Questo contributo fa parte dell’Undicesimo rapporto IO SONO CULTURA realizzato da Fondazione Symbola, Unioncamere e Regione Marche in collaborazione con l’Istituto per il Credito Sportivo.

Realizzato in collaborazione con Valeria Morea e Michele Trimarchi, Tools for Culture.

 

Dopo più di un anno di contagi, chiusure e aperture il quadro della vita urbana e del muoversi – per lavoro, vacanza, esplorazione – è tutt’altro che chiaro, inevitabilmente. Entusiasmi e reprimende hanno accompagnato il lungo periodo della clausura e i pochi ma intensi intervalli che le regole hanno di volta in volta consentito, in un’atmosfera complessa e spesso conflittuale, che riflette l’ebollizione sociale e politica oltre alle inevitabili incertezze tecniche e scientifiche con cui stiamo tuttora affrontando uno scenario inedito e inatteso.

Se interpretare è molto difficile, misurare ha una sua oggettività. I numeri parlano chiaramente di un crollo del turismo nelle sue diverse forme: dai viaggi intercontinentali a quelli nei confini nazionali, i flussi internazionali e interni sono quasi scomparsi, sommandosi al blocco delle attività produttive e professionali, spente per periodi molto lunghi o sostituite dal lavoro a distanza (insieme a fiumi di riunioni, convegni, visite). L’impatto è stato quello di un moltiplicatore negativo sulla cascata di attività legate al tempo libero.

Nel 2020 il calo del turismo nel nostro Paese è stato verticale[1]: quasi il 50% rispetto all’anno precedente; si parla di 53 milioni di visitatori in meno, per una diminuzione dei pernottamenti pari a oltre 170 milioni.

Ne sono stati penalizzati soprattutto gli arrivi internazionali; gli esperti parlano di un possibile recupero dei livelli registrati nel 2019 soltanto nel 2023. Ne risente in misura massiccia la spesa turistica, con un calo di circa 25 miliardi di euro. Ne hanno sofferto ancora di più Francia e Spagna. Tra riaperture temporanee e Bonus Vacanze gli italiani si sono comunque mossi, per quanto quattro su dieci sono rimasti a casa.

Se negli ultimi mesi il turismo in Italia manifesta un timido segnale di ripresa, durante la scorsa estate le attività culturali e le visite alle bellezze naturali, seppure in diminuzione sul 2019 (-28,8% e -19,7% rispettivamente), hanno continuato a esercitare una forte attrazione.

Durante i mesi estivi, l’incidenza dei viaggi in cui si pratica almeno un’attività culturale scende di poco (da 63,1% nel 2019 a 56% nel 2020), mentre la quota di viaggi con almeno una visita al patrimonio naturale rimane stabile rispetto all’estate del 2019 (52%)[2]. Tra le attività praticate durante un viaggio, le visite estive a città e borghi si confermano le preferite (85,7% nel 2020, 78,7% nel 2019), seguite dalle visite a monumenti e siti storici o archeologici (44%, quota stabile rispetto al 2019) e da quelle a mercati tipici locali (incidenza del 28,6% nel 2020, 33,8% nel 2019)[3].

Se è del tutto comprensibile che non manca chi invochi un ritorno integrale alla situazione quo ante, è prevedibile che i nostri rapporti con lo spazio e con il tempo saranno ridisegnati, magari non in modo eclatante ma certo con un chiaro impatto sul nostro stile di viaggio.

Intanto le connessioni digitali dimostrano che molte dinamiche professionali e aziendali si possono affrontare utilmente a distanza; il che, con ogni probabilità, ridurrà l’intensità dei viaggi e dei soggiorni di lavoro. Inoltre, la necessità di nuove cautele (magari non condivisa unanimemente, ma certo presente e diffusa) spingerà molti viaggiatori a preferire destinazioni prossime nelle quali si può tornare agevolmente, aree interne meno segnate dalla congestione, tempi lenti del tutto lontani dalla logica del turismo di massa.

