Se lo chiedeva oltre mezzo secolo fa Cedric Price, celebre progettista radicale inglese. Dovremmo continuare a chiedercelo anche noi, in un momento in cui il settore culturale in Italia ritratto con efficacia nel rapporto annuale di Fondazione Symbola e Unioncamere cerca il proprio riscatto dopo gli anni della pandemia. Se siamo alla ricerca di occasioni di sviluppo, le domande da porci sono almeno un paio. La prima: consideratal’elevata tangibilità della produzione culturale italiana tra moda, design, architettura ed editoria come possiamo innovare nel mondo fisico favorendo la transizione ecologica? La seconda: in quali modi usare i dati per gestire meglio l’immenso patrimonio storico e culturale del nostro Paese? Per offrire alcuni spunti di riflessione vorrei partire dall’esposizione universale di Dubai. Il Padiglione nazionale italiano, che il nostro studio di progettazione CRA-Carlo RattiAssociati ha progettato con Italo. Dal Padiglione Italia all’Expo di Dubai l’inizio di un percorso circolare e phygital Rota, Matte Gatto e F&M Ingegneria, è diventato nei sei mesi di Expo Dubai 2020 un laboratorio sulla circolarità, intesa come paradigma di crescita alternativo. Tutta l’architettura del padiglione era imperniata sui temi del riuso dei materiali: la facciata realizzata attraverso il riciclo di milioni di bottiglie in plastica, le finiture create a partire scarti produttivi, quali bucce di arancia e fondi di caffè. L’aspetto però forse più rilevante, che ci permette di leggere quell’esperienza come l’inizio di un percorso che potrebbe avere conseguenze importanti sul sistema Italia, era legato alle tantissime aziende coinvolte: provenienti da settori tra loro diversi, eppure tutte impegnate a fare ricerca intorno a quella stessa visione di circolarità. Tutte tornate in patria dopo Expo 2020 e rafforzate nella convinzione di imbracciare la circolarità. Creare simili piattaforme di sperimentazione anche nel prossimo futuro credo sia fondamentale per accelerare lo sviluppo culturale in Italia. Veniamo poi al tema dei dati. Nel 2018, in un dialogo informale con il sindaco di Firenze, Dario Nardella, suggerimmo di creare una copia digitale del David di Michelangelo, così da agganciare i temi del restauro al mondo dei Big Data Un po’ per caso, quello spunto fu poi il seme che ispirò Davide Rampello, curatore dei contenuti del Padiglione Italia a Dubai. In un primo momento, la sua idea era di riprendere un calco del David risalente al XIX secolo e posizionarlo al centro del percorso espositivo. Nelle conversazioni con il sindaco di Firenze emerse un’idea diversa: fondere il passato e il futuro dell’Italia utilizzando la scansione e la stampa 3D per realizzare la statua. Fu questa la strada scelta. Questa scansione è oggi nelle mani di alcuni tra i migliori ricercatori del campo. Ma il potenziale del progetto è quello di estendere questo paradigma di conversione fisico-digitale all’intero patrimonio culturale nazionale. Per l’Italia, può essere un modo per tornare a fare innovazione nel campo della conservazione, mettendo insieme passato e futuro. Quelli citati non sono che punti di partenza. Le sfide aperte sono davvero moltissime: dagli Nft per valorizzare il nostro patrimonio artistico in maniera inedita, fino alla prospettiva di organizzare a Roma l’Expo del 2030, nuovo “living lab” multidisciplinare. Le tecnologie offrono risposte: ora è tempo di iniziare, come suggeriva Price, a farci le domande giuste.