Picasso e Faith Ringgold. Un cubista e una postmodernista. Assieme, fianco a fianco, nella stessa sala. È una delle grandi novità del nuovo MoMA di New York che dopo quattro mesi di chiusura per ingrandirsi e riorganizzarsi si concede la libertà di creare delle relazioni inaspettate, a tratti spiazzanti, di sicuro inedite nelle classiche sequenze cronologiche. Senza troppi fuochi d’artificio, la ‘San Pietro’ dell’arte contemporanea si confronta con la modernità, scoperchiando a suo modo un quesito di stretta attualità: come saranno i musei del futuro? Se ne sono accorti in molti che l’approccio statico e tradizionale non funziona più e che i linguaggi hanno bisogno di diversificarsi.
Mostre blockbuster, happening notturni, videoclip, sfilate, laboratori di restauro in diretta, le variabili sono tante, come le priorità su cui riflettere. In ballo non c’è solo l’urgenza di aumentare gli incassi, ma di riprogrammare il ruolo stesso di pinacoteche e fondazioni, che a detta di un report internazionale redatto da Fondazione Symbola «non possono continuare a essere isole, e al contrario devono diventare nodi di un sistema di relazioni», soprattutto dopo il grande balzo delle nuove tecnologie. «Viviamo con gli schermi in mano, abituati a ogni tipo di proiezione trasversale dell’immagine», ha detto Glenn Lowry, il direttore del MoMA durante la presentazione del chirurgico progetto di ampliamento di DS+R.