 

Manifestazione dei lavoratori della cultura a Venezia (febbraio 2021) , credits Valeria Morea

D’altra parte, poter lavorare a distanza sta accendendo un’opzione che finora era stata occasionale e minoritaria: andare in vacanza portandosi il lavoro. Il Centro Studi di Italianway segnala che, nella lunga e controversa primavera del 2021, in seguito alle prime anticipazioni circa le nuove misure nazionali previste per il periodo estivo, in pochi giorni ha registrato una crescita delle prenotazioni giornaliere per l’estate pari al 33%[4], anche grazie all’attenzione che le istituzioni stanno dedicando alla programmazione delle riaperture, all’istituzione del greenpass europeo e per la messa in sicurezza antivirus dei mezzi di trasporto collettivo. Italianaway è una start up del settore turismo-hospitality nata a Milano nel 2016, oggi tra i protagonisti nel nostro Paese nel campo dell’accoglienza diffusa, che ha scommesso sul dare nuova vita al patrimonio delle seconde case inutilizzate degli italiani, per affitti brevi ma anche long stay. Il suo modello di business prevede che gli appartamenti siano immobili di terzi gestiti in cambio di una commissione del 25% sugli affitti. La piattaforma, dove ogni casa deve essere arredata in base al design made in Italy, offre anche alcuni servizi tipici dell’hotellerie: dalle pulizie all’assistenza continua, all’affiancamento di un personal concierge che offre consigli sulle destinazioni, la prenotazione di biglietti per musei e spettacoli e tanti altri servizi personalizzati. Grazie agli oltre tre milioni di euro di investimento sul software proprietario che le ha consentito di automatizzare e gestire tutti i processi dell’affitto vacanze e alla squadra composta da 100 persone (soprattutto under 30 laureati e plurilingue) e di circa 350 persone nell’indotto, ha attivato in soli 4 anni oltre 40 destinazioni in tutta Italia, contrattualizzando più di mille appartamenti[5]. Dai dati raccolti dal loro Centro Studi, l’estate 2021 vede prevalere destinazioni fuori dalle rotte tradizionalmente battute dal turismo interno e internazionale: Puglia, Liguria e le isole confermano la tendenza di molti a trascorrere le vacanze in luoghi rilassanti; tra le città nella lista dei preferiti appaiono Termoli (Molise), Muravera (Sardegna), Monopoli, Castellana Grotte e Lecce (Puglia), Sirolo (Marche), Marone sul Lago d’Iseo, Bormio e Valdisotto (Lombardia), Andora e Sanremo (Liguria), soprattutto Avola e Lampedusa (Sicilia). Le sistemazioni più richieste sono quindi isolate e raggiungibili in auto o traghetto, case fuori dai centri storici ma con tutti i servizi facilmente raggiungibili. Nuove formule, dunque, occupano l’orizzonte di quello che un tempo si definiva, forse sommariamente, turismo: dallo Holiday Working citato sopra, al South Working, insieme al più seducente Sea Working, che interessa soprattutto le mete meno affollate, nuovi approcci al lavoro da remoto trattengono nelle città meridionali professionisti che preferiscono restare nei luoghi d’origine o in luoghi più attrattivi sia dal punto di vista climatico che di vicinanza con spazi immersi nella natura e isolati, permettendo loro di continuare a lavorare per società localizzate altrove.

Di tale tendenza è stata alfiera, tra gli altri, Emma Taveri, fondatrice della società di consulenza strategica in ambito turistico Destination Makers[6], che il Comune di Brindisi ha chiamato da poco all’Assessorato al Turismo, Marketing Territoriale e Creatività, con un’etichetta che rivela la consapevolezza di un viaggiare intenso, capace di combinare esperienza relazionale e interpretazioni critiche, come la società dei prossimi anni, sempre più sofisticata e complessa, chiede a gran voce. E proprio in Puglia è nata, in piena pandemia, EverywhereTEW (Travel Experience Work), una piattaforma di sharing accomodation che fa incontrare digitalmente host (strutture ricettive, territori, borghi), experience designer, aziende locali attive nell’agroalimentare e una community di viaggiatori interessati a vivere il viaggio e il lavoro in maniera integrata, prediligendo ritmi più lenti e borghi sconosciuti ai circuiti mediatici. L’obiettivo della startup, ideata da due ingegnere, Manuela d’Ecclesis e Mariarita Costanza, con sede a Gravina (BA) in Puglia, è incrementare un nuovo tipo di vacanza che destagionalizzi i flussi turistici e aumenti la permanenza media. Uno dei primi laboratori su cui si è focalizzata l’offerta è il parco dell’Alta Murgia, tra le zone meno antropizzate della regione, i cui 13 comuni stanno per diventare i poli di una rete di servizi, botteghe artigiane, trattorie, masserie, b&b, case e ville private, bellezze naturali, piccoli borghi tutti connessi fra loro grazie a Infratel, che li sta cablando.

