La Provincia autonoma di Bolzano ha sempre evocato nell’immaginario collettivo, e lo fa ancora oggi, luoghi da favola per lo più fatti di montagne, aria pura e gerani ai balconi delle case. Invece, come spesso succede dietro l’apparenza, si cela una realtà più complessa e, in particolare, un ecosistema pubblico e privato che in questi ultimi anni ha sperimentato forme innovative di promozione territoriale attraverso la cultura.
Lo ha fatto attraverso la lente delle politiche giovanili, perché la scommessa della Provincia è stata quella di puntare al miglioramento delle condizioni lavorative dei giovani nel settore culturale e creativo e rinsaldare la coesione sociale nelle zone meno centrali del territorio. Una sfida anche generazionale se vogliamo, perché punta sul riconoscimento e messa a sistema delle nuove professioni che stanno emergendo in campo culturale. È quindi necessario non interrompere, ma anzi implementare, il grado di riflessione a livello pubblico degli strumenti più adatti per potenziare le opportunità professionali nell’ambito culturale e, nel farlo, promuovere forme di gestione idonee a mettere in comunicazione tutti gli attori coinvolti in maniera quanto più paritaria possibile.
Nel settore culturale assistiamo già da qualche tempo a fenomeni di cambiamento e sperimentazione di nuove dinamiche decisionali in chiave partecipativa, alla rigenerazione di luoghi legati allo sviluppo dell’innovazione sociale e culturale del territorio e a progetti che nascono per costruire assieme alle nuove generazioni nuovi modelli di sviluppo del territorio. Un approccio nuovo alla progettazione, insomma, che ha la forza di evolvere rispetto ai metodi più convenzionali cui siamo abituati e di provocare vere e proprie trasformazioni dei territori e delle forme di relazione fra le persone che in essi si instaurano.
Con questo spirito la Provincia di Bolzano ha incubato e avviato nel corso degli ultimi anni una serie di progetti nel settore culturale giovanile che puntano su questi aspetti poc’anzi delineati. Impulsi vivi è il percorso formativo che aiuta le idee culturali delle giovani generazioni a diventare progetti imprenditoriali. Si tratta di una formazione volta a fornire strumenti concreti, connessi alle competenze imprenditoriali dei giovani partecipanti e finalizzate a costruire una professione attraverso la cultura.
Il percorso è iniziato qualche anno fa e nel corso delle sue edizioni ha incubato idee di servizio culturale e di prodotti nell’ambito culturale e creativo. Recentemente è stato presentato il progetto Tangible Recollections (di Veronica Zen, Qurratulain Shaukat e Mehdi Rizvi), un’iniziativa che unisce arte e design con il fine di produrre modelli attraverso la stampa 3D di ricordi legati a un particolare momento della vita di ognuno.
Il progetto lavora sulla materializzazione dei ricordi per produrre oggetti da tenere o regalare, anche caricabili su un portale online per la vendita. La formazione non è sempre e necessariamente legata alla realizzazione di un prodotto. Emberfly (di Luca Bresadola), ad esempio, è un progetto incubato nell’edizione precedente che lavora sulla rigenerazione di uno spazio attraverso l’esposizione artistica, per far sì che l’esistente atelier – galleria diventi allo stesso tempo un luogo di incontro, uno spazio per corsi e uno studio fotografico. Lo spazio aveva bisogno di un’anima, di una strategia di messa in funzione in grado di valorizzare sia la parte commerciale (vendita a agenzie di pubblicità di immagini non convenzionali capaci di trasmettere concetti e idee), che la sua parte generativa di nuove idee.
Molti sono stati i progetti che nel corso delle tre edizioni hanno ricevuto un aiuto: il progetto Butìn (di Mattia Arcaro, Irene Bonente e Silvia Li Puma) che ha sviluppato dei mobili educativi per bambini, oggetti di design pensati per i più piccoli, ma che possano accompagnarli per tutta la vita; la piattaforma Wolf (di Andrea Frison) nata con l’obiettivo di risolvere i problemi contabili, amministrativi e burocratici di chi organizza eventi musicali in Alto Adige creando sinergie e coordinamento tra i vari organizzatori e infine Artikult – pop up store (di Biljana Stefanoska e Katrin Unterhofer), una vetrina itinerante o meglio un piccolo spazio di mobile modulare in affitto che offre ai creativi (artisti, designer, artigiani) la possibilità di esporre e vendere i propri prodotti artistici fatti a mano.
