La fondazione Symbola ha stilato un report in collaborazione con Enel con cui individua le imprese italiane più capaci di comportamenti positivi di business ecologico Ecco i parametri usati e una selezione di casi esemplari di Gaia Giuliani are meglio con meno. È possibile, soprattutto se parliamo di economia circolare. E di Italia. Nelle 100 storie imprenditoriali che compongono l’ultimo rapporto della fondazione Symbola, realizzato in collaborazione con Enel, si scopre un paese che dall’agroalimentare alla moda, dagli imballaggi, all’edilizia, l’elettronica, la chimica per citare alcuni esempi è primo in Europa per la più alta percentuale di riciclo dei rifiuti. Ma non solo. Le storie raccolte «mostrano un’Italia ricca di punti forza, che spesso stentiamo a riconoscere», spiega Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola. «Da rilevazione dell’Ipsos viene fuori che gli italiani, messi a conoscenza dei dati virtuosi di questa circolarità, per il 10% faticavano a riconoscerla, mentre il cinquanta rispondeva con grande scetticismo». Dati che parlano della nazione europea che ricicla il 79,4% dei suoi rifiuti, con un’incidenza che sfiora quasi il doppio della meF dia Ue (al 49%) ed è di gran lunga superiore a quelle di Francia e Germania (ferme rispettivamente al 66 e 69 %). Per capire ancora meglio la portata dei 117 milioni di tonnellate di materia che recuperiamo ogni anno, è stata fatta un’equivalenza con il consumo di petrolio risparmiato 23 milioni di tonnellate e, naturalmente, con la Co2 immessa nell’atmosfera: meno sessantatré milioni di tonnellate. «La difficoltà nel recepire questi numeri sta nel fatto che spesso si associa il riciclo ai rifiuti domestici, che invece costituiscono solo un quinto del totale», aggiunge Realacci, mentre sono le realtà produttive quelle che “consumano” di più. Questa eccellenza italiana non nasce da leggi o decreti, ma viene da una tradizione più antica, legata alla necessità di un Paese che produce poche materie prime. «L’esempio dei cenciaioli di Prato, che da secoli raccolgono stracci usati per rigenerarli in filati e tessuto, o il recupero dei rottami di Brescia, le cartiere della Lucchesia, sono esempi della nostra grande capacità di adattamento», spiega ancora il presidente di Symbola. L’Italia si è allenata grazie alla sua storia. Per individuare le cento imprese segnalate nel report, la fondazione ha messo a punto cinque pilastri sintetizzando i principali modelli di business ecologico: Input circolari, ovvero la percentuale di materiali riciclati che fanno il loro ingresso nel ciclo produttivo e la quantità di energie rinnovabili usata. L’Estensione della vita dei prodotti, che avviene in fase progettuale pensando alla riparabilità, manutenzione e disassemblabilità. Il Prodotto come servizio, “venduto” a tempo dall’azienda che ne rimane proprietaria, massimizzando il suo utilizzo e garantendo interventi fondamentali come il suo mantenimento. Le Piattaforme di condivisione, in breve lo sharing. E i Nuovi cicli di vita, una sinergia con gli altri pilastri per il rientro in produzione. «La natura è di per sé circolare, non prevede scarti: il rifiuto di uno diventa sempre il nutriente di un altro. Fino alla rivoluzione industriale funzionava così anche nella società urna/ na, ogni cosa trovava il suo riu/ tilizzo in larghe quantità» me/ conta Domenico Sturabotti, direttore di Symbola. «Poi con l’irruzione della tecnologia ci siamo convinti che le risorse fossero illimitate, ma così non è». E sono nate isole di plastica che galleggiano nel Pacifico con un clima sempre più a rischio. «La nostra ricerca fa parte di una collana che portiamo avanti da anni con Enel per promuovere e aggregare le qualità italiane, parlando del territorio, un elemento essenziale». All’inizio della pandemia ci fu il blocco dei trasporti, un danno enorme per l’industria. Ma anche uno stimolo per accorciare le filiere secondo Sturabotti, per ricollocare le imprese nei territori dove le risorse sono più presenti tagliando costi, emissioni e dipendenza dai mercati esteri. L’ecologia conviene, in