A ben guardare, il cambiamento delle mappe professionali libera molti dalla griglia costrittiva di tempi e spazi rigidi e convenzionali e, nonostante l’intensità faticosa delle connessioni online, allenta i vincoli delle nostre giornate e soprattutto ci permette di scegliere il posto di lavoro. Non è poco.

Ancora in Italia, il progetto BorgoOffice realizzato da FPC- Progetti Editoriali Digitali, azienda milanese specializzata in editoria digitale, è un’iniziativa che propone ai “nomadi digitali” pacchetti di smart working & farm supporting in aziende agricole presso piccole realtà italiane. Il soggiorno è gratuito, ma in cambio si sostiene economicamente la struttura ospitante acquistando cibo a Km0 e degustando prodotti locali. A Firenze, Be Long, piattaforma ideata dal Comune e da Destination Florence, propone offerte di appartamenti in affitto per medio o lungo termine per studenti, startupper e smart worker. Tra gli strumenti proposti per offrire servizi di ospitalità c’è, ad esempio, la Firenze Welcome card, grazie a cui è possibile ottenere prezzi ridotti per l’ingresso ai musei cittadini e l’utilizzo di mezzi di trasporto, ma anche sconti per gli spazi di co-working e per l’uso della mobilità sharing. Sempre in Toscana, la start-up pisana HQ village punta a riqualificare e valorizzare i borghi italiani facendoli diventare sedi aziendali diffuse attraverso una rete di privati e un’ampia offerta di servizi. In questo modo, borghi e territori diventano lo spazio dove dedicarsi al lavoro contribuendo alla valorizzazione delle seconde case o i fabbricati rurali non utilizzati e tutelando il patrimonio territoriale.

Rispetto ai dati OECD 2018, un fenomeno emergente cui appartengono queste pratiche innovative, e che risulta particolarmente compatibile con l’attuale situazione è l’ecoturismo rurale, la cui diffusione può avere effetti positivi sullo sviluppo, a partire dalle infrastrutture, di aree tradizionalmente svantaggiate. Fuori dall’Italia, il fenomeno è analogo. In Svezia, le smanie per la staycation hanno gonfiato i prezzi del mercato delle summer cabin[7], la tradizionale casa estiva scandinava, realizzata in legno e generalmente caratterizzata da un approccio spartano in sintonia con la natura circostante.

 

Summer Cabin in un faggeto in Scania, Svezia (maggio 2021), credits Giulio D’Acunto

Mentre in Italia il turismo incide sul PIL per il 13%, con 4,2 milioni di impiegati nel settore[8], e su scala europea il dato è pari al 9,5% con l’11,5% di impiegati[9], in altri angoli del mondo tale incidenza è molto maggiore. In paradisi come Dominica, il turismo costituisce quasi il 37% del PIL. Alcuni minuscoli Stati del Pacifico – Palau, Micronesia, Marshall Islands, Nauru, Kiribati, Solomon Islands, Tuvalu, Samoa, Vanuatu, Tonga – non hanno riportato casi per molti mesi da quando l’OMS ha dichiarato l’emergenza pandemica[10] e in molti di questi i casi ad oggi rasentano lo zero[11]. Ciò nonostante, anche qui il Coronavirus ha colpito duramente e lo ha fatto attraverso il turismo, principale attività economica della comunità pacifica, che si è praticamente arrestato.

In America Latina e nei Caraibi, il turismo è non solo una parte molto consistente delle economie locali ma rappresenta anche la principale fonte di occupazione femminile. Per fronteggiare la crisi, molti stati sono ricorsi ad aiuti come sussidi, esenzioni fiscali, ma anche all’utilizzo della blockchain come metodo di pagamento di beni e servizi al dettaglio, per mitigare temporaneamente gli effetti della pandemia. Molti Stati, inoltre, hanno lanciato campagne marketing per riattivare il turismo nel breve termine, diversificando la comunicazione per target specifici ritenuti più adattabili al distanziamento sociale. Un altro modo per permettere che il turismo cambi passo e contribuisca positivamente a uno sviluppo più consapevole e sostenibile (nell’ottica dei pillars dell’ONU), è la formazione di cluster, come accade già in Colombia, dove le imprese private del settore turistico si mettono in rete su ambiti specifici dell’industria quali natura, salute, affari e cultura[12], in modo da catturare gli orientamenti di viaggiatori meno generalisti dei turisti di massa, e rientranti per molti versi nella logica della long tail[13].

