Il Green new deal, che piace a Greta e al popolo dei Fridays for future? E’ il nuovo business dell’Europa, che vale mille miliardi di euro. Per battere i dazi Usa del sovranista Trump e il dumping della Cina di Xi Jinping, non resta che la svolta ecologica, finanziata dai fondi strutturali Ue. L’Italia che arranca tra la crescita zero del Pil e la recessione, sta agguantando con uno slancio d’orgoglio il primato green, grazie alle 215.495 imprese del Nord sulle 432.288 della penisola che hanno accettato la sfida. Il binomio innovazione-export vede in testa la Lombardia con 77.691 imprenditori convertiti agli ecoinvestimenti, seguita dal Veneto con 42.963, con una quota del 33,9% sul totale, la più alta in Italia.

Di questi temi si parlerà a Trento, al primo Festival della Green Economy, dal 28 febbraio al 1° marzo. Ermete Rea lacci, fondatore di Legambiente, ora è presidente della fondazione Symbola, nata per promuovere le qualità italiane, e il 23 marzo sarà a Villa Brandolini di Solighetto con il Consorzio Docg per presentare un rapporto sulla produzione sostenibile del Prosecco alla presenza del governatore Zaia e di Innocente Nardi.

Presidente Realacci, anche lei un estimatore del Prosecco? Come avete fatto a convincere i viticoltori a dire addio al glifosato?
«Quando il Consorzio del Prosecco è entrato in Symbola ha dovuto rispettare le regole d’ingaggio. E per affrontare le criticità legate alla sovrapproduzione e al basso prezzo, si è deciso di modificare l’impatto e la percezione di queste produzioni sull’ambiente. Il marchio Prosecco nel mondo, dopo il riconoscimento Unesco, va rilanciato in un contesto più globale: i vigneti dalle colline di Valdobbiadene e Conegliano si sono allargati a tutto il Norde st e quest’anno verranno de classificati 800 mila ettolitri di glera. C’è qualcosa che non va».

Quindi il consorzio Docg ha accettato come regola d’ingaggio il rispetto dell’ambiente?
«Certo. Alternative non ce n’erano. O così o fuori. Si tratta di capire come i cambiamenti climatici condizioneranno la produzione di vino. In Francia per una vacanza, diversi anni fa, ho scoperto che i vignerons hanno comprato terreni in Galles per mettersi al riparo delle mutazioni climatiche. Poi dal Prosecco va eliminata la confusione nell’uso dei prodotti chimici. Ora finalmente si parla dell’addio al glifosato, una scelta simbolica che aiuta a far salire il valore commerciale del prodotto».

Con quali strumenti?
«Una campagna di marketing sui mercati internazionali può spiegare che lo Champagne è in ritardo nella conversione ecologica rispetto al Prosecco. Abbandonare per primi al mondo il glifosato è un segnale di grande impatto simbolico. Il dossier verrà presentato a villa Brandolini, i patti d’ingaggio iniziali sono stati rispettati. Il vino italiano ha percorso la stessa strada di altri settori merceologici, dalle scarpe agli occhiali, le griffe del lusso ora francesi. Il calo significativo della quantità è stato più che bilanciato dal boom della qualità e dei prezzi. Il vino ha superato lo choc del metanolo di Ciravegna nel 1986 con una svolta storica: in termini di valore siamo passati da un export di 700 milioni di euro a fine anni Ottanta a 6,4 miliardi di export del 2019. Tutti i concorrenti internazionali sono stati battuti: Australia, Cina, Sudafrica, Nuova Zelanda, Cile e California non hanno spazio sul mercato».

Come mai siamo così forti solo nel vino? Verrebbe da dire: esportiamo questo modello su larga scala…
«Proviamoci. L’Italia ha un forte richiamo simbolico nel mondo, certificato l’anno scorso anche dall’Unesco. Quando Obama dice che brinda con Michelle con un vino italiano è chiaro che sceglie la qualità ma anche la bellezza italiana, con Venezia che non ha rivali nel mondo. The Spectactor ha pubblicato una classifica da cui risulta che sotto il profilo dell’influenza culturale, l’Italia è la nazione leader al mondo. La sfida dev’essere quella della qualità e dell’orgoglio di una sfida che coinvolge un’intera comunità. Alzare di 50 centesimi il prezzo del Prosecco con la garanzia di una qualità maggiore ha un effetto boom sui bilanci del consorzio».

Oltre al Prosecco, cosa c’è nella Green economy del Veneto che merita di essere ricordato?
«C’è una storia che mi diverte a raccontarla. Pochi sanno che siamo leader nel mondo nel settore delle giostre, con Rovigo cuore del distretto. Artigiani che non si sono certo formati da Legambiente e Greenpeace ma che battono la concorrenza di Usa e Cina con giostre che consumano molta meno energia di quelle tedesche. Un processo naturale legato all’antropologia italiana».

Insomma, un appello all’orgoglio di patria?
«Certo, il Veneto come tutta l’Italia piace. I piccoli centri fanno gola e c’è stata una nobile gara quando Jennifer Lopez ha detto che vuole vivere da noi. Sono arrivate offerte da Capo Passero a Brunico».

Lunedì a Trento inizia il festival della Green Economy. Lei sarà tra i relatori, per lanciare quali proposte?
«Mi confronterò con Alessandra Smerilli, l’economista suora che ha firmato il manifesto d’Assisi, tanto stimata da papa Francesco. Il rispetto dell’ambiente è la strada per costruire una società più giusta, più a misura d’uomo e più competitiva. Purtroppo la burocrazia è un freno: dopo aver perso 5 anni per le autorizzazioni a smaltire i pannolini nel consorzio Contarina, ora si presenta il caso Zoppas di Vittorio Veneto. Quest’azienda ha costruito una macchina che consente di riciclare il 100% di plastica per le bottiglie di Pet, ma viene venduta solo all’estero e non si può usare in Italia. Il motivo? Noi abbiamo una legge che prevede che al massimo il Pet riciclato dev’essere al 50% per salvare le lobby di chi non corre al passo con le sfide ambientali e tira il freno. L’Italia è piena di queste contraddizioni. Il Veneto ha quasi 43 mila imprese che investono nell’ambiente. Sono leader nell’export, il vero Dna della Green economy».

Al vostro fianco avete anche la Chiesa di papa Francesco e non solo le imprese che innovano. Ma la vera sfida si chiama salvezza di Venezia, o no?
«Certo, il manifesto di Assisi ha raccolto un vastissimo consenso. Del resto, l’acqua alta eccezionale di Venezia dimostra che l’emergenza climatica è un pericolo che minaccia persino la sopravvivenza di una città simbolo al mondo. Bisogna vincere le sfide impossibili. E quindi va riletta la lezione sul futuro militante dell’America di Kennedy: pochi mesi dopo la sua elezione fece un discorso sulla conquista della luna e molti pensarono che avesse esagerato. Lì si è visto l’orgoglio degli Usa: Armstrong sbarca sulla luna il 20 luglio de11969, prima della profezia di Kennedy. Ecco, anche la presidente della Commissione Ue von der Leyen ha fatto appello all’orgoglio dell’Europa per salvare Venezia con una visione superiore a quella della classe politica italiana, che sembra rassegnata alle emergenze ambientali. L’economia e la società sono più avanti della politica, ma il futuro di Venezia è nelle nostre mani: ci vuole uno scatto d’orgoglio».