Questo contributo fa parte dell’Undicesimo rapporto IO SONO CULTURA realizzato da Fondazione Symbola, Unioncamere e Regione Marche in collaborazione con l’Istituto per il Credito Sportivo.

Realizzato in collaborazione con Stefania Ercolani – Consigliere SIAE per i rapporti internazionali.

 

Musica, arte, design, ma anche highlights sportivi e oggetti collezionabili digitali sono al centro dell’innovazione che potrebbe trainare le criptovalute come Bitcoin verso un uso di massa, quando l’attuale bolla dei prezzi record si sgonfierà. Si tratta dei Non Fungible Token o NFT, certificati digitali basati sulla tecnologica Blockchain, che musicisti e artisti “estraggono” per conferire alle loro opere quell’aura di unicità che la digitalizzazione mette irrimediabilmente a rischio. La tecnologia Blockchain mette autori ed artisti direttamente in rapporto con il loro pubblico e, al tempo stesso, promette di divenire presto meno energivora e quindi meno pericolosa per il pianeta. Nel frattempo, le personalità più sensibili ai temi ambientali, per bilanciare i consumi delle reti di computer necessarie alla blockchain, si impegnano a devolvere parte del ricavato dalle vendite per finanziare azioni a vantaggio del pianeta, come la piantumazione di alberi.

Poche tecnologie sono divenute famose, come è accaduto a Blockchain, prima ancora di avere significative utilizzazioni di massa. Questa fama non è per altro accompagnata da una vera conoscenza del sistema, tecnologicamente molto complesso, anche se concettualmente semplice.

Fondamentalmente Blockchain è un registro aperto e decentralizzato, nel quale sono salvate in codice le transazioni tra due o più parti (i blocchi che formano la catena). Ogni blocco è verificabile e permanente, non soggetto a modifiche successive. Una catena di blocchi è contraddistinta da immutabilità, caratteristica grazie a cui la modifica retroattiva di un blocco produrrebbe cambiamenti in tutti i blocchi successivi e richiederebbe il consenso di tutti i partecipanti. L’affidabilità del sistema e la fiducia tra le parti si basano sull’algoritmo di consenso, che rende tracciabile per sempre ogni modifica. Il fascino e la fama di blockchain nascono dal suo legame con le criptovalute, come Bitcoin o Ethereum le quali, pur avendo addirittura tassi di cambio con le valute “ufficiali”, rimangono confinate ad usi particolari dell’ambiente digitale e non sono normalmente accettate come metodo di pagamento alternativo per le transazioni online[1].

L’ultima febbre mediatica in tema di blockchain è l’associazione tra arte e Non Fungible Token. Un NFT è diverso da una criptovaluta in quanto si riferisce a un bene (di solito digitale) specifico, mentre un’unità di una certa criptovaluta, come ad esempio Bitcoin è uguale a tutte le altre unità di Bitcoin.

Un NFT consiste in una serie di dati, o un codice univoco non duplicabile, mediante il quale l’acquirente possiede uno specifico asset digitale (determinato e quindi “non fungibile”), emesso e circolante tramite una piattaforma blockchain, e acquistabile mediante una valuta virtuale.

L’applicabilità a contenuti artistici dipende dal fatto che il token può contenere immagini (JPEG, BMP, TIFF ecc.) o file audio (WAV, MP3, MIDI, PTX, PTF, o M4A), ma può anche limitarsi a dei dati relativi al bene; spesso, infatti, il Token include solo un link a una risorsa off-chain dalla quale è accessibile l’opera digitale.

I token non fungibili vengono offerti ad un pubblico composto di amanti dell’arte o di fan di gruppi musicali e di investitori, che li acquistano usando in genere una criptovaluta (principalmente Bitcoin e Ether). Nel blocco sono contenute in modo permanente anche le condizioni per lo scambio del token e/o del contenuto digitale a cui esso è indissolubilmente connesso. Comunemente ci si riferisce a questa parte con il termine smart contract, che non deve però far pensare ad un accordo tra le parti, bensì a istruzioni fissate e imposte dallo strumento tecnologico, la cui applicazione automatica non è scevra da incertezze sotto il profilo giuridico. Attraverso l’acquisto, si possiede di fatto il Token e, solo quando previsto dallo smart contract, un contenuto digitale tokenizzato; di solito, non si acquista la proprietà intellettuale sul contenuto stesso. Anzi, grazie agli smart contract è possibile che per ogni transazione relativa all’NFT l’autore abbia il diritto di  ricevere un compenso.