Alcune regioni del mondo stanno elaborando il modello delle isole covid-free che garantisce in qualche misura dal rischio di contagio. Forti barriere all’ingresso tutte basate sulla non-positività permetterebbero ai viaggiatori di vivere una vacanza tenendo il virus sull’uscio. Ecco i primi esperimenti: un’agenzia di viaggi olandese ha selezionato un paio di centinaia tra i venticinque mila candidati per un viaggio interamente covid-free sull’isola di Rodi[14]. La Grecia in particolare, il cui settore turistico pesa sul PIL per il 20% e il 25% della forza lavoro, si sta preparando seriamente alla stagione turistica estiva. Anche se solo il 10% della popolazione ha ricevuto il vaccino (al tempo in cui scriviamo), molte delle piccole isole sono già libere dal Covid-19 e stanno organizzando protocolli per favorire il turismo a un target di avventori testati o vaccinati[15]. Intanto, chi non conosce qualcuno che è “fuggito” recentemente alle Canarie[16]?

Oltreoceano, la Thailandia, dove il 22% dell’economia è turismo, ha fatto concorrenza sulla “qualità” delle quarantene, proponendosi come destinazione ricca di luoghi immersi nella natura, per allettare i viaggiatori stranieri a sceglierla come meta delle loro vacanze nonostante il necessario isolamento all’arrivo. Da luglio, invece, sembra che alcune destinazioni specifiche, come la famosa Phuket, diventeranno enclave per stranieri vaccinati[17]. In generale, la morfologia delle isole aiuta l’attuazione di strategie che tentano di rilanciare un settore molto colpito in generale, senza un chiaro riferimento alle industrie culturali e creative. Queste ultime, tuttavia, sono protagoniste dei primi esperimenti di assembramenti al chiuso e all’aperto, come quello riuscito, svoltosi a Barcellona a fine aprile 2021, in cui 5 mila fan del gruppo Love of Lesbian hanno potuto assistere a un live previo tampone negativo e utilizzo di mascherina ffp2.  Insomma, se il Grand Tour era appannaggio delle classi alte, educate perché abbienti, il turismo ai tempi del Covid-19 rischia di legarsi, inevitabilmente, a doppio filo a meccanismi di economia e politica internazionale.

Cosa si può imparare dal Covid-19? A Venezia, tra le città d’arte italiane più note al mondo e meta prediletta del turismo di massa, i risultati sono piuttosto altalenanti. Da una parte, vi è una maggior consapevolezza della massificazione turistica, riscontrabile dal nuovo corso triennale dell’Università Ca’ Foscari Hospitality Innovation and e-Tourism (col supporto di CdP e il gruppo TH Resorts), la cui proposta è però al momento carente di un’offerta formativa sensibile a tematiche culturali ed economiche del Paese lette anche in chiave di sostenibilità ambientale e coesione sociale. Senza simili premesse, indispensabili per sviluppare offerte turistiche innovative e soprattutto sostenibili per i territori, il rischio potrebbe essere quello di tenere a galla un settore che questa pandemia ha devastato e che avrebbe bisogno di un cambiamento radicale.  Non fanno ben sperare nemmeno i decaloghi lanciati dai sindaci di Venezia e Firenze, in cui si prospetta una ripresa territoriale che di fatto insegue logiche tutto sommato antiche, che puntano allo sfruttamento del patrimonio culturale esistente tralasciando aspetti legati alle nuove produzioni, all’autenticità locale e alla sostenibilità[18], in contrasto a recenti studi che indicano che l’estremo affidamento dell’economia locale sul turismo è di fatto un errore[19].

 

Venezia, Santa Croce (giugno 2021), credits Valeria Morea

Dall’altra, ci sono casi interessanti come quello del progetto Rir Smart Destinations in the Land of Venice del consorzio SMART LAND, nato l’estate scorsa per favorire il decentramento dei flussi turistici verso Venezia, attraverso una sinergia territoriale tra imprese ed enti di settori diversi (dall’agroalimentare al comparto manifatturiero e turistico). L’operazione, sostenuta dalla Regione, è in uno stato embrionale: particolarmente interessante risulta l’uso del RIR, indicatore di Rischio d’Incidente Rilevante, causato da uno sviluppo incontrollato di attività industriale, in grado di determinare inquinamento acustico, luminoso o elettromagnetico. Molto alto a Venezia a causa della concentrazione di numerose attività, il RIR può divenire un fattore di leva di un progetto che, prevedendo il coinvolgimento di numerosi attori diffusi in tutto il territorio (specialmente nelle località venete meno conosciute, attrattive poiché possiedono un RIR più basso), punta a costruire un’offerta turistica integrata, innovativa e sostenibile.