uno spettro un cerchio molto ampio. ©RIPRODUZIONE RISERVATA Settore per settore una scelta di buoni esempi Dall’arredamento all’energia, dalla finanza ai trasporti, dalla ricerca alla moda, undici marchi per capire la complessità del cambiamento Cassina. Un laboratorio con il Politecnico Fondata dai fratelli Cesare e Umberto nel 1927, Cassina è una delle più importanti realtà italiane del settore design. Con Cassina Lab, nato in collaborazione con il Politecnico di Milano, l’azienda si è inserita in un percorso sostenibile sempre più serrato. Con una progettazione consapevole che consente di disassemblare i prodotti, favorendo così la riparabilità, l’estensione della vita e, a fine ciclo, la separazione dei materiali. Tra gli ultimi nati, l’imbottito Soriana, di Afra & Tobia Scarpa, con sacche riempite da microsfere di BioFoam, una schiuma a base biologica, e interni in fibra realizzata da pet riciclato a1100 per cento. (in foto; lo showroom Cassina di Milano) Costa Crociere. Navigare a gas naturale Unica compagnia del settore a battere bandiera italiana, Costa Crociere ha sede a Genova ed è tra le aziende italiane impegnate nell’Alleanza per l’economia circolare. È dotata di una flotta tecnologicamente avanzata di 14 navi tra cui Costa Smeralda e la prossima ammiraglia Costa Toscana, entrambe alimentate a gas naturale liquefatto, il combustile più avanzato del settore marittimo per la riduzione delle emissioni. La raccolta differenziata al 100 per cento, il recupero delle eccedenze alimentari e il riciclo dell’alluminio e del vetro, sono alcuni esempi degli eco-progetti di bordo. Realizzati con le comunità e le autorità locali dei porti di scalo. Intesa SanPaolo. Finanziamenti green L’economia circolare è un’opportunità di investimento per la finanza, che aiuta così anche le imprese. Gruppo Intesa Sanpaolo, tra i principali gruppi bancari europei, dal 2016 è partner della Ellen MacArthur Foundation per accelerare la transizione verso un’economia rigenerativa. Il piano degli ultimi tre anni stabilito da Intesa ha creato un plafond di sei miliardi per le società che decidono di puntare sul sostenibile. Sul fronte innovazione, assieme ad altri partner, ha fondato il Circular economy lab, un’iniziativa per diffondere la circolarità e favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta. Coinvolgendo start-up, imprese, università e centri di ricerca. Lavazza. Obiettivo carbon neutrality Tra i più noti produttori di caffè, Lavazza è presente in più di 140 Paesi nel mondo. Si è prefissa l’obiettivo di raggiungere la carbon neutrality entro il 2030, ma già l’anno scorso ha raggiunto dei risultati importanti con emissioni dirette e indirette pari a zero, efficientamento e riduzione degli impatti delle attività. Prossimo obiettivo, rendere il packaging riutilizzabile, riciclabile o compostabile. Superando ad esempio la struttura flessibile per l’imballo con un mix di polimeri omogenei riciclabili al posto dell’alluminio, e alleggerendo complessivamente la struttura. Queste novità hanno ridotto il carbon footprint del packaging del 40 per cento. j LI . 74 . 73 . 2. ¦¦¦=-. . . is 14 13 12 11 09 10 06 . 07 08 . is 14 13 . 12 . 11 . II . 09 10 06 . 07 08 ‘111111IIt Maire Tecnimont NextChem. Energia dai rifiuti Il gruppo Maire Tecnimont ha interessi nell’ingegneria, nelle costruzioni, nella petrolchimica, nella chimica green, nella produzione di fertilizzanti e nelle energie rinnovabili. Coordinatore di numerosi progetti di ricerca, è particolarmente impegnato sui temi della transizione energetica attraverso la sua controllata NextChem. Che ha sviluppato tecnologie per il riciclo meccanico e chimico dei rifiuti, per la produzione di idrogeno green a basse emissioni (idrogeno blu elettrico, circolare da conversione di rifiuti e idrogeno green da elettrolisi), tecnologie per la produzione di biocarburanti, biomateriali e per la cattura e il recupero della Co2. Cnr. I molti fronti della sperimentazione Sono tante le attività del Cnr il maggiore ente pubblico di ricerca italiano legate all’economia circolare. Il suo Istituto