I token sono stati inizialmente usati nelle arti visive in due diversi modi. Il primo – più vicino agli scambi tradizionali – consiste nell’abbinamento tra un’opera d’arte, che può essere sia fisica che digitale, e una serie di dati, ovvero il token, che la rappresenta e ne garantisce l’autenticità e la proprietà. Il caso più famoso è quello dell’opera digitale Everydays—The First 5000 Days di Beeple (l’artista digitale e animatore statunitense Mike Winkelmann), collage digitale di 5000 fotogrammi crittografati, pubblicati precedentemente dall’artista giorno per giorno, venduto all’asta da Christie’s per l’equivalente di 69 milioni $[2] dal “cryptoinvestitore” Metakovan. Il token in questione corrisponde alla prova di autenticità, con una funzione simile a quella che, nel mondo materiale, svolge la firma dell’artista. La casa d’aste Christie’s segue l’esempio di marketplace specializzati in arte digitale come Nifty Gateway, Zora, Makersmarket, nei quali le offerte sono espresse sempre in criptovaluta. Il secondo modo di utilizzo di NFT non produce solo il certificato di autenticità, ma compie un ulteriore passaggio dall’arte digitale (come l’opera di Beeple) alla criptoarte, laddove l’opera digitale stessa viene “tokenizzata”, quindi esiste solo nella blockchain, con tutti i rischi connessi sulla sua accessibilità permanente[3]. Il processo ha avuto un’ulteriore declinazione quando il gruppo Injective Protocol ha deciso di acquistare l’opera dell’inglese Banksy Moron (esemplare 325/500) e di bruciarla con una specie di cerimonia pubblica[4], dopo che l’opera stessa era stata riprodotta e salvata in un NFT.

 

La “cerimonia” del Gruppo Injective Protocol per bruciare l’opera Moron di Bansky

Provocatoriamente, Injective Protocol capovolge la percezione comune che attribuisce all’opera fisica originale l’aura che la rende preziosa ed unica, assumendo che il NFT aumenta il valore dell’opera originale proprio in virtù del fatto che essa esiste solo nella realtà digitale[5].

Il processo di interazione tra arte e blockchain continua, tanto che il 4 aprile di quest’anno si è conclusa all’UCCA Center for Contemporary Art di Pechino la prima mostra di Crypto Art con il titolo Virtual Niche—Have you ever seen memes in the mirror?[6].

C’è poi chi sfrutta le caratteristiche della blockchain per certificare l’autenticità di un’opera d’arte “generativa”, ovvero in grado di evolversi nel tempo.

Right Place & Right Time dell’artista visivo statunitense Matt Kane, opera digitale mutante in base alla volatilità delle quotazioni di bitcoin, è stata venduta sulla piattaforma Async Art per 100.000 $ in valuta virtuale[7].

I token hanno fatto la loro apparizione anche nel design: 10 rendering digitali in 3D di mobili fantastici creati da Andrés Reisinger (autenticati da NFT) sono stati venduti all’asta per l’equivalente di 450.000 $[8]. Reisinger, il cui studio di design ha base a Barcellona, presenta l’operazione come una forma ibrida di realtà estesa che libera il design dalle costrizioni spaziali e utilitaristiche. Gli acquirenti riceveranno anche l’esemplare fisico di cinque degli oggetti di design e potranno rivendere il token NFT in loro possesso, riconoscendo il 10% del prezzo all’artista.

Prima ancora dell’abbinamento con le arti visive, NFT erano divenuti oggetti digitali da collezione per motivi non tanto artistici quanto storici (almeno in prospettiva). I primi NFT da collezione sono stati i CryptoPunks, oggetti digitali molto rudimentali, il cui valore risiede nei loro “metadati”, che dimostrano la data di immissione e quindi la lunga permanenza in blockchain. Tra i collectible digitali ci sono i meme, contenuti digitali virali sul web (in genere con forma di immagine, GIF o video). Tra questi c’è il caso del celebre Nyan Cat, il cui valore è nel token “limited edition” firmato dall’autore statunitense Chris Torres[9].

 

L’artista Chris Torres e l’asta del suo primo NyanCat 

Mentre il GIF è stato visto e condiviso milioni di volte, la versione autenticata è “unica” e chi la acquista, come ogni collezionista, oltre allo status, ha un’aspettativa di incremento di valore. Il meme creato esattamente 10 anni fa ora tokenizzato è stato venduto per l’equivalente di 560.000 $ (300 Ethereum).

