LE PMI E LA SFIDA DELLA QUALITÀ: UN’ECONOMIA A MISURA D’ITALIA

IL DOSSIER DI CNA E FONDAZIONE SYMBOLA SULLE AZIENDE CON MENO DI 50 ADDETTI 

ITALIA AL TOP MONDIALE  DELLA QUALITÀ PER 255 PRODOTTI 

PMI VOLANO DELL’EXPORT  E DELL’INNOVAZIONE: SONO IL 90% DELLE IMPRESE MANIFATTURIERE ESPORTATRICI E L’80% DELLE AZIENDE INNOVATRICI 

LE PMI ITALIANE GUIDANO LA RICONVERSIONE VERDE  DELL’OCCUPAZIONE EUROPEA: 
IL 51% DI ESSE HA ALMENO UN GREEN JOB 

VACCARINO: “LA QUALITA’ DEL NOSTRO MADE IN ITALY E’ IL PUNTO DI FORZA DA CUI RIPARTIRE” 

REALACCI: “PER AFFRONTARE LA CRISI L’ITALIA DEVE FARE L’ITALIA E LE PMI
SONO NEL DNA DEL NOSTRO PAESE”

Roma, 13 aprile 2015. Innovative, green, creative, vocate alla qualità, competitive, legate al territorio e al tempo stesso lanciate sui mercati globali, portatrici di ricchezza. Sono le nostre piccole e medie imprese (Pmi): una delle chiavi di volta del made in Italy più versatile e reattiva, un patrimonio per tutto il Paese.

È grazie alle Pmi se siamo secondi solo alla Germania in Europa per numero di imprese che negli ultimi tre anni, dunque in piena crisi, hanno introdotto innovazioni di processo e di prodotto, innalzando il livello qualitativo delle loro attività. Hanno infatti meno di 50 addetti l’80% delle 65.481 aziende italiane che hanno puntato sull’innovazione. Creatività, cultura e innovazione sono uno dei motori più potenti della competitività made in Italy. Tanto che il nostro settore culturale e creativo può contare su quasi 1,4 milioni di addetti e sul fronte dei brevetti  facciamo meglio di Francia e Regno Unito: in 22 classi di brevetti di design europei, sulle 32 totali, l’Italia è prima, seconda o terza per  numero di progetti depositati. Solo la Germania in Europa è più virtuosa di noi. Il 58% delle nostre Pmi, inoltre, ha  impiegato il contributo di professionalità strettamente collegato al mondo della creatività. E sono ancora le nostre imprese con meno di 50 addetti  a guidare la ‘riconversione verde’ dell’occupazione europea: dalla fine del 2014, il 51% delle piccole e medie imprese italiane ha almeno un green job, più del Regno Unito (37%), della Francia (32%) e della Germania (29%).

Una scelta strategica che guarda al futuro e che già oggi fa guadagnare in termini di export (tra le imprese manifatturiere, il 44% di quelle che investono green esportano stabilmente, contro il 24% delle altre) e di innovazione (30% contro 15%). E ancora alla nostra galassia di imprese artigiane, micro, piccole e medie aziende si deve oltre 1/5 (77 miliardi di euro) del valore aggiunto prodotto in Europa dalle imprese della manifattura fino a 50 addetti. Ne sono un illustre esempio quelle filiere territoriali che fanno di Brescia e Bergamo le prime due province manifatturiere d’Europa (per valore assoluto), addirittura davanti alla tedesca Wolfsburg, che ospita il cuore della Volkswagen (e seguite, nelle prime 20, da altre 9 province tricolori).  Le nostre piccole e medie imprese sono un quarto delle Pmi esportatrici in Europa (più delle tedesche: 14,5%) e rappresentano ben il 90% del totale delle imprese manifatturiere esportatrici nel nostro Paese.