sull’inquinamento atmosferico (Cnr-IIA) ad esempio ha messo a punto una soluzione per riciclare i filtri delle sigarette (circa 14 milioni dispersi ogni anno) per trasformare i mozziconi in polimeri utilizzabili in prodotti come montature per occhiali. Oppure “Recepit”, un progetto per realizzare pannelli isolanti, tessuti e filtri per l’aria dai Psa (prodotti sanitari assorbenti come i pannolini) usati. O ancora “B-Blue”, che ricicla gli scarti dell’allevamento dei frutti di mare trasformandoli in additivi naturali per l’industria mangimistica. Fantoni. Alta tecnologia nel riciclo ligneo Quella di Fantoni azienda leader nella produzione di pannelli, pareti divisorie, sistemi fonoassorbenti e mobili per ufficio è una storia che parte nel 1882 con il primo laboratorio nato a Gemona. Nello stabilimento che impiega mille dipendenti, si recuperano circa 420mila tonnellate di legno all’anno utilizzate per produrre pannelli truciolari. Già rinnovato nel 2017 per migliorare la capacità produttiva, nel 2020 è stato oggetto di un nuovo investimento di circa 25 milioni di euro per realizzare un impianto innovativo, con sensori a infrarossi e raggi x per la pulizia del legno riciclato che consente di produrre pannelli derivati al 50% da legno riciclato. Favini. Riuso creativo per la carta Azienda consolidata sulla scena dell’economia circolare, Favini è un’eccellenza a livello mondiale nella produzione di carte a base di materie prime rinnovabili, impiegate soprattutto negli imballaggi per il settore moda e luxury. L’azienda è portavoce del riuso creativo (upcycling) di scarti industriali di diverse filiere per la produzione di carte ecologiche. Attraverso ad esempio l’utilizzo dei residui tessili di lana e cotone, è in grado di conferire alla carta riciclabilità e biodegrabilità al 100%, nonché adattabilità a ogni tipo di processo di stampa. Il risultato sono prodotti che hanno trovato diversi utilizzi nella moda tra etichette, shoppers e packaging. Salvatore Ferragamo. Una borsa in sughero Eccellenza del made in Italy, la casa di moda Salvatore Ferragamo recentemente ha dato vita a una serie di sperimentazioni, progetti e prodotti che uniscono moda e sostenibilità. Partendo dalla scelta di puntare su materiali riciclati o scarti di produzione. Nasce così la Earth Top Handle bag, rivisitazione in chiave sostenibile di uno dei suoi modelli storici. La borsa è realizzata in sughero certificato con fodera in lino, mentre il filo e la fettuccia della cerniera sono di poliestere riciclato. La maison utilizza anche altri materiali a basso impatto come plastica bio-based e gomma naturale. Nelle sedi italiane, Ferragamo utilizza il 100 per cento di energie rinnovabili. Ferrovie dello Stato. Viaggio nel futuro I Frecciarossa 1000 del gruppo Ferrovie dello Stato, sono stati costruiti per oltre il 20 per cento con materie prime riciclate, e sono quasi del tutto riciclabili nei loro componenti. Nelle nuove versioni dei convogli regionali, il riciclo tocca il 97%. Mentre per i treni di nuova generazione si è scelto in fase progettuale di ridurre i consumi energetici fino al 30 per cento rispetto ai precedenti, sfruttando anche le frenate per recuperare un 15 per cento di energia elettrica, da restituire poi alla rete. Una circolarità garantita anche nella pulizia e sanificazione, dove prodotti e tecniche consentono di ottimizzare i consumi di energia, acqua e materie prime. Hera. I temi chiave della transizione Nato nel 2002, oggi il gruppo Hera opera in più di trecento comuni del centro e del nord Italia. Attivo nei settori ambiente (gestione rifiuti), idrico (acquedotti, fognature e depurazione) ed energia (elettrica e gas), è impegnato in settori chiave della di transizione energetica. Ha realizzato a S. Agata Bolognese un impianto per la produzione di biometano e compost da rifiuti organici. Che ogni anno genera 7,8 milioni di metri cubi di biogas per i mezzi di trasporto, evitando il consumo di oltre 6mila tonnellate di petrolio all’anno, pari a l4mila tonnellate di Co2. Entro il 2024 avvierà altri progetti per raddoppiare la produzione attuale.