Anche il teatro, come altre nobili istituzioni, nasce a Treia dall’impronta laica dei suoi cittadini. Fin dal ‘600, l’Accademia dei Sollevati allestiva spettacoli in una struttura provvisoria in legno, montata nell’ala dell’Abbondanza del palazzo comunale. E quando, nel 1792, la Sacra Congregazione del Buon Governo proibì le rappresentazioni, probabilmente per motivi di sicurezza e decoro, una trentina di maggiorenti si organizzarono per promuovere un teatro in muratura. E del 1794 l’atto costitutivo della “Congregazione teatrale”. in cui ognuno dei contraenti si impegnava a pagare una “soma” di grano annua per otto anni, per finanziare la fabbrica. Due anni prima, la comunità aveva ottenuto, da Pio VI, il titolo di città, e aveva sostituito la denominazione di Montecchio con Treia, il toponimo dell’antico insediamento romano.
La classe illuminata
L’orgoglio cittadino era sostenuto da una classe dirigente illuminata, composta, oltre che da ricchi possidenti, da insigni intellettuali, che fin dal 1430 avevano dato vita all’Accademia Georgica, per «dare opera ed incoraggiamento a studi razionali e pratici, che valgano a migliorare l’agricoltura e l’industria, e a tenere in onore le scienze, le lettere ele arti». Era dunque irrinunciabile che a Treia la vita culturale continuasse a declinarsi in un ambiente, che fosse anche immagine di decoro e bellezza. Ad Apollo e alle Muse fu dedicato il teatro, il cui progetto fu affidato al treiese Carlo Rusca.
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Da una decina d’anni si svolge qui il Festival della Soft Economy, con un seminario estivo, promosso dalla Fondazione Symbola, nata per«per unire e dare forza a imprese,comunità e intelligenze, che puntano su sostenibilità, innovazione, bellezza ». Anche in ciò fedele a una tradizione secolare di impegno per la promozione dell’economia delterritorio, la città ne è infatti punto di riferimento.