L’ Italia è nel G7 della robotica e dell’automazione: il nostro Paese è infatti secondo in Europa e sesto a livello mondiale per numero di robot industriali installati, pari ad oltre 69mila nel 2018. A precederci, nella classifica globale, solo i giganti indiscussi dell’hi-tech: Cina, Giappone, Corea del Sud, Usa e Germania. A fare luce su questa nostra eccellenza è 100 Italian Robotics & Automation Stories, quarta edizione del rapporto sull’innovazione italiana promosso da Enel e Fondazione Symbola in collaborazione con Fondazione Ucimu. L’analisi restituisce un quadro di innovazione diffusa, cui contribuiscono grandi e piccole realtà. La filiera della robotica italiana conta infatti ben 104 mila imprese, cresciute de110% in cinque anni, con un totale di 429 mila addetti (+17%). Prima provincia è Milano, con circa 12 mila imprese e 110 mila addetti, poi Roma con 11 mila imprese e 63 mila addetti, Napoli con 5 mila imprese e 13 mila addetti, Torino con 5 mila imprese e 25 mila addetti. Seguono con circa 2mila imprese Brescia, Padova, Bari, Bologna, Firenze, Monza e Brianza, Bergamo e Salerno.
DIETRO IMA E COMAU
Le storie raccontate da 100 Italian Robotics & Automation Stories spaziano dalla grande industria alle scuole, passando per startup e centri di ricerca universitari. Tra le prime va iscritta senz’altro Ima, un’eccellenza nell’eccellenza, al centro della cosiddetta `packaging valley’ emiliana, tra Bologna e Reggio Emilia: con circa 6.000 dipendenti e 45 stabilimenti nel mondo, l’azienda produce macchine automatiche per il confezionamento di prodotti farmaceutici, cosmetici, alimentari, tè e caffè. I170% delle bustine da tè nel mondo, solo per fare un esempio, viene prodotto con macchine Ima. Tra le piccole c’è invece Makr Shakr, azienda torinese che porta le macchine industriali dalla fabbrica alle città, ha invece inventato Toni, bartender robot capace di preparare più di 80 drink in un’ora gestendo 158 bottiglie diverse alla volta. Ma anche Robotech: spin-off di Sant’Anna di Pisa, ha creato i dustcarts, robot che raccolgono da soli l’immondizia. Nel 2010 due esemplari sono stati sperimentati a Peccioli, in provincia di Pisa, tra lo stupore degli abitanti. La robotica e l’automazione italiana, infatti, vivono di storie di collaborazioni tra grandi player e mondo accademico: è il caso del Consorzio Macchine Utensili Comau, nato a fine anni ’70 a Grugliasco e oggi colosso dell’automazione industriale, con 32 sedi in tutto il mondo, 5 centri di innovazione e 9.000 dipendenti. Tra i suoi prodotti di punta c’è Aura, un cobot: un robot capace di collaborare con l’uomo. A fianco di Aura, nel 2018, è arrivato Mate: un esoscheletro indossabile, realizzato in collaborazione con la piccola Iuvo, spin-off dell’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, che è in grado di attenuare la fatica degli operatori sostenendo busto e arti superiori nei loro movimenti, migliorando così la qualità del lavoro. Un altro esempio di collaborazione è Face, il robot umanoide in grado di esprimere attraverso 32 micromotori le espressioni facciali proprio come se fosse un uomo. Uno dei tanti risultati ottenuti nel Centro Piaggio, polo di ricerca dell’Università di Pisa, fondato nel 1965 e attivo in particolare nella bioingegneria e nella robotica.
LA PIZZA 4.0
Anche Napoli ospita una delle eccellenze della robotica internazionale: l’Università Federico II e il suo laboratorio di robotica Prisma Lab, dove il professor Bruno Siciliano (tra i massimi esperti del settore) con il suo team si è ispirato alla pizza, patrimonio Unesco, creando RoDyMan, un robot in grado di replicare i movimenti del pizzaiolo. Un progresso maggiore di quanto sembra: si tratta infatti di uno dei primi automi in grado di manipolare oggetti deformabili, elastici, non solidi co- me può essere appunto l’impasto di acqua e farina della pizza. I campi di applicazione sono vastissimi, soprattutto per la chirurgia. «Questo nostro lavoro è uno spaccato che racconta in cento storie un’eccellenza molto riconosciuta all’estero ma spesso poco nota nel Paese»”, spiega Domenico Sturabotti, direttore della Fondazione Symbola. «Il risultato, sorprendente, è che la robotica in Italia è una cultura diffusa, non solo nei colossi industriali e centri di ricerca riconosciuti. Basti pensare alle nostre scuole superiori: siamo l’unico Paese ad avere un campionato nazionale di robotica per studenti. Ma un settore che va valorizzato: innanzitutto rafforzando il rapporto tra mondo della ricerca e della produzione, ma anche prendendo coscienza a partire dalla politica delle nostre eccellenze».