Nel 2020 la filiera ha persobl’8,1%, ma genera ancora un indotto da 24o miliardi
Franceschini: «Settore strategico. Il Pnrr prevede investimenti per 7 miliardi»
Sono passati sette anni da quando, appena insediato al vertice del ministero per i beni culturali, Dario Franceschini disse che si sentiva chiamato a guidare il ministero economico più importante del Paese. Sette anni, numerosi governi e, soprattutto, una lunga pandemia. Ma il ministro Franceschini (che nel governo Draghi ricopre nuovamente quell’incarico) ribadisce quella che allora appariva come una forzatura e la necessità, da parte delle istituzioni pubbliche, di investire nella cultura e in tutte le attività a essa collegate, perché farlo, spiega, «non è solo un dovere costituzionale, ma anche una grande opportunità di crescita economica e sviluppo sostenibile per tutto il Paese».
A dimostrare la validità di questa tesi ci sono i numeri del Rapporto «lo sono cultura», che da il anni la Fondazione Symbola e Unioncamere realizzano insieme, misurando il valore economico e occupazionale generato in Italia dal sistema produttivo culturale e creativo, pubblico e privato, che nel 2020 Si è attestato a 84,6 miliardi di euro, con quasi 1,5milioni di occupati. Cifre che rappresentano rispettivamente il 5,7% del Pile il 5,9%dell’occupazione complessiva italiana e che dimostrano la rilevanza di questo settore, nonostante il duro colpo inflitto dalla pandemia, che ha bloccato molte delle attività culturali e creative, provocando un calo dell’8,1% della ricchezza prodotta dalla filiera, superiore dunque al dato medio nazionale di -7,2%. Il primo calo dopo oltre dieci anni di crescita ininterrotta.