Anche all’estero si incontrano realtà che stanno facendo i conti con un modo alternativo di continuare a fare turismo, con politiche e iniziative private e di attivismo che guardano a una convivenza reciprocamente fruttuosa ma sostenibile tra turisti e città, con un occhio di riguardo al patrimonio intangibile, all’importanza degli elementi locali e all’ambiente.

Le strategie per alleggerire alcune città non partono con la pandemia. Barcellona, per esempio, da anni lotta per cambiare atteggiamento nei confronti dei turisti e favorire un avvicinamento dei suoi visitatori verso modalità di estrazione del valore sostenibili e riproducibili da entrambe le parti. Un esempio è l’adozione del concetto di temporary citizen che si differenza da quello classico di turista[20], per superare la distanza tra locals e tourists. Secondo logiche fino ad oggi prevalenti, gli ultimi vengono spesso percepiti come stranieri dai residenti locali, ossia visitatori che vivono lo spazio pubblico della città in maniera eccessivamente divergente da quella vissuta dai suoi cittadini, senza la condivisione di una base comune di convenzioni sociali e relazionali. Per esempio, la piattaforma Barcelona Creativa offre esperienze per i cittadini temporanei, che possono prender parte ad attività tipiche della cultura locale, nella prospettiva che i turisti aggiungano valore a tali pratiche condivise[21]. Sulla stessa scia Matera, in qualità di Capitale della Cultura Europea 2019, ha cercato di sviluppare un’offerta culturale inclusiva, accogliendo i visitatori provenienti dal resto d’Italia, d’Europa e del mondo in maniera compartecipativa, per innescare economie sostenibili per il territorio. Ciò si evidenzia, per esempio, con il Decalogo e il Passaporto del Cittadino temporaneo e/o residente. Il primo attesta diritti e doveri del viaggiatore, chiamato a comportarsi come un cittadino temporaneo responsabile, impegnato nella cura e nella valorizzazione del patrimonio storico-ambientale regionale. Il secondo, in formato sia cartaceo sia digitale, è un documento che è stato consegnato ai visitatori di Matera Capitale Europea della Cultura dopo aver compiuto una serie di attività: dal pernottamento in una struttura ricettiva materana, al passaggio in appositi punti attrattivi per poter apporre i timbri corrispondenti sul proprio Passaporto (sulla falsa riga del Passaporto del Pellegrino del Camino di Santiago), allo scatto di fotografie con i residenti materani dopo aver usufruito di servizi di accoglienza, ristorazione, messa a valore di siti storico-artistici, condividendo tali momenti d’inclusione sui social con l’hashtag #oggisonomaterano.

A tal proposito, c’è chi fa leva sull’importanza di una domanda di turismo più cosciente e aperta. Molti attivisti, sia della società civile sia dell’accademia, portano avanti progetti di diffusione di una consapevolezza che è al centro della ripresa post Covid-19.

Un esempio: CultSense, un progetto finanziato da fondi europei Erasmus+, gestito dall’Erasmus University di Rotterdam assieme a numerose università europee e due network di operatori turistici. Il progetto si impegna a educare le giovani generazioni a modalità di viaggio sostenibili per alleviare le tensioni tra locali e visitatori, con un focus particolare sull’incontro inter-culturale[22].

Questo è, tra i vari, un tema di forte rilievo oggi, in un momento in cui le città sono state filtrate a maglia stretta dal turismo. Infatti, il terramototourism ha aperto uno spiraglio verso un modello più equo e sostenibile di città d’arte. A Lisbona, in favor di pandemia, è partito un ambizioso programma per convertire più di ventimila appartamenti turistici in abitazioni a prezzi accessibili. I proprietari delle case affittano per 1000 euro al mese il proprio appartamento per un periodo di cinque anni. Il Comune si incarica di trovare gli inquilini cui affitta le abitazioni a un prezzo calmierato. Sul breve termine il profitto del proprietario è ridotto ma la scommessa del sindaco Fernando Medina è che i prezzi nel medio e lungo termine si regoleranno favorendo numerosi vantaggi alla città in termini di qualità della vita e sicurezza dell’introito dei proprietari degli immobili[23].

