Controllare le emissioni per rