«Peggio di questa crisi, c’è solo il dramma di sprecarla». Fu il monito di Papa Francesco. Una crisi economica, sociale e spirituale delle dimensioni che stiamo vivendo, colpisce prima di tutto chi già prima era in difficoltà e che ora versa in condizioni drammatiche. Ho riletto di recente l’enciclica Laudato sì. E devo confessare che mi è sembrato di rileggere una profezia che si è avverata. Tutti i problemi che ora la pandemia ha reso macroscopici e ineludibili erano stati rilevati con una precisione impressionante: da una globalizzazione senza criterio né misericordia, dalla violenza esercitata sul creato, allo sfruttamento degli esseri umani. Papa Francesco già parlava della necessità di una “ecologia integrale”: non un feticcio ideologico, ma una nuova consapevolezza umana e insieme ecologica. «L’autentico sviluppo umano possiede un carattere morale e pre-suppone il pieno rispetto della persona umana, ma deve prestare attenzione anche al mondo naturale. […] Il mondo non può essere analizzato solo isolando uno dei suoi aspetti, perché il libro della natura è uno e indivisibile e include l’ambiente, la vita, la sessualità, la famiglia, le relazioni sociali». È da queste premesse e sulla spinta della pandemia che è nato il Manifesto di Assisi, che insieme all’amico fraterno Ermete Realacci portiamo avanti con grande attenzione. Mi accompagna il libro di Miguel Benasayag, Funzionare o esistere, dove il saggista e psicoanalista franco-argentino si domanda se esista una via di fuga verso un’idea non strumentale dell’uomo e della natura. La grande macchina tecnologica sovrasta infatti ormai anche il senso dell’essere uomini e spesso sembra che la dignità umana dipenda dal ruolo, dall’utilità e dalla funzione che essi svolgono nella società. Persino la natura diventa puro e semplice mezzo. Benasayag, da laico, si domanda come l’educazione possa far fronte a questa deriva funzionalistica, dove chi non è utile perde di definizione e si ritrova con la vergogna di sentirsi un peso.