E’ quanto emerge dal dossier Le Pmi e la sfida della qualità: un’economia a misura d’Italia a cura di CNA e Fondazione Symbola, presentato oggi a Roma alla presenza del ministro della Cultura e del Turismo Dario Franceschini da Daniele Vaccarino e Ermete Realacci, rispettivamente presidente di CNA e presidente di Symbola, Sergio Silvestrini, Segretario Generale CNA, e Fabio Renzi, Segretario generale Fondazione Symbola. Un documento che non nasconde le difficoltà del Paese, messo alla prova da 8 anni di crisi, che finalmente sembra allentare la sua morsa e che tuttavia  ha accresciuto le disuguaglianze, reso più aggressive le mafie, più intollerabile la corruzione, lasciando inalterati la soffocante burocrazia e l’inaccettabile ritardo del Sud. Ma che al contempo sa individuare le potenzialità e i punti di forza del sistema Italia da cui ripartire per tornare a  correre. Come i nostri talenti unici, il nostro saper fare, la bellezza e la cultura. Tradizioni da rinnovare  scommettendo su ricerca, creatività e sostenibilità, sul nostro saper creare qualità e puntando sulle tecnologie avanzate, sul web, sull’economia della condivisione. Un dossier che smonta il falso mito secondo cui le Pmi sarebbero un peso di cui liberarsi e dimostra con dati alla mano l’esatto contrario: ossia che rappresentano la spina dorsale del made in Italy. E il volano del nostro export.

Le Pmi mostrano una spiccata capacità di imporsi fuori dai nostri confini, anche su mercati poco frequentati, che va legata alla scommessa sulla qualità. Lo dimostra il trend dei valori medi unitari dei nostri prodotti, che nell’ultimo decennio (2002 – 2015) sono cresciuti a ritmi superiori a quelli degli altri grandi paesi europei. In virtù della qualità dei nostri prodotti  il mercato ci  riconosce dunque prezzi più alti. Tanto che siamo addirittura primi al mondo per valore medio unitario di 255 prodotti. Tra cui molti blasoni del made in Italy: dall’agroalimentare alla meccanica, dal mobile e al design e alla moda.

“L’indagine dimostra – sottolinea il presidente della Cna, Daniele Vaccarino –  che la qualità è una caratteristica innata del Paese, fortemente presente anche e soprattutto nel nostro sistema economico, costituito per la gran parte da Pmi. Una caratteristica che emerge con forza nel binomio territorio-patrimonio artistico e culturale, un binomio che può costituire un volano per lo sviluppo di molte attività economiche, dal manifatturiero ai servizi, nel quale le Pmi possono e devono essere protagoniste. Ma, per valorizzare questo binomio, è necessario puntare sulla qualità. La qualità delle infrastrutture, materiali e immateriali, del territorio e delle città. Estrema importanza, in tale ambito, riveste la riqualificazione urbana, mirata a far tornare le città poli di attrazione anche economica. Le risorse sempre più ridotte obbligano a disegnare una strategia strutturata di riqualificazione complessiva del Paese, evitando gli interventi spot e scollegati del passato. Finanziata, principalmente, sfruttando al meglio le risorse comunitarie e favorendo le partnership pubblico/private diffuse, in grado di coinvolgere anche le imprese micro e piccole”.  

“Per superare la durissima crisi che stiamo attraversando  – spiega il presidente di Fondazione Symbola Ermete Realacci – dobbiamo fronteggiare i nostri mali antichi e scommettere sulle cose che rendono il nostro Paese unico: cultura, creatività, ingegno, saperi tradizionali, ricerca.  Quando l’Italia fa l’Italia, investendo in innovazione, qualità, bellezza e in green economy, è un Paese in grado di competere sui mercati globali. Le Pmi sono nel dna del nostro Paese e incarnano spesso un modello economico – e sociale – che gravita intorno al concetto di qualità e guarda al futuro; nel quale l’Italia ha tanto da dire al mondo:  Expo 2015 è un’occasione per farlo. Per questo le nostre Pmi vanno sostenute con strumenti adeguati, rimuovendo gli ostacoli che le frenano. Per far sì che le storie di successo individuali diventino il successo di un intero sistema produttivo. Il successo di un Paese” .

Eccoli i primati tutti italiani costruiti soprattutto grazie alle Pmi messi nero su bianco da CNA e da Symbola:

[Primato n.1] Pmi italiane tra i leader della produzione del valore aggiunto nella manifattura europea. Vocazione manifatturiera e centralità della piccola e media impresa fanno dell’Italia il leader europeo nella produzione di valore aggiunto tra PMI manifatturiere: con 77,3 miliardi di Euro, le PMI tricolore contribuiscono per oltre 1/5 (22,1%) al valore aggiunto prodotto in Europa dalle imprese della manifattura fino a 50 addetti.  Il valore più alto tra i paesi UE.  La Germania arriva al 18,5% (64,8 mld), la Francia al 13,3% (46,5 mld), Il Regno Unito si ferma all’11,1% (38,7 mld), la Spagna all’8,9% (31,1 mld) (fonte: Eurostat).

