Estratto del capitolo “Progetti mutanti: il design oltre la pandemia” di Io sono Cultura.

Rigenerazione. È forse questa la parola che guiderà il design dei prossimi anni? E come conciliare gli obiettivi di crescita della filiera con gli obiettivi dell’Agenda 2030? Il Piano dell’Unione Europea, che ingloba 17 SDGs – Sustainable Development Goals – e 169 target, è strettamente connesso al tema della progettazione (come contrastare il cambiamento climatico, salvaguardare le foreste e l’ecosistema marino, promuovere uno sviluppo industriale equo?) e perciò, quali sono gli strumenti che i designer possono adottare per contribuire a salvare il pianeta?  Riciclabilità, riuso, meno sprechi, materiali migliori, certo, ma anche tecnologia integrata. Stefano Mancuso, botanico e direttore del Laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale (LINV), parla dell’apporto che la tecnologia potrebbe fornire se potesse raccontare la storia di un’oggetto. Cambierebbe molto, in termini di percezione e di propensione alla spesa. Recenti indagine rivelano infatti una crescente attenzione del consumatore nei confronti di prodotti eticamente sostenibili. E questo è un primo passo, che può essere ulteriormente sviluppato dal progettista, in grado di disegnare nuovi scenari e percorsi attorno alla filiera complessa del processo e della produzione di design, a partire ad esempio dal bilancio di sostenibilità, che sempre più aziende stanno richiedendo e adottando.

Se il design ce la farà? La sfida è ardua e complessa, per gli scenari geopolitici in continuo mutamento e l’acuirsi delle materie prime. Ma non è la prima volta è chiamato a progettare il futuro. Nel 1972, 50 anni fa, inaugurava al MoMA di New York la mostra che avrebbe portato alla ribalta il design italiano, The New Domestic Landscape. Ideata e curata da Emilio Ambasz, ai designer invitati il MoMA chiese di lavorare su un tema progettuale specifico: l’abitacolo, il minimo spazio di vita possibile. Gli esempi e le eccellenze furono plurime: Ettore Sottsass disegnò un armadio mobile che, a seconda di come viene completato negli interni, diventa cucina, seduta, juke box, toilette, doccia o armadio, in una visione “mutante” che fa perdere significato agli spazi tradizionali della casa; Mario Bellini lavorò invece sull’automobile come luogo di relazione: il prototipo della sua Kar-a-sutra inaugura un progetto che anticipa di parecchi anni il design delle mono volume. Linee di progetto destinate a essere riprese a livello internazionale e tutt’oggi fonte di ispirazione per la rigenerazione di progetti e processi.

Veniamo però a qualche numero. Come conferma la ricerca Design Economy 2022, realizzata da Fondazione Symbola, Deloitte Private e POLI.designl’Italia è il primo paese europeo per numero di imprese (30 mila), con 61 mila lavoratori e un valore aggiunto pari a 2,5 miliardi di euro. Tale primato è rafforzato dall’apporto del comparto manufatturiero, che si concentra nelle aree di specializzazione del Made in Italy e nelle regioni Lombardia, Piemonte, Emilia – Romagna e Veneto, dove si localizzano il 60% delle imprese. Da regioni a province, anche quest’anno la capitale del design è Milano, con il 18% del valore aggiunto e il 14% degli addetti in Italia. Tra sostenibilità e innovazione, i settori che trainano la domanda di servizi sono soprattutto i comparti del Made In Italy. A primeggiare c’è il settore arredo (70%), seguito dall’automotive (56%), dall’immobiliare (38%), dall’abbigliamento (30%) e dall’agroalimentare (13,3%).

In generale, un trend rilevato quest’anno riguarda le sperimentazioni di soluzioni di ecodesign.

Continua a leggere il capitolo da p. 150 a 155 su Io Sono Cultura 2022, la ricerca realizzata con Unioncamere, Regione Marche, in collaborazione con l’Istituto per il Credito Sportivo.