Ancora in Europa, Amsterdam è tra le città con più problemi legati alla monocoltura turistica e la pandemia è un momento di crisi, cioè di giudizio, nel determinare quale ripresa intraprendere. Qui, sono anni che numerose iniziative dall’alto e dal basso tentano di contenere gli effetti negativi del turismo di massa. Si parla di introdurre regole più stringenti per schivare tale deriva, per esempio con limitazioni al consumo di cannabis ma anche attraverso la promozione di percorsi meno tradizionali. Tra gli attivisti che promuovono un tipo di turismo più responsabile, c’è Untourism Movement[24] con l’iniziativa Marry an Amsterdammer[25]. La loro offerta consiste in un tour delle zone meno turistiche della città, che comincia con un finto matrimonio, che simbolicamente rende il turista un “local”, aprendogli le porte di una Amsterdam più autentica e inconsueta, lontana dalla calca dell’offerta mainstream. Un altro gruppo, Reinvent Tourism[26] da due anni organizza un festival per ripensare il turismo sia per l’offerta sia per la domanda, con tanto di quiz dedicati a scoprire che tipo di turista sei.

La cesura pandemica ha molto da insegnare e, paradossalmente, capiremo molte più cose dopo la ripresa che non in mezzo al limbo che, quanto meno, nel 2021 sembra diluirsi progressivamente. Scopriremo che i nostri ritmi quotidiani, il muoverci tra luoghi, città e comunità, così come la scansione degli spazi e le dinamiche sociali, non erano poi così definitivi come ci eravamo illusi di credere. Forse riusciremo finalmente a costruire una società più responsabile, collaborativa e sostenibile.

[1] UN, World Economic Situation and Prospects, 2020.

[2] Istat, Viaggi e Vacanze in Italia e all’estero. Rapporto 2020. https://www.istat.it/it/files//2021/04/Report_viaggiVacanze_2020.pdf

[3] Gli orientamenti dei viaggiatori per l’estate 2021 sono stati analizzati in un’indagine realizzata da Demoskopica con l’Università del Sannio – Dipartimento di Diritto, Economia, Management e Metodi Quantitativi, 2021.

[4] Carlotta De Leo, Turismo, dopo l’annuncio delle riaperture è boom di prenotazioni per l’estate: “+33% in pochi giorni”, Il Corriere della Sera, 19.05.2021.

[5] https://www.startupbusiness.it/italianway-tocca-15-mln-e-di-turn-over-e-cresce-in-tutta-italia/103239/

[6] La filosofia di fondo di Destination Makers è fondata sulla costruzione di esperienze di viaggio sull’analisi dei territori e delle loro comunità, con prevalenza dell’ascolto critico sull’omologazione forzata del turismo.

[7] https://www.bbc.com/worklife/article/20200813-the-swedish-staycation-obsession

[8] https://www.ilsole24ore.com/art/il-turismo-resta-petrolio-d-italia-oltre-40-miliardi-2019-ora-diversificare-ACTKjOCB?refresh_ce=1

[9] https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/indagine-turismo-internazionale/2020-indagine-turismo-internazionale/statistiche_ITI_05062020.pdf

[10] https://www.bbc.com/news/world-asia-53831063

[11] https://www.spc.int/updates/blog/2021/04/covid-19-pacific-community-updates

[12] https://www.cepal.org/sites/default/files/publication/files/46502/S2000751_en.pdf

[13] Chrs Anderson, “The Long Tail”, Wired, 10 gennaio 2004.

[14] https://www.bbc.com/news/world-europe-56528112

[15] https://edition.cnn.com/travel/article/greece-opens-vaccinated-tourists/index.html

[16] https://www.ilsole24ore.com/art/le-canarie-pronte-diventare-destinazione-covid-free-ADQ9fTKB

[17] https://www.lastampa.it/viaggi/mondo/2021/03/27/news/covid-la-thailandia-riapre-l-isola-di-phuket-da-luglio-nessuna-quarantena-per-i-turisti-stranieri-vaccinati-1.40079205

[18] https://live.comune.venezia.it/it/2021/03

[19] https://gestiondesarts.hec.ca/wp-content/uploads/2021/04/IJAM_v23_n2_6_44313.pdf

[20] https://www.madelis.com/wp-content/uploads/2019/01/Creating-Synergies-Between-Cultural-Policy-and-Tourism-for-Permanent-and-Temporary-Citizens.pdf

[21] https://www.barcelonacreativa.info

[22] https://www.cultsense.com/project/

[23] https://www.theguardian.com/world/2020/dec/01/covid-created-an-opportunity-lisbon-turns-20000-tourist-flats-into-homes

[24] https://www.untouristguide.com/

[25] https://www.lonelyplanet.com/articles/marry-an-amsterdammer-for-a-day

[26] https://www.reinventtourism.com/