Ma, come si diceva prima, l’interesse dell’ente pubblico è quello di creare coesione sociale attraverso la cultura in quartieri della città che soffrono della lontananza dai luoghi deputati alla cultura più istituzionale. In quest’ottica l’intuizione del bando Botteghe di cultura è in fondo semplice: mettere a disposizione gratuita del terzo settore spazi pubblici sfitti, e difficilmente affittabili, per sviluppare attività culturali che vadano a lavorare con la cittadinanza del quartiere nel quale le botteghe sono inserite. I negozi messi a bando dall’ente pubblico sono quattro e notevole è stato l’interesse e la partecipazione da parte delle associazioni e delle cooperative culturali. A seguito di una selezione pubblica sui progetti, sono stati assegnati gli spazi per un periodo di cinque anni ed è stata affiancata al lavoro individuale delle associazioni una figura professionale che le facesse lavorare assieme, aumentando l’impatto sociale non solo delle singole botteghe ma anche quello della rete. Il progetto ha assunto giovani lavoratori e ha aumentato l’offerta culturale della zona organizzando incontri, momenti di gioco con i bambini, attività di book-crossing, piccoli servizi destinati agli abitanti della zona (e fra
questi alcuni particolarmente innovativi come quello di garden-sitting per la cura delle piante di chi parte per le vacanze). Il progetto ha assistito alla nascita di una redazione di giovani che racconta il quartiere, tracciando nell’immaginario comune urbano l’identità di un quartiere, dei suoi abitanti e dei suoi commercianti.
Questo lavoro di identitybuilding è indubbiamente il risultato più impattante sulla reputazione e sull’attrattività del luogo e sul successo delle attività che le botteghe organizzano anche all’aperto prendendo possesso dei luoghi pubblici. Sempre nel solco dell’idea che promuove la cultura come dispositivo di sviluppo dei quartieri, si colloca anche il Cohousing Rosenbach, un progetto pilota per giovani di età non superiore ai 35 anni che coniuga la particolare forma abitativa del co-housing
con un percorso di cittadinanza attiva a vantaggio dell’intera collettività. Il patto che l’ente pubblico stringe con gli abitanti di questo spazio consiste nella messa a disposizione di alloggi a prezzo calmierato con l’impegno richiesto ai partecipanti di seguire un percorso di formazione di progettazione culturale e in seguito di co-progettare insieme all’amministrazione provinciale interventi di utilità sociale nei quartieri della città di Bolzano. I risultati di questa azione sono stati veramente sorprendenti in termini
di offerta culturale e partecipazione della cittadinanza.
In particolare il progetto Vivere: istruzioni per l’uso (di Asia De Lorenzi e Katrin Tartarotti) è un percorso di interviste e scambio intergenerazionale tra due mondi differenti: gli anziani del quartiere e i giovani di una scuola professionale della città di Bolzano. I giovani hanno posto domande, dalle più pratiche a quelle più filosofiche, e gli anziani, aperti e sinceri, hanno condiviso le loro esperienze di vita. I racconti e i messaggi emersi dalle interviste sono stati riportati attraverso testi e fotografie così da raggiungere i cittadini e creare anche in loro nuovi stimoli. Questo materiale compone oggi una mostra che coinvolge in maniera attiva i suoi protagonisti e che viene portata in giro per la Provincia.
Sempre in ottica di servizio alla cittadinanza e con un occhio di riguardo al dialogo giovani e anziani, si colloca il progetto La tua spesa pesa? La portiamo noi! (di Simone Di Renzo, Michele Cavicchioli, Jusuf Bajraktari, Lorenzo Jacobitti, Ayyoub El Hilaa, Emanuele Balzamà), partito invece dal bisogno concreto della popolazione anziana di trasportare la spesa dal supermercato rionale a casa propria. La conformazione del quartiere con le abitazioni in salita rispetto al supermercato, ha reso questo servizio particolarmente apprezzato dagli abitanti della zona. I giovani cohouser non solo forniscono un aiuto concreto, ma entrano in relazione con l’anziano prestando quell’attenzione e cura che spesso manca in età avanzata.
Non solo di utilità si parla, ma anche di cura nelle relazioni che — a ben pensare — è la forma di cultura più necessaria e genuina. La Provincia sta, infine, gestendo un processo di ristrutturazione e rilancio di un edificio di 3000 mq al centro della città di Bolzano guardando con grande interesse alle esperienze europee degli hub creativi e culturali. L’edificio ha ospitato, fino a qualche decennio fa, la sede dei telefoni di Stato ed è oggi alla ricerca di una nuova dimensione.
Le politiche giovanili provinciali hanno interpretato questa come una missione per costruire uno spazio che sia in grado di essere contaminato proprio da chi in futuro andrà a lavorare nel palazzo, che ha assunto oggi un nome evocativo dalla sua precedente funzione. Drin vuole diventare un luogo di riferimento, quindi, in grado di attrarre i professionisti della cultura che hanno un progetto e lo vogliono implementare insieme ad altri professionisti. Uno spazio che lavorerà certamente in modalità co-working, ma che sia allo stesso tempo un luogo per la sperimentazione e la produzione delle arti contemporanee (musica, teatro, arti performative e così via).
Il progetto ha bisogno di tempi tecnici di ristrutturazione per vedere la luce, ma già nel 2019 è prevista l’apertura del piano terra che ospiterà postazioni di lavoro per i professionisti della cultura e piccoli atelier in collaborazione con la facoltà di design della locale università. Questa la situazione ad oggi degli interventi pubblici che tuttavia devono cercare di non soccombere all’autoreferenzialità e, anzi, continuare a sponsorizzare modi per garantire la sostenibilità dei progetti alla ricerca di un equilibrio virtuoso tra l’accesso diffuso alle opportunità e la veloce autonomia dal pubblico.