Quello che è ormai il tradizionale grandangolo in dieci selfie offerto da Symbola di quel pezzo di Italia maggiormente inserito nelle catene globale del valore, conferma, da un lato, la grande capacità di adattamento e la propensione all’eco-investimento dell’industria manifatturiera di punta in uscita dalla pandemia, dall’altra ci interroga sugli effetti geopolitici di breve e lungo termine del conflitto in Europa. Conseguenze che andranno verosimilmente a ristrutturare la scena geoeconomica internazionale, ridistribuendo ruoli e parti agli attori in campo, con effetti tutti da valutare anche sul piano del valore di radicamento territoriale delle filiere organizzate nelle piattaforme produttive del paese. In questo quadro di incertezza sembra però assodato quel percorso di lunga lena rinvenibile nel costante progresso degli indici di circolarità, segno della crescente capacità delle imprese di internalizzare la questione dei limiti ambientali e farne motore di investimento e di competitività, oltre che di efficienza, maggiore produttività e riduzione dei costi. Almeno cinque dei dieci selfie (agroalimentare, meccanica, piastrelle, legno-arredo e occhiali) rimandano ad altrettanti pilastri del made in Italy di matrice distrettuale evolutosi in forme di capitalismo intermedio territorializzato lungo i tondini di ferro del Lover (Lombardia, Veneto, Emilia Romagna) che ho cercato di raccontare nel libro “Oltre le mura dell’impresa” (2024 Ma non è solo un fatto di Nord, della cavalcata dell’agroalimentare, con le sue 842 denominazioni di origine che fanno oltre ll 20% dell’export di settore, sono protagoniste tante imprese e filiere del Centro e soprattutto del Mezzogiorno. Qui si tratta di capire quanto impatteranno questioni legate alla geopolitica come l’aumento dei costi dell’energia e dei prodotti fitosanitari, rispetto al quale è ragionevole ritenere che non si tornerà alla normalità prebellica. Viceversa si tratterà di capire se le imprese e i sistemi territoriali saranno in grado di proseguire sull’efficientamento energetico e sulla riduzione nell’uso della chimica industriale, lasciando sullo sfondo gli effetti di possibili, quanto non auspicabili, nuove epidemie nei settori dell’allevamento intensivo. Anche la meccanica, inesauribile fonte di rinnovamento sia nell’orizzontalità che attraversa e investe tantissime filiere, sia nella verticalità dell’automotive o delle macchine utensili, è inseguita dall’aumento dei costi dell’energia, dalla scarsità di materie prime e dalle difficoltà sul piano del reperimento di personale qualificato. Discorso in parte risolto nell’industria della piastrella, questa invece concentrata in alcune specifiche localizzazioni della piattaforma della Via Emilia, che ha dovuto ricercare da tempo un nuovo mix tra sostenibilità economica, ovvero produrre reddito e lavoro in maniera duratura, sostenibilità sociale, con riferimento alle condizioni di lavoro, sostenibilità ambientale, come abbattimento delle emissioni, riuso di materiali e riproducibilità delle risorse naturali. Fattori di circolarità che hanno decretato la tenuta del settore legnoarredo, quanto meno della fascia che vediamo rappresentata al Salone del Mobile, in un mix certificazioni di qualità e di valore aggiunto di terziario del design ancora al primo posto nel mondo, almeno come numero di imprese del settore inteso in senso complessivo. Industria culturale e industria creativa, di cui per altro molto si occupa Symbola, che giocano una funzione fondamentale sia in corrispondenza della progressiva smaterializzazione e servitizzazione della manifatturiera innervata dal paradigma della digitalizzazione, sia in relazione alle filiere legate alla valorizzazione del patrimonio storico e artistico, richiamato nel selfie relativo alla primaria dotazione di siti Unesco diffusa in tutto il territorio nazionale. Sul versante per certi versi opposto a quello delle economie della cultura, troviamo l’industria “pesante” dell’aerospazio, territorialmente spalmata tra Nord Ovest, Lazio e asse Napoli-Bari intorno a grandi player come Leonardo, Avio e Alenia. L’aerospazio è tra i principali settori per dimensione e intensità di R&S, focalizzandosi su filoni di ricerca di base e applicata all’avanguardia, tra cui materiali avanzati e nanotecnologie, IOT e manifattura additiva. In questo ambito la fotografia scattata da Symbola evidenzia un buon posizionamento, pur se molto distante non solo rispetto a grandi potenze come Usa e Cina ma anche con riferimento a paesi europei come Germania e Francia, cui l’industria nostrana appare molto legata. E, a proposito di grandi player, non vanno dimenticati attori come Eni e Enel, sempre più rilevanti nello scacchiere geopolitico in fibrillizzazione, tra i quali l’ex monopolista pubblico dell’elettricità spicca per il primato mondiale in termini di energia prodotta da fonti rinnovabili. Sin qui le confortanti performance di quello che con Symbola abbiamo declinato come capitalismo “dolce”. Resta però sempre la domanda di fondo, ovvero se questo capitalismo intermedio radicato nei territori in nuove forme produttive sia in grado, da solo o innervato nelle piattaforme territoriali, di portarci oltre l’Antropocene mediato dal flusso del Tecnocene o se sarà invece necessario allargare la visuale a ciò che accade nella società, dove i tempi di maturazione, di metabolizzazione e di adattamento non combaciano quasi mai con le attese sul Pil, cosa che Symbola sa molto bene. Pil che, a sua volta, appare drammaticamente sottoposto alla legge di un aggressivo capitalismo politico.