Realizzato in collaborazione con Silvia Costa, Commissario straordinario per il recupero dell’ex Carcere borbonico dell’isola di Santo Stefano (Ventotene).
Questo contributo fa parte della rubrica #iosonocultura, parte del Decimo rapporto IO SONO CULTURA realizzato da Fondazione Symbola, Unioncamere e Regione Marche in collaborazione con l’Istituto per il Credito Sportivo.
Nel corso dell’ultimo decennio l’importante lavoro portato avanti dalla Commissione cultura ha fortemente contribuito ad una nuova stagione della politica culturale europea, a partire dal riconoscimento del comune patrimonio culturale, nella ricchezza della sua diversità, come risorsa di inclusione, creatività e competitività per l’Europa nel mondo. Dopo le due crisi devastanti degli ultimi 12 anni, mai come oggi, siamo consapevoli che sarà possibile rilanciare il progetto politico europeo solo a partire da un nuovo Umanesimo. Per questo la cultura e la conoscenza costituiscono il quarto pilastro dello sviluppo, accanto a quello ambientale, economico e sociale. Perché l’identità europea è fondata su valori comuni, in dialogo con il mondo. Solo riscoprendo il valore dell’Europa, come comunità nata per dire “mai più alla guerra” e fondata sulla persona umana, la solidarietà, lo stato di diritto e lo sviluppo, il progetto europeo potrà avere un futuro.
Questo lo spirito che anima il mandato affidato all’ex europarlamentare Silvia Costa, divenuta Commissario straordinario per il recupero e la valorizzazione dell’ex Carcere borbonico dell’isola di S. Stefano-Ventotene lo scorso gennaio. Un bene prezioso, innanzitutto per la sua splendida architettura (il modello benthamiano dell’Optikon, realizzato dall’architetto Carpi nel 1794, su impulso di Ferdinando IV di Borbone, in tempi turbolenti del Regno di Napoli, già attraversato da fremiti rivoluzionari) che ne fa un unicum nel panorama europeo delle carceri. Ma, soprattutto, per i quasi duecento anni di vita, di dolore, di espiazione e anche di redenzione (per usare le parole del suo illuminato direttore negli anni ‘50, Eugenio Perucatti) di questo ergastolo. Qui, fin dalla sua nascita, sono stati rinchiusi detenuti comuni e dissidenti politici, da Settembrini e Spaventa durante il Risorgimento, a Pertini, Terracini e Scoccimarro sotto il Fascismo. Una vasta letteratura, anche di valenti storici locali, racconta questa interessante storia che dovrà trovare un posto centrale nel progetto di recupero, insieme alla ricostruzione della cultura e politica carceraria italiana ed europea, anche alla luce delle sfide culturali, giuridiche e umanitarie attuali. Un filo rosso che lega Santo Stefano al confino nell’isola di Ventotene, che qualche anno dopo ospiterà, insieme ad alcuni di loro, anche Altiero Spinelli, Eugenio Colorni, Ernesto Rossi, Ursula Hirschmann ed altri protagonisti del Manifesto di Ventotene Per un’Europa libera e unita. I prigionieri ed i confinati politici delle due isole di S. Stefano e di Ventotene hanno immaginato da lì il futuro dell’Italia e dell’Europa.
La mission del progetto di recupero è mossa dalla volontà che questo luogo, fortemente simbolico e ricco di storia, possa alimentare nelle nuove generazioni “grandi pensieri”, anticipatori del futuro, per immaginare un Rinascimento dell’Europa in una prospettiva euromediterranea e sostenibile dal punto di vista ambientale.