[Primato n.2] Le Pmi italiane sono protagoniste nell’export, in Italia e in Europa. In Italia sono le PMI a guidare l’export, con un effetto traino molto superiore alle piccole e medie imprese degli altri paesi europei. Tra le imprese manifatturiere esportatrici italiane, 88.952 in tutto, quelle sotto i 50 addetti sono nove su dieci: 79.947 (89,9%).  In Germania le PMI esportatrici sono 46 mila, il 67% del totale delle manifatturiere nazionali che esportano. Anche se si guardano le micro-imprese sotto i 10 addetti l’Italia mantiene lo stesso vantaggio, con 44.749 aziende esportatrici, a fronte delle 24.209 tedesche. Le piccole e medie imprese manifatturiere tricolori trainano anche la categoria in Europa: sul totale delle PMI europee che vendono all’estero i loro prodotti, una su quattro (25,3%) è italiana; quelle tedesche sono il 14,5%; seguono, a distanza, le imprese francesi (7,8%), britanniche (6,9), polacche (6,8%) e spagnole (6,1%) (fonte: Eurostat).

[Primato n.3] L’Italia non ha rivali in Europa nei prodotti di qualità. Nell’ultimo decennio le produzioni italiane hanno visto una crescita qualitativa superiore a quella degli altri paesi europei. Dall’introduzione dell’euro, infatti, l’Italia ha visto i valori medi unitari dei suoi prodotti salire del 39% (segno che il mercato riconosce un crescente premio di prezzo), contro il +36,4% del Regno Unito e dinamiche inferiori per Spagna (+30,6%) e Francia (+26,9%). La Germania, ultima tra i grandi Paesi comunitari, ha mostrato una dinamica più contenuta (+22,9%), dimostrando di puntare sull’efficienza dei costi, forte comunque di un livello qualitativo già elevato (fonte: Un-Comtrade)

 [Primato n.4] L’Italia al top mondiale della qualità per 255 prodotti, primi in Ue.  Vantiamo nell’UE il maggior numero di prodotti col più alto valore medio unitario al mondo (il mercato ci riconosce, in virtù della qualità, i prezzi più alti): 255 in tutto, contro i 196 della Germania, i 193 della Francia, i 188 del Regno Unito.  Tra cui prodotti che portano nel mondo il made in Italy (dall’agroalimentare alla meccanica al mobile e design alla moda), anche in settori innovativi: dai motocicli ai formaggi, ad esempio, dalle borse agli elicotteri e parti di casse di orologi, e poi cappotti, calzature, giacche a vento, guanti e portafogli, funghi conservati, pneumatici per bici, carta da riciclare, cinghie di trasmissione e pannelli di legno, pianoforti a coda e violini, fresatrici per metalli e vitamine, macchine da scrivere, vasche da bagno in ghisa, bastoni per golf (fonte: Un-Comtrade).

[Primato n.5] Italiani grandi innovatori. Le nostre imprese hanno l’innovazione nel dna: siamo il secondo paese in Europa per numero di aziende (65.481) che, nel triennio, hanno introdotto innovazioni di processo o di prodotto.  Meglio di noi solo la Germania, con 90.395 aziende. Seguono, ma a livelli decisamente inferiori, Regno Unito (44.623), Francia (37.924) e Spagna (24.159). Delle oltre 65mila imprese citate, quasi 54mila, più dell’80%, hanno meno di 50 addetti: segno evidente che le dimensioni delle nostre PMI non sono affatto un ostacolo all’innovazione (fonte: Eurostat)

[Primato n.6] Il modello produttivo italiano è tra i più innovativi in campo ambientale.  L’Italia è tra i primi paesi dell’Unione europea per eco-efficienza del sistema produttivo, con 104 tonnellate di anidride carbonica ogni milione di Euro prodotto (la Germania ne immette in atmosfera 143, il Regno Unito 130) e 41 di rifiuti (65 la Germania e il Regno Unito, 93 la Francia).  Il nostro sistema produttivo, grazie alle PMI, è anche quello che guida la ‘riconversione verde’ dell’occupazione europea: dalla fine del 2014, il 51% delle piccole e medie imprese italiane ha almeno un green job, più del Regno Unito (37%), della Francia (32%) e della Germania (29%). Non solo, siamo campioni europei nell’industria del riciclo: a fronte di un avvio a recupero industriale di 163 milioni di tonnellate di rifiuti su scala europea, nel nostro Paese, anche grazie al lavoro di tante piccole aziende della preparazione al riciclo e della manifattura, ne sono stati recuperati 24,1 milioni di tonnellate, il valore assoluto più elevato tra tutti i paesi europei (in Germania 22,4 milioni) (fonte: GreenItaly 2013 di Fondazione Symbola e Unioncamere).