Non possono mancare in questa galleria di collezionabili i videogiochi. Il più famoso è Cryptokitties[10], gioco blockchain sviluppato dallo studio canadese Dapper Labs, costituito di gattini digitali, scambiabili e in grado di generare altri gattini, il tutto sulla piattaforma Ethereum. I cuccioli vengono dalla combinazione delle sequenze genetiche dei genitori (256-bit ciascuno) che danno luogo allo sfondo, il colore del pelo, i baffi, ecc. La piattaforma può introdurre ulteriori varianti rare, denominate Fancy Cats e Special Edition Cats, oppure gli eccezionali Exclusive Cats.

Token da collezione sono disponibili per qualsiasi bene digitale i fan possano ritenere desiderabili, per cui sono in vendita anche highlights “unici” di eventi sportivi, come Moments from MBA History[11], oppure oggetti digitali divenuti di culto grazie all’effetto NFT (es. il primo tweet del fondatore di Twitter, Dorsey).

I token si stanno rivelando interessanti anche per i musicisti. Hanno fatto notizia i casi di NFT quali quelli messi all’asta per un tempo limitato su Ethereum che danno particolari prerogative ai fan, che si tratti di accesso esclusivo, diritti sulle prime uscite o edizioni limitate degli album o persino sui diritti di sfruttamento delle canzoni. Il gruppo rock statunitense King of Leon ha messo in vendita un numero predeterminato di NFT del nuovo album[12]: contro un pagamento in criptovaluta (pari a 50$) si poteva scaricare l’album, ottenere il video digitale della copertina, ricevere un’edizione limitata in vinile. Musicisti come il canadese Grimes (video originale sul brano Death of the Old), i dj e producer statunitensi 3LAU -(NFT celebrativi dell’anniversario dell’album Ultraviolet) e Steve Aoki, che ha collaborato con il designer tedesco Antoni Tudisco, hanno coniato NFT dotati di quell’aura di unicità che la musica digitale ha perso. Le aste fanno leva sulle qualità che conferiscono valore all’oggetto da collezione, sia fisico che digitale, ovvero la provenienza, l’autore, la scarsità e il rilievo culturale, uniti alla novità della distribuzione via blockchain. Attraverso un NFT, la musica digitalecommodity, sempre e per tutti disponibile in streaming – si trasforma in un nuovo oggetto digitale da collezione.

A ciò si aggiunge che i token sono intesi dagli artisti anche come strumento per una relazione duratura con i loro fan, grazie al possibile collegamento con benefici particolari come l’ingresso al backstage dei concerti o altre opportunità di contatto personale con la star. In qualche modo, un NFT introduce una nuova forma di gerarchia tra i fan dell’artista, dando un tocco di esclusività e/o di personalizzazione, introducendo quindi una “scarsità” artificiale come complemento o alternativa alla musica digitale.

Alcuni musicisti vedono in questo nuovo canale di comunicazione anche la possibilità di mantenere il controllo della loro produzione, quindi una potenziale disintermediazione rispetto all’industria musicale.

C’è da notare che i diritti su un album coinvolgono vari player, non solo il performer, ma anche l’etichetta fonografica, gli autori e gli editori dei brani, eventualmente gli autori del video e della grafica. Per questo motivo, forse, gli NFT sono stati creati da gruppi indipendenti, mentre le major discografiche guardano con interesse ma anche cautela, a formule blockchain che possano garantire la longevità dello sfruttamento dei diritti, ben oltre le aste di NFT. Senza contare che già emergono nuove forme di pirateria, con NFT musicali coniati da soggetti che non controllavano i diritti sulle registrazioni. Ha contribuito all’attenzione verso gli NFT musicali, anche un outsider come Elon Musk con il suo Tweet I’m selling this song about NFTs as an NFT[13].

 

Elon Musk ha messo all’asta il suo twitter “I am selling this song about NFTs as an NFT”,

Alcuni musicisti fanno propria la drop culture legata alla moda, che rende ricercati certi oggetti di serie messi in circolazione in quantità limitate solo attraverso canali selezionati, con i social media e gli influencer che fanno oggi da cassa di risonanza. La “scarsità” può essere legata al numero limitato di oggetti, ma anche al tempo limitato durante il quale un open edition rimane disponibile sotto forma di NFT. Per la musica digitale emerge un mercato di certificati di autenticità NFT, preziosi in quanto scarsi, che si aggiunge al modello streaming a marginalità decrescente[14].

Guardando al fenomeno dal punto di vista socio-culturale, emerge la contraddizione tra la supposta unicità di un NFT e l’accessibilità globale che ha guidato lo sviluppo di internet, impensabile senza taglia-incolla, remix, trasformazioni digitali, generatrici di ibridi con confini sempre più labili tra originale o copia; tra plagio, elaborazione ed ispirazione, tra celebrazione e parodia. Tutti temi che portano inevitabilmente a interrogarsi sull’applicabilità delle norme sul copyright.

