Nelle leadership di nicchia il successo del made in Italy Manifattura. Il modello produttivo italiano è caratterizzato da un elevato livello di differenziazione dei prodotti esportati: per questo motivo il fatturato estero è più resiliente rispetto a quello di altri Paesi Marco Fortis Andrea Sartori i ) omr oi znzdoinatl ee dneol l’ n e ceo nc oe rmt ai a mente terso. Incombono nubi nerissime: il conflitto russo in Ucraina, tensioni geo-politiche, prezzi dell’energia e delle commodities alle stelle, inflazione e banche centrali costrette a invertire la direzione delle politiche monetarie. Ma il Pil italiano non crolla, anzi nel primo trimestre è cresciuto ancora. E la produzione industriale ha smentito ogni previsione catastrofica aumentando ad aprile dell’1,6% rispetto a marzo, con un incremento del 2% nel trimestre febbraio-aprile 2022 rispetto al trimestre precedente. Nonostante la pandemia, le esportazioni del made in Italy nel 2021 hanno finito con lo sfondare quota 500 miliardi di euro raggiungendo un nuovo record storico di 516 miliardi, con un trend ancora in crescita nel primo trimestre dell’anno in corso (+23% rispetto al primo trimestre 2021). Pur tra incertezze e rischi, le imprese italiane hanno le carte in regola per affrontare l’attuale difficile contesto, che pare prefigurare almeno una ridefinizione della globalizzazione come tradizionalmente intesa. A nostro avviso, le filiere corte dell’Italia, il radicamento sul territorio di tante e varie attività produttive, la capacità di (re)inventare o (re)interpretare in chiave moderna e innovativa i prodotti sono tutti straordinari elementi di forza dell’Italia. E come recentemente proposto all’attenzione su queste colonne (Fortis, “L’Italia dell’export? Forte e differenziata, primeggia tra i competitor mondiali” del9 giugno) riteniamo che una delle ragioni più importanti dei risultati del Made in Italy nell’arena internazionale sia da individuarsi in quel modello manifatturiero tipicamente italiano che è capace di esprimere molte leadership di nicchia anziché essere concentrato su pochi mega settori industriali. A questo riguardo sono almeno due gli aspetti principali da considerare: la differenziazione di prodotto dell’export e la struttura della bilancia commerciale. Innanzitutto, il modello produttivo italiano è caratterizzato da un elevato livello di differenziazione dei prodotti esportati, come confermano le analisi della Fondazione Edison sui dati dell’Unctad, che calcola un indice di concentrazione dei prodotti esportati (del tipo Herfindahl-Hirschman basato sulla classificazione dei prodotti Sitc a 3 cifre). Poiché la differenziazione è l’opposto della concentrazione, emerge chiaramente che l’Italia ha il più elevato grado di differenziazione rispetto a tutti gli altri paesi del mondo. Per questo motivo, riteniamo che il fatturato estero italiano sia potenzialmente più resiliente rispetto a quello di altri paesi che sono concentrati solo su alcune tipologie di prodotti e che sono pertanto maggiormente esposti alle eventuali congiunture negative. Inoltre, la peculiare struttura del sistema produttivo italiano orientato all’export e basato soltanto in parte su grandi settori alimenta non solo filiere di dimensioni medie e mediograndi ma anche numerose nicchie, in molte delle quali l’Italia è leader a livello globale. Il caso della specializzazione nel commercio internazionale dell’Italia è “doppiamente” interessante. Come noto, un paese si ritiene specializzato in un determinato prodotto se le esportazioni superano le importazioni e tanto maggiore è il saldo tra queste tanto maggiore è la specializzazione. Ciò premesso, l’Italia è tra i soli 6 paesi al mondo che presentano un surplus superiore ai 1.00 miliardi di dollari nel saldo commerciale dei beni, esclusi i minerali energetici (che dipendono dalle “dotazioni” di materie prime). Per la precisione, nel 2021, Italia è risultata ex aequo con Taiwan in quinta posizione (104 miliardi), preceduta da Corea del Sud (127 miliardi), Giappone (129 miliardi) e dalla Germania (290 miliardi). L’attivo più alto in assoluto (906 miliardi) è quello della Cina. Ebbene, mentre i surplus dei paesi citati dipendono fortemente dai surplus di alcuni enormi comparti come elettronica, telefonia e auto, il quinto posto dell’Italia si fonda anch’esso sul surplus di una serie di prodotti “grandi”, ma il loro peso nell’interscambio del nostro paese non è preponderante. Infatti, la forza dell’Italia poggia anche su un ampio numero di prodotti in attivo con l’estero con surplus “medio-piccoli”. Più in dettaglio: scegliendo il 2019, come anno non distorto dagli effetti della pandemia e fissando a mezzo miliardo di dollari una soglia di distinzione tra prodotti che, da un lato, registrano surplus “grandi” e, dall’altro, surplus “medio-piccoli”, emerge che l’Italia sia un caso pressoché unico al mondo: cioè, l’attivo commerciale dei prodotti “medio-piccoli” (134,5 miliardi di dollari nel 2019) è quasi uguale a quello dei prodotti “grandi” (137,9 miliardi). Detto altrimenti, la quota dei surplus “mediopiccoli” sul valore totale del surplus dei beni in attivo con l’estero nel caso dell’Italia sfiora il 5o% mentre è decisamente molto più basso nel caso di tanti altri Paesi che presentano forti avanzi commerciali. In conclusione, esportazioni differenziate e specializzazioni diffuse costituiscono la solida base del modello italiano, che anche in questo difficile scenario globale di prima metà del 2022 sta dimostrando tutta la sua competitività.
Sfide sostenibili: tre giorni di confronto La sostenibilità e la sicurezza alimentare in un mondo che cambia, la circolarità per competere, il ruolo delle comunità energetiche, la transizione energetica, coesione, innovazione e libertà. Si snoda lungo queste tematiche il seminario estivo di Fondazione Symbola dal 7 al 9 luglio a Treia in provincia di Macerata. Rappresentanti delle istituzioni e delle associazioni di categoria, esponenti del mondo delle imprese, dell’innovazione, dell’energia e della cultura sí confronteranno sulla sostenibilità come chiave per le difficili sfide che abbiamo di fronte. A segnare la rotta è il Manifesto di Assisi per un’economia attenta all’uomo e all’ambiente che consentirà di affrontare con coraggio le crisi legate al clima, alla pandemia e alla guerra. Tra i partecipanti il Commissario Ue agli affari economici e monetari Paolo Gentiloni, la vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno e il vicepresidente della Commissione agricoltura Paolo De Castro, il vicedirettore generale della Fao Maurizio Martina, Francesco Starace, ad e direttore generale di Enel, il Presidente della Luiss Vincenzo Boccia e Padre Enzo Fortunato, portavoce del Manifesto di Assisi. (new.symbola.net)