Borghi e piccoli Comuni italiani rappresentano un tesoro di cultura e di bellezza da valorizzare. Le risorse ora ci sono, spiega Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola e promotore della legge sui Piccoli Comuni.

Saranno piccoli Comuni, ma costituiscono il vero motore dell’Italia nonché il cuore e un centro attrattivo capace di affascinare un po’ tutto il mondo. Oltre che scrigno di cultura e di bellezza, «i nostri 5.567 Piccoli Comuni amministrano più della metà del territorio nazionale e in essi vivono oltre 10 milioni di italiani.

Non sono un’eredità del passato, ma una straordinaria occasione per difendere la nostra identità, le nostre qualità e proiettarle nel futuro», afferma Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola, oltre che presidente onorario di Legambiente. Ma prima di tutto è stato il promotore della prima legge a loro dedicata, la legge 6 ottobre 2017 n.158 “Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni, nonché disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici dei medesimi Comuni”.

È stata una legge il cui varo è stato lungo e sofferto, ma che alla fine ha sortito un risultato importante per tutelare e valorizzare gli oltre 5mila Comuni che rappresentano circa il 70% dei 7.978 comuni italiani, oltre il 50% del territorio nazionale, dove vivono più di 10 milioni di cittadini, il 16,51% della popolazione italiana e dove vengono prodotti il 92% delle DOP e degli IGP accanto al 79% dei vini più pregiati. Il ritorno economico che possono vantare è enorme, specie se sommato a turismo, enogastronomia, artigianato e anche industria. Sì, perché nei borghi e nelle piccole realtà territoriali hanno sede importanti realtà industriali e commerciali che hanno scelto di restare perché consci del valore che ha il territorio.

Bisogna partire o ripartire, dalla crisi pandemica e dalla crisi climatica. «Bisogna guardare all’Italia con occhi meno distratti e scontati», sottolinea Realacci con cui abbiamo avuto modo di ragionare oggi sul valore della legge 158 / 2017 ma soprattutto di considerare le opportunità che potrebbero aprirsi grazie al Piano Nazionale Ripresa e Resilienza.

Si pensi solo allo stanziamento per il sostegno alle comunità energetiche e alle strutture collettive di Autoproduzione, che individua PA, famiglie e microimprese in Comuni con meno di 5.000 abitanti, sostenendo così l’economia dei piccoli Comuni. E poi c’è una voce nel PNRR dedicata all’attrattività dei borghi, che alloca più di un miliardo di euro.

Prima di arrivare agli effetti del Piano, è bene partire da quella famosa legge sui Piccoli Comuni. Perché ha avuto il merito di mettere in luce la necessità della diffusione della banda larga, di interventi di manutenzione del territorio, di interventi in favore dei cittadini residenti e delle attività produttive.