavallo tra il 2016 e il 2017 il Parlamento ha messo a punto la valutazione di medio termine del programma, rilevando le criticità da risolvere e i punti di forza da valorizzare. Quello che si è chiesto con forza alla Commissione Europea e agli Stati membri è stata una robusta integrazione dei fondi, in linea con le ambizioni del programma.
Le attività legate al patrimonio culturale sono una risorsa crescente di nuova occupazione, innovazione, competenze, inclusione sociale e turismo culturale. Inoltre, il settore culturale e creativo audiovisivo rappresenta ormai oltre il 5 % del PIL europeo, che diventa il 12 % se includiamo la moda e la pubblicità con 12 milioni di posti di lavoro, 2,5 volte superiore al settore auto. La grande quantità e qualità dei progetti presentati dimostra una grande vitalità del settore, prevalentemente costituito da soggetti non profit- specie nel sottoprogramma Cultura-, piccole e medie imprese, istituzioni culturali e associazioni. Tutti soggetti che vanno sostenuti e accompagnati nella sfida digitale, nella formazione di nuove competenze, nella creazione di network cooperativi, nella mobilità di artisti e prodotti culturali a sostegno di coproduzioni e reti europee di professionisti, nel rafforzamento della capacità industriale dell’audiovisivo europeo, a favore dell’internazionalizzazione delle carriere.
Europa creativa ha unificato tre programmi attivi nel settennio precedente (Cultura, Media e Media Mundus) in un solo programma, con obiettivi generali condivisi, anche se articolati in due sottoprogrammi ed uno Strand transettoriale. La volontà di fondo era riconoscere gli elementi di convergenza tra i settori culturale, creativo e audiovisivo, in particolare il loro contributo alla crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. La validità della scelta è stata confermata dai dati economici del settore, in costante crescita e ben superiori a quelli generali, e dalla dimensione trasversale della cultura, rilevante per la coesione sociale e la politica esterna dell’Unione. Tuttavia, avere riunito sotto un unico programma “Cultura” e “Media”, con l’aggiunta di un settore trasversale, non ha ancora prodotto quei risultati di integrazione fra i diversi settori e progetti che ci si aspettava. Europa Creativa soffre del suo stesso successo: il rapporto fra domande presentate e accolte è estremamente limitato, con un tasso di successo pari solo al 16% delle domande nel sottoprogramma “Cultura” e al 32% per il sottoprogramma “Media”. Tra il 2014 e 2015 “Cultura” ha finanziato 351 progetti tra i 1691 ricevuti e MEDIA – che usa criteri automatici per il bando Distribuzione- ne ha finanziati 4494 su 8471 domande ricevute.
Nelle linea di azione per il proseguo 2020-2017 di Europa Creativa abbiamo proposto miglioramenti alla gestione del programma, nei criteri di valutazione dei progetti, al fine di renderlo più accessibile, semplice, trasparente, capace di sostenere ogni settore, i soggetti di piccole e di grandi dimensioni, favorendo l’equilibrio fra piccoli e grandi Stati. L’obbiettivo rimane quello di dare spazio all’ambizione europea di contare sulla scena mondiale della cultura, di sostenere la creatività dei suoi giovani e di quelle realtà e di istituzioni storiche in cui affondano le radici di questo continente. Allo stesso tempo sono stati accolti con entusiasmo i bandi rivolti all’inclusione sociale, agli immigrati e ai rifugiati. Sarà necessario riorientare il programma sulla qualità e il valore artistico delle proposte culturali – e non solo economico, come talvolta sembra prevalere – sostenendo l’integrazione con altri programmi e l’apertura a partenariati con paesi extraeuropei, soprattutto quelli che si affacciano nell’area mediterranea e in vista della nuova strategia per la diplomazia culturale e per l’Anno europeo del patrimonio culturale, fortemente voluto dal Parlamento per il 2018. Ad esempio, si può fare di più per rafforzare le sinergie tra Europa Creativa e alcuni programmi pluriennali, come Erasmus+ e Orizzonte 2020. Il collegamento fra ricerca, innovazione e cultura è indispensabile, così come lo è l’innovazione nelle piccole e medie imprese culturali.
Vanno inoltre superati gli attuali automatismi per salvaguardare la diversità della produzione audiovisiva europea, ma valorizzando le reali capacità di produzione e la circolazione di prodotti audiovisivi, nonché un maggiore supporto alle posizioni europee e alle coproduzioni in ambito anche televisivo, con produttori indipendenti, e più accesso da parte delle sale cinematografiche e della distribuzione online.
Scendendo nello specifico dei vari sottoprogrammi, “Cultura” continua ad assicurare mobilità e diversità culturale. I Network hanno un ruolo determinante, anche se soffrono per i vincoli imposti dalle norme di elegibilità[2]. Le Piattaforme sono all’inizio del percorso, promettenti ma troppo sottodimensionate, come già anticipato. Il bando per le Traduzioni letterarie dovrebbe collegarsi al Premio europeo per la letteratura, per dare maggior sostegno alla dimensione industriale, puntando anche a lingue di maggior diffusione. Quello a favore della Cooperazione, invece, offre una certa integrazione tra i settori, con prevalenza di alcune aree, come le arti performative e quelle visive. Ma tutto questo non basta: vista la mancanza di una effettiva policy europea dedicata, è necessario un ripensamento più ampio, immaginando un nuovo sottoprogramma rivolto alle Imprese Culturali e creative, a cominciare dalla Musica, editoria, design, artigianato artistico.