Laddove il mondo digitale ha introdotto la riproducibilità senza fine, a qualità costante e con costi tendenti a zero, con gli NFT la stessa tecnologia re-inventa la “scarsità” dell’oggetto culturale in senso lato, e crea anche una bolla speculativa.

Nonostante i contenuti siano spesso accessibili in rete con un semplice click, gli NFT da collezione, con le loro quotazioni, mostrano che c’è un pubblico pronto a pagare per l’“aura” creata da un certificato di autenticità, che ha il vantaggio supplementare della commerciabilità e di un potenziale incremento di valore (legato all’oggetto o anche alle oscillazioni della criptovaluta).

I valori astronomici raggiunti da alcune aste di NFT sono riportati dai media di tutto il mondo. È quindi inevitabile che aumentino le piattaforme che offrono agli artisti e ai musicisti la possibilità di estrarre o coniare (mining) e mettere in circolazione NFT, collegati a opere e/o prerogative sulle opere oppure occasioni social con gli artisti. A parere di molti che si interrogano sul perché si è creata una specie di bolla speculativa, dovuta a vari fattori, non ultimo c’è il fatto che i possessori di criptovalute hanno trovato una modalità interessante di agganciare i loro “depositi” a oggetti digitali che potranno avere un mercato secondario, sia pure particolare, come quello NFT.

Ma il punto debole di qualsiasi tipo di NFT è ancora nella loro estrazione, cioè la scarsa sostenibilità ambientale della tecnologia blockchain, che consuma enormi quantità di energia elettrica e produce tonnellate di CO2.

Oggi si intravedono i primi timidi segnali di una maggiore sensibilizzazione sul tema ambientale anche in questo ambito. Viene in mente la nascita delle prime criptovalute ecologiche, da quelle che generano incentivi per gli impianti fotovoltaici (es. SolarCoin) a quelle che usano protocolli a minor consumo energetico e ripagano gli utenti per le loro azioni green, come il carsharing o gli acquisti sostenibili (es. BitGreen). Chissà che quest’attenzione in futuro non assuma dimensioni sostanziali traducendosi in soluzioni innovative a basso impatto ambientale per la maggior parte delle criptovalute e NFT ora in circolazione. È di questi giorni il lancio di OneOf, una piattaforma blockchain[15] che dichiara di consumare 2 milioni di volte di meno delle criptovalute più note e offre agli artisti la possibilità di mettere sul mercato i loro NFT musicali senza spese di estrazione. Di sicuro, ci vorrà tempo prima che la bolla speculativa dei valori record delle recenti aste e il consumo sproporzionato di energia necessario per l’estrazione di NFT siano ridimensionati in modo tale da poter entrare nella quotidianità della fruizione artistica e musicale delle generazioni native digitali, ma in molti credono che il futuro sia già visibile

[1] Informazioni basiche e attendibili sulle criptovalute si possono consultare in https://www.consob.it/web/investor-education/criptovalute

[2] https://www.christies.com/features/Monumental-collage-by-Beeple-is-first-purely-digital-artwork-NFT-to-come-to-auction-11510-7.aspx

[3] https://www.nytimes.com/2021/01/12/technology/bitcoin-passwords-wallets-fortunes.html

[4] L’operazione Burntbansky è visibile in https://www.youtube.com/watch?v=C4wm-p_VFh0

[5] Paul J. Ennis https://theconversation.com/nft-art-the-bizarre-world-where-burning-a-banksy-can-make-it-more-valuable-156605

[6] https://www.artnews.com/art-news/news/ucca-beijing-crypto-art-exhibition-1234585626/

[7] https://volatility.art

[8] https://www.dezeen.com/2021/02/23/andres-reisinger-the-shipping-digital-furniture-auction/

[9] https://knowyourmeme.com/editorials/interviews/qa-with-chris-torres-the-creator-of-nyan-cat

[10] Controcorrente rispetto alla maggioranza degli articoli sui collectible NFT è la stampa francese https://www.lefigaro.fr/secteur/high-tech/2018/06/18/32001-20180618ARTFIG00328-les-ventes-de-chatons-virtuels-cryptokitties-s-effondrent.php

[11] https://nbatopshot.com/

[12] https://www.rollingstone.com/pro/news/kings-of-leon-when-you-see-yourself-album-nft-crypto-1135192/

[14] https://theconversation.com/nfts-explained-what-they-are-why-rock-stars-are-using-them-and-why-theyre-selling-for-millions-of-dollars-156389

[15] https://oneof.com/