Nella visione condivisa tra i tanti stakeholder coinvolti, il progetto di recupero e rifunzionalizzazione dell’ex carcere borbonico deve essere integrato tra le due isole di S. Stefano e di Ventotene, nella narrazione, nelle attività e nella valorizzazione reciproca. Lo chiedono, in particolare, i ventotenesi doc e i tanti ventotenesi di adozione: una comunità articolata ma fortemente ancorata ad un’alta consapevolezza del proprio ruolo nella storia e nella cultura europea. In un’isola che ha una popolazione stanziale di 250 persone (che diventano 5 mila d’estate), c’è una concentrazione sorprendente di intellettualità, amore e rispetto per lo studio e la cultura, che nell’azione di un illuminato sindaco, Beniamino Verde, prematuramente scomparso, ha avuto un riferimento preciso e riconosciuto. Basti pensare alla Biblioteca Comunale, all’Archivio storico del confino creato da Anthony Santilli, al Museo delle migrazioni e all’Osservatorio ornitologico guidato da Sara Riello (sede di un importante progetto europeo di inanellamento di uccelli – Euring – poiché qui si ferma per riposare quasi l’80% degli uccelli migratori diretti verso il nord Europa, dopo 500 km di volo dall’Africa), alle due riserve (quella naturale statale e l’area marina protetta) dirette da Antonio Romano, alla libreria L’ultima spiaggia di Fabio Masi in piazza Castello, al Museo archeologico realizzato da Giovanni De Rossi (da poco scomparso), al Circolo velico e ai campi scuola che si organizzano da anni. O le associazioni storiche come i Federalisti europei, o l’Associazione Terra Maris che con Salvatore Schiano Colella promuove visite guidate a Santo Stefano, o l’Associazione Santo Stefano in Ventotene fondata da Guido Garavoglia, o la Nuova Europa di Roberto Sommella che ogni anno promuove corsi sull’Europa per studenti di vari Paesi. Una densa rete di studio, progettualità locale ed europea, di orgoglio per la propria storia di convivenza tra isolani e detenuti o confinati, come racconta nei suoi pregevoli libri Filomena Gargiulo, o la Spoon river che nell’emozionante libro di Pier Vittorio Buffa racconta gli ergastolani di Santo Stefano. Fino agli scritti e testimonianze del mite e amabile Antonio Perucatti, il decimo figlio del grande Eugenio, amatissimo direttore del carcere negli anni ‘50, penalista umanista che si opponeva al “ fine pena mai”, ispirandosi all’articolo 27 della Costituzione, anticipatore della riforma carceraria. Un visionario, cattolico coerente e illuminato, che ha pagato il suo coraggio con l’allontanamento nel 1960, raccontato in modo struggente da Antonio nel libro Quel criminale di mio padre.
A questa intensità di memoria conservata e coltivata da studiosi, docenti e studenti e soprattutto attraverso il coinvolgimento delle nuove generazioni italiane, europee ed extracomunitarie in tante e diverse iniziative, deve ispirarsi il progetto di recupero del carcere. Con l’obbiettivo di valorizzare insieme una storia che lega indissolubilmente le due isole, due polmoni di un unico organismo.
Come è noto, la proposta suggestiva della creazione di un Centro di alta formazione e di cultura europea fu lanciata dall’allora Presidente del Consiglio Matteo Renzi con Angela Merkel e Francoise Hollande, insieme al Ministro Dario Franceschini e alla sottosegretaria M. Elena Boschi, proprio in riconoscimento del valore simbolico di Ventotene nell’ideazione del progetto europeo. Poco dopo il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE) attribuì al progetto 70 milioni di euro dei fondi coesione, nell’ambito del Piano nazionale Cultura e Turismo e, nell’agosto 2017, fu firmato un Contratto istituzionale di sviluppo (CIS) da parte delle amministrazioni interessate: Presidenza del Consiglio, MiBACT, Ministero dell’Ambiente, Comune di Ventotene, le due Riserve, l’Agenzia del Demanio e Invitalia, quale soggetto attuatore.
