Con la cultura ci si mangia, eccome. Anzi, ci si nutre: perché non si tratta solo di Pil ma anche di ricadute sociali. I numeri lo confermano: nel 2017 il settore ha fatturato 92 miliardi di euro. Che sommati ai 153 miliardi generati dall’indotto più stretto fanno lievitare la cifra a 255 miliardi di euro in un anno. È il 6,1% della ricchezza totale prodotta in Italia, percentuale che salirebbe ancora di più se si sfruttassero a pieno tutte le risorse disponibili. A tracciare il quadro della situazione è il rapporto “Io sono cultura” di Fondazione Symbola e Unioncamere, presentato al Touring Club di Milano. Obiettivo: quantificare il peso della bellezza nell’economia nazionale. Bellezza che non si limita al patrimonio artistico, e cioè a musei, monumenti e siti archeologici, ma che comprende anche le industrie creative, dall’architettura al design, e quelle più classicamente culturali: cinema, editoria, musica, stampa, videogiochi e software. A queste si aggiungono poi realtà diverse che però in qualche modo vivono di creatività, dalla manifattura all’artigianato. Un ramo in crescita, a dispetto della recessione generalizzata.