Quando si dice i corsi e ricorsi storici. Le imprese non aveva no fatto a tempo ad assorbire i colpi della Grande Crisi 2008-2015, la peggiore dal 1929, ed eccole piombare nell’emergenza da Covid che molti hanno paragonato alla Spagnola scoppiata esattamente un secolo fa. Grandi e piccole aziende, in ogni settore, avevano dovuto cambiare pelle per uscire dai sette anni più neri dal Dopoguerra. Dovranno cambiarla ancora. Significa, ieri come oggi, nuovi prodotti e nuovi processi. Il tutto legato con un fil rouge: la rivoluzione hi-tech, più specificamente il boom della tecnologia digitale. È andata bene una volta, si deve fare il bis. Senza scomodare Joseph Schumpeter e ]a sua distruzione creatrice, é vero che dalle crisi si può (si deve) uscire migliori.

 

I due virus
In fondo, le due tempeste, pur avendo un’origine diversa (un «virus» finanziario prima, un virus reale la seconda), sono simili. in primo luogo perché entrambe di dimensione planetaria. Praticamente uguali, poi, sono gli effetti. L’Italia, nel famigerato periodo 2008-2015 ha perso quasi 10 punti di Pil, le attuali stime variano da un meno 8,5 a un meno 10,6 (nella speranza di tornare prima possibile alla normalità). Quanto allo specifico del Veneto, all’epoca sono stati bruciati 60 mila posti di lavoro, quanti ne sono andati in fumo in sette mesi, dall’inizio della pandemia. […]

Sul versante della sostenibilità ambientale e dell’economia circolare, l’Italia è messa bene tra i Paesi dell’Unione, come dimostra il Rapporto GreenItaly 2020, curato dalla Fondazione Symbola in collaborazione con Unioncamere.  Il Veneto addirittura benissimo, visto che si colloca appena dietro la Lombardia per ecoinvestimenti delle imprese (43 miliardi negli ultimi 5 anni) e in vetta alla classifica nella raccolta differenziata (74,3%).