I robot che portano la spesa a casa dei consumatori. I robot camerieri. I robot direttori d’orchestra. Esistono e sono operativi, non a Silicon Valley: a Peccioli, in Toscana, a Rapallo, in Liguria, a Ravello, in Campania. Non sono casi isolati: sono espressione della ricerca de dell’industria italiana dei robot raccontate da Symbola ed Enel in un recentissimo rapporto che ne mostra l’importanza e la dimensione di livello mondiale. Tecnologie che però ottengono meno spazio di quanto ne conquisti un citono usato in campagna elettorale. Perché? L’ecosistema dei media è ovviamente in piena trasformazione: con le grandi opportunità si sviluppano preoccupazioni crescenti. La sfida tecnologica è ormai relativamente chiara: chi controllava la stabile struttura piramidale dei media analogici si trova in difficoltà nel contesto ribollente della rete nella quale la geometria è variabile ma la tendenza di fondo è quella che porta ogni categoria di servizio verso la concentrazione di risorse nelle poche grandi piattaforme. Niente impedisce di correggere il tiro. D’altra parte, la reintermediazione conseguente si è finora espressa in base a dinamiche di velocità, quantità delle informazioni e parcellizzazione del dibattito pubblico, perdendo di vista alcuni valori qualitativi. Ma non è detto che non si possa inventare qualcosa di meglio.