Per diverse vicissitudini, tra cui il cambio di tre Governi e il Commissariamento del Comune, nonché l’oggettiva complessità dell’operazione, il progetto si era di fatto arenato ma ora si è rimesso in moto. Negli ultimi quattro mesi sono state messe in sicurezza le risorse stanziate, ottenuto la sottoscrizione – attesa da tre anni – dell’accordo Operativo tra il MiBACT ed Invitalia, che contiene due strumenti necessari per poter procedere: il Piano Operativo ed il Cronoprogramma degli interventi. Giampiero Marchesi è stato individuato come risorsa migliore per ricoprire l’incarico di Responsabile Unico del Contratto (RUC). Lo scorso 4 giugno si è tenuto digitalmente il Tavolo Istituzionale Permanente, in cui sono intervenuti il Sottososegretario alla Presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro ed i Ministri Dario Franceschini per il Mibact e Giuseppe Provenzano per la Coesione Territoriale, a sostegno del progetto e della sua migliore e più sollecita riuscita. E, naturalmente le Amministrazioni sottoscrittrici del Contratto. Il Sindaco di Ventotene, Gerardo Santomauro, ha nel frattempo annunciato la decisione di candidatura del Comune di Ventotene (che unisce le due isole) come luogo simbolo della creazione dell’Europa, in occasione dell’80° Anniversario del Manifesto di Ventotene (2021), per ottenere l’European Heritage Label, il prestigioso marchio del patrimonio europeo. Inoltre, è stato proposto il gemellaggio tra il Comune di Ventotene, considerata “Culla d’Europa”, con Lampedusa, l’isola “Porta d’Europa”.
Nel frattempo sono partiti i sopralluoghi tecnici e i rilievi sull’isola da parte della Soprintendenza dei Beni culturali, nonché dei tecnici di Invitalia, in vista della progettazione e realizzazione dei lavori di messa in sicurezza e restauro conservativo della ex gendarmeria, all’ingresso del complesso monumentale. In parallelo, si è avviato il lavoro sullo studio di fattibilità del progetto complessivo (che terminerà con un bando o un concorso di idee sulla progettazione) e l’attività di analisi e proposta per la realizzazione dell’approdo o degli approdi. La questione complessa ma dirimente della realizzazione di uno o più approdi, in corrispondenza dei siti naturali esistenti, è stata subito messa al centro di riunioni con tecnici ed esperti. Sono stati quindi creati dei gruppi di lavoro tecnici per l’esame dei vincoli e delle procedure, per l’acquisizione dei pareri di competenza e delle autorizzazioni. Infatti, trattandosi di isole che ospitano una riserva naturale statale e una riserva marina protetta, si dovrà procedere nel rispetto di tali vincoli, ma anche tenendo tutti conto dell’obiettivo comune di recuperare, mettere in sicurezza e restituire alla Comunità un edificio (con accanto l’ex casa del direttore) che nel 1987 venne dichiarato dal Ministero dei Beni Culturali ed Ambientali “Bene di particolare interesse storico artistico”, mentre nel 2008 l’isola tutta è diventata “Monumento nazionale” con un Decreto del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Un’isola che, per il 90% della sua superficie, è proprietà privata: il che comporta ulteriori valutazioni e misure da adottare, nonché di un dialogo da attivare nel piano di fattibilità, a cui il MiBACT sta lavorando con Invitalia.
Doveroso e di grande interesse è ascoltare le proposte e le idee provenienti dalle associazioni territoriali, così come interloquire con le Istituzioni italiane, europee ed euromediterranee per raccogliere significativi contributi da parte di tutti gli stakeholder e concepire un progetto multidisciplinare con una visione unitaria ed ampia.
Il recupero e la rifunzionalizzazione di questo complesso carcerario, oggi molto deteriorato per la mancata manutenzione e per gli agenti atmosferici che, nel corso degli anni, hanno aggravato il suo stato di conservazione, sono certamente un’operazione complessa, ma per questo ancora più sfidante.
In questi ultimi mesi si è ripartiti con slancio e determinazione nonostante le tante difficoltà strutturali e progettuali. È sufficiente ricordarne qualcuno: l’isola è disabitata dal 1965 (anno di chiusura del carcere), al momento è senza approdi, senza elettricità e acqua, se si esclude un piccolo generatore e alcune cisterne per l’acqua piovana. L’isolotto è sottoposto a ben noti vincoli architettonici, archeologici ed ambientali. Sarà quindi necessario adottare varianti urbanistiche ed autorizzazioni ambientali per poter realizzare, in tempi rapidi, le strutture ed i servizi necessari per il trasporto dei materiali, dei mezzi, l’accoglienza delle maestranze e la creazione dei cantieri per i lavori. È quindi essenziale un dialogo diretto e costante con le Amministrazioni, a cominciare dal coinvolgimento dell’intero Consiglio comunale (da cui sarà necessario ottenere l’accordo preliminare per il rilascio della deroga per pubbliche finalità dell’opera) e della Regione Lazio, con cui sono già stati avviati incontri. Preziosa sarà la funzione della Conferenza dei Servizi, coordinata dalla Agenzia per il Demanio.
