Sopra la media europea, specie per la capacità di saper riciclare materiali e mettere in piedi processi dove gli sprechi sono davvero pochi, ma con ancora molti settori indietro rispetto ad altri. Il tredicesimo rapporto GreenItaly, presentato della Fondazione Symbola e Unioncamere (in diretta streaming sul sito e sui canali social di Symbola), mostra l’usuale bicchiere mezzo pieno in fatto di economia legata alla transazione ecologica. Ci sono alcuni punti di forza, ma anche debolezze iniziando dallo scraso sviluppo delle rinnovabili.
A illustrare la ricerca su dati e storie della green economy italiana ci sono Ermete Realacci, presidente Fondazione Symbola; Andrea Del Prete, presidente di Unioncamere; Catia Bastioli, amministratrice delegata di Novamont; Agostino Re Rebaudengo, presidente di Elettricità Futura; Luca Ruini presidente di Conai. A coordinare la presentazione la giornalista Manuela Rafaiani.
“C’è un’Italia che può essere protagonista con l’Europa alla Cop27 in Egitto”, ha spiegato Realacci. “Un’opportunità per rafforzare l’economia e la società e coinvolge già oggi due imprese manifatturiere su cinque. Possiamo dare forza a questa nostra economia e a questa idea di Italia grazie alle scelte coraggiose compiute dall’Unione Europea con il Next Generation UE e al Pnrr”. Spesso la burocrazia ostacola il cambiamento necessario, sottolinea il rapporto, ma le opportunità sono tali che sarebbe una sciocchezza non coglierle.
Sono oltre 531 mila le aziende che nel quinquennio 2017-2021 hanno deciso di investire in tecnologie e prodotti green. In dettaglio si tratta del 40,6% delle imprese, valore che sale al 42,5% nella manifattura. Secondo il rapporto le realtà che hanno cominciato a puntare su processi e tecnologie più efficienti e maggiormente rispettose dell’ambiente sarebbero più dinamiche sui mercati esteri rispetto a quelle che non investono, il 35% delle prime prevedono un aumento nelle esportazioni nel 2022 contro un più ridotto 26% delle restanti. E percentualmente aumenterebbe il fatturato, 49% contro 39%, e le assunzioni, 23% contro 16%.
La Lombardia è in testa per numero di aziende con 90,500, seguita da Veneto con 51,780, Lazio, Campania, Emilia-Romagna, Piemonte, Sicilia, Toscana, Puglia, Marche. In fondo Basilicata, Molise e Valle d’Aosta. Se invece si guarda alle province e al valore complessivo delle realtà che hanno investito in tecnologie o soluzioni green, al primo posto c’è Roma e subito alle sue spalle Milano, Napoli, Torino, Bari, Brescia, Firenze, Bergamo, Vicenza e Salerno. In fondo, fra le prime venti, Catania, Monza e Varese.
Siamo, come già rilevato il passato, al primo posto nell’economia circolare anche ma non solo nel dei rifiuti, urbani e speciali: 83,4% (2020). Un risultato ben superiore alla media europea che è del 53,8% e a quella degli altri grandi Paesi come Germania (70%), Francia (64,5%) e Spagna (65,3%). A sottolineare il potenziale dell’Italia nella valorizzazione di materia a fine vita, anche il quarto posto al mondo come produttore di biogas, prodotto da frazione organica, fanghi di depurazione e settore agricolo, dopo Germania, Cina e Stati Uniti. Nel biennio 2020-2021 si è anche consolidato la capacità di riciclo industriale dell’Italia, specialmente nel comparto cartario, che ha visto in tutti i settori incrementare la quota di materie seconde impiegate. A questo si aggiungono i primati nella produttività nell’uso di materie prime, nel rapporto fra prodotto interno lordo e consumo domestico di materia, nella produttività per consumi energetici e un buon posizionamento relativo all’efficienza delle emissioni.
Nell’ultima classifica Eco-Innovation Index, che illustra i risultati dell’eco-innovazione negli Stati membri dell’Ue attraverso cinque grandi macroaree, i 27 Paesi dell’Unione in tre gruppi numericamente omogenei in base ai risultati: i 9 con la migliore punteggio, altri 9 Paesi che sono nella media e infine i 9 Paesi che hanno fatto segnare in graduatoria i risultati relativamente peggiori.
Il Lussemburgo è primo con 171 punti, seguito dalla Finlandia con 157 punti, poi Austria e Danimarca, entrambe con uno score di 150 punti. Ancora punteggi sopra la media per Svezia, Germania, Francia, Spagna ed Olanda, che chiude il gruppo degli Eco-I Leader. L’Italia, con 124 punti è nel gruppo intermedio, distinguendosi però come l’unico Paese con un risultato migliore della media Ue che è di 121 punti. Scorrendo la graduatoria seguono poi quelli più indietro come Lituania (88 punti), Croazia (86 punti), Slovacchia (82 punti), Cipro (79 punti), Romania (71 punti), Ungheria (69 punti), Malta (67 punti), Polonia (63 punti) e Bulgaria (50 punti).