Interessanti novità anche per le Capitali europee della Cultura: dal 2021 il numero delle città si eleverà a tre l’anno. I riflessi si vedranno già a partire dal budget 2017. Il sottoprogramma “Media” continua ad assicurare un sostegno essenziale al settore nonostante le limitate risorse, che riconosce la sua aderenza alle esigenze della filiera. Basti pensare che all’ultimo Festival di Cannes, 23 opere avevano ricevuto un sostegno di questo tipo e 11 sono state premiate per la loro qualità. La filmografia europea finanziata da “Media”si è imposta anche agli oscar americani: Il Figlio di Saul ha ricevuto il riconoscimento come miglior film straniero per il 2016. Successi che trovano riscontro nel numero di biglietti venduti, saliti a 980 milioni nel 2015 nei paesi UE, di cui il 30% per film europei, con trend in crescita da tre anni. Elementi migliorativi dovranno essere introdotti nel sostenere l’audience development e i videogames. Soprattutto si dovrà decidere come intervenire sul sistema dei punti attribuiti in modo automatico, a svantaggio dei Paesi forti dal punto di vista della produzione, che offrono benefici ai piccoli Paesi ma rischiano di introdurre una vera distorsione di mercato.
Lo “Strand Transettoriale” soffre la mancata implementazione di una delle sue finalità, i progetti cross settoriali e integrati. Ancora una volta la causa è nella inadeguatezza dei fondi: da due anni si rinvia il progetto di master sulle professioni creative. Quest’anno la metà delle risorse (3 milioni di euro reintegrati dal parlamento) sono andate al bando sull’integrazione. Una buona scelta ma ancora una volta lo strand ha avuto più funzione di sostegno ad iniziative della Commissione piuttosto che di implementazione delle finalità propriamente transettoriali delle industrie culturali e creative.
Nel complesso, quello che emerge con più forza è la difficoltà di muoversi in un contesto divenuto più rigido e gerarchico, e allo stesso tempo anonimo, a causa della riorganizzazione di EACEA, con cambiamenti e opacità che hanno reso difficile identificare organigramma e interlocutori. Inoltre, la Commissione Europea ha introdotto una catena di comando più rigida, interloquendo solo con la figura apicale del Desk nazionale unificato. I Desk lamentano così la carenza di relazioni dirette con la DG e con l’Agenzia e di essere poco consultati in fase ascendente e quindi di non essere più considerati partner della strategia.
Gli operatori, invece, lamentano il peso economico della fidejussione richiesta a chi compete sul bando Cooperazione, la quota del cofinanziamento richiesto (troppo alta per le piccole realtà), la duplicazione della documentazione online e cartacea, i time sheets troppo vincolanti e poco realistici per programmi pluriennali, l’impossibilità di indicare in budget le spese condivise (attribuite al capofila e ripartite tra i partner) come avviene in Horizon 2020, la necessità di optare per una sola finalità in aree, come la formazione, che risultano vincenti soprattutto se sono capaci di costruire ponti tra diverse aree. La valutazione degli esperti, effettuata a distanza, rivela forti limiti per la mancanza di un confronto diretto tra i valutatori e per la loro estraneità alla concreta realtà dei Paesi nei quali operano i concorrenti. Ne discende una mortificazione della originalità e innovazione a vantaggio della omogeneità al lessico e alle richieste dei bandi.
Nel settennio 2021-2027, Europa Creativa andrà ampliata con regia DG EAC ma in collaborazione con altre Direzioni Generali, nella logica di dimensione trasversale della Cultura in tutte le politiche dell`Unione. Il Parlamento Europeo ha votato di ampliare il programma con più sottoprogrammi o strand: alla conferma di MEDIA e di Cultura– disegnato in forma ancora più specifica per le aree a vocazione non-profit ma in ogni caso attente alla dimensione economica, il Parlamento propone di affiancare tre linee nuove e autonome rivolte alle imprese culturali e creative, alla coesione e inclusione sociale, ai Paesi terzi, anche in relazione con la nuova diplomazia culturale europea.
Per raggiungere lo scopo sono necessari un cambiamento della base legale e maggiori finanziamenti, anche per evitare che sempre nuovi obiettivi- come quello lodevole dell’inclusione dei migranti- si appoggino su budget già inadeguati, senza una strategia complessiva che comunque dovrà avere al centro sempre l’attenzione agli artisti, ai creativi e ai professionisti di arti preziose ed efficaci, anche perché orgogliose della loro diversità.
Le radici dell’Europa sono nella musica, nella filosofia, nei pensatori, nella spiritualità, nella creatività, nel teatro, nella letteratura. I Paesi più grandi sono stati quelli che non si sono chiusi nelle piccole patrie, ma che hanno dialogato con il mondo, che hanno cercato di capire e di dare un valore alla storia della cultura europea.
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[2] Natura giuridica, anzianità, grant invece che contributi per il funzionamento.