È opportuno considerare questi vincoli dei valori, che consentiranno di recuperare questo Bene in modo eccellente e sostenibile, attuando processi partecipativi per consentire alla comunità di usufruire del patrimonio storico-artistico-paesaggistico dei luoghi, nello spirito della Convenzione di Faro (speriamo presto ratificata dall’Italia).
Questioni chiave sono la realizzazione delle infrastrutture e degli approvvigionamenti idrici ed elettrici, la governance e il modello di gestione del complesso, i partenariati istituzionali, tecnici ed economici, pubblici e privati, la sostenibilità generale del progetto e dei suoi costi di manutenzione. L’ambizione è di farne un progetto ecosostenibile, innovativo, ispirato all’economia circolare. Anche per questo sono state già stati avviate importanti azioni di dialogo con Enea, Enel, Telecom, Cassa Depositi e Prestiti, Ispra, Cnr, Università, il Consorzio delle Università del Mare, l’Istituto universitario europeo di Firenze, l’Unione per il Mediterraneo, la Fondazione PRIMA, fondazioni ex bancarie ed altri soggetti.
Le aree di intervento dei lavori di messa in sicurezza, che presumibilmente inizieranno in primavera, riguarderanno l’intero complesso carcerario, le cisterne, il cimitero, i sentieri ed appunto, gli approdi. Per il momento è esclusa la casa dell’ex direttore, la cui progettazione verrà avviata all’approvazione dello Studio di fattibilità (gennaio 2021).
Cosa diventerà l’ex Carcere? La visione fin qui elaborata è quella di lavorare su tre assi: l’asse storico-culturale, ambientale-naturalistico ed europeo-euromediterraneo. L’Europa ed il Mediterraneo non solo come asse a sé, ma come dimensione trasversale del progetto, che intende coinvolgere istituti culturali e scientifici, accademie, studiosi, istituzioni europee ed euromediterranee, sui temi chiave dello sviluppo dell’Europa di oggi.
Tante le idee e le ipotesi in campo. Sicuramente la struttura del carcere ed il Panopticon verranno valorizzati al massimo e diventeranno sede di spazi espositivi/esperienziali/immersivi dedicati: alle diverse fasi della storia dell’intero complesso e dell’isola (romana, medievale, borbonica, risorgimentale e del ‘900); al sistema carcerario/confino e reclusione; alle storie di pena e redenzione; all’operato dell’illuminato direttore Eugenio Perucatti (al quale si dovrebbe intitolare la parte espositiva del carcere); alla Ue ed ai suoi principi chiave (diritti umani, libertà politica, di pensiero ed espressione, esclusione della pena di morte e della tortura). Ma potrà anche ospitare eventi e seminari di studio e ricerca, collegati ad altre istituzioni accademiche e formative, sui temi europei e sullo sviluppo sostenibile, in stretta collaborazione con Ventotene. L’auspicio è che diventi un luogo di residenze brevi di studio e produzione artistica, culturale e di ricerca, ma anche adatto ad ospitare esperienze immersive di well-being e spirituali, in sintonia con il genius loci.
Ad oggi i soggetti coinvolti nella realizzazione del progetto sono in una fase di ascolto e di elaborazione, che si avvarrà di interlocuzioni con esperti e discussants, alla luce della effettiva fattibilità e dei vincoli/opportunità, di diversi linguaggi artistici, narrativi e immersivi (grazie alle tecnologie digitali) nel rispetto della identità del luogo, della storia di dolore e fervore che l’ha attraversata e della fonte di ispirazione che dovrà continuare a offrire il Panoptikon, questo teatro rovesciato che ha visto consumarsi tragedie, spegnersi vite, alimentare sogni di libertà e riscatto.