[Primato n.7] La creatività è il motore della qualità del made in Italy. La creatività è uno dei motori della competitività delle nostre imprese.  Ce lo dicono i brevetti comunitari di design: dopo la Germania – che nelle 32 classi di brevetti di design europei, appunto, arriva sempre prima seconda o terza per numero di progetti depositati – l’Italia è il paese che fa meglio di tutti gli altri vicini europei, piazzandosi sul podio in 22 classi.  Francia e Regno Unito si fermano, invece, a 16. Alla Spagna non toccano posti sul podio. Inoltre, la nostra vocazione creativa appare estremamente diffusa: oltre il 60% delle aziende dichiara di aver impiegato il contributo di professionalità strettamente collegate al mondo della creatività. E ciò vale anche per il 58% delle piccole imprese: una quota, pienamente sovrapponibile al resto delle aziende, che testimonia della capacità innovativa delle nostre PMI (fonte: Istat, Eurostat).

 [Primato n.8] La cultura tira la volata all’economia italiana. Alla filiera della cultura – 443.458 aziende, il 7,3% del totale nazionale, composte nel 96.4% dei casi da imprese con meno di 10 addetti – l’Italia deve 80 miliardi di Euro, il 5,7% della ricchezza prodotta, con 1 milione e 394mila addetti. Questi 80 miliardi ne mettono in moto altri 134 nel resto dell’economia, che cresce di 1,7 Euro per ogni euro prodotto dalla cultura. Si arriva così a 214 miliardi, il 15,3% del valore aggiunto nazionale (fonte: Io sono cultura – l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi. Rapporto 2014 di Fondazione Symbola e Unioncamere).

[Primato n.9] L’Italia è la meta dell’eurozona preferita dai turisti extraeuropei. L’Italia è il 1° paese dell’eurozona per numero di pernottamenti di turisti extra-UE, con 56 milioni di notti  nel 2013 (+13 milioni rispetto alla Spagna).  Siamo il 1° paese europeo per numero di pernottamenti di turisti cinesi (2,8 mln), coreani del sud (750 mila), giapponesi (2,8 mln), brasiliani (1,8 mln), australiani (2,3 mln), statunitensi (11,7 mln) e canadesi (2 mln) (fonte: Unioncamere, Fondazione Edison e Fondazione Symbola, 10 verità sulla competitività italiana).

[Primato n. 10] Per 77 prodotti l’Italia è leader dell’agroalimentare nel mondo. Tra i prodotti dell’agroalimentare italiano ben 23 non hanno rivali sui mercati internazionali. Dalla pasta a pomodori e altri ortaggi, da aceto e olio, a fagioli e ciliegie: tutti prodotti per i quali il nostro Paese vanta le maggiori quote di mercato mondiale. E ce ne sono altri 54 per i quali siamo secondi o terzi. Nonostante la contraffazione e la concorrenza sleale dell’Italian sounding, siamo sul podio nel commercio mondiale, insomma, per ben 77 prodotti. Questo anche grazie al fatto che la nostra agricoltura ha scelto la qualità, anche dal punto di vista ambientale. Con 814 tonnellate per ogni milione di Euro prodotto dal settore, l’agricoltura italiana emette il 35% di gas serra in meno della media UE (12% in meno della Spagna, 39% della Germania).  Con 43.852 imprese biologiche (il 17% di quelle europee) siamo i campioni UE del settore. E vantiamo il minor numero di prodotti con residui chimici (0,2%), quota inferiore di quasi 10 volte rispetto alla media europea (1,9%) (fonte:  10 Verità sulla competitività italiana – Focus sul settore agroalimentare di Fondazione Edison e Fondazione Symbola con Coldiretti). 

Il dossier è disponibile a questo link: http://bit.ly/1HOpfgz

Una sintesi del dossier è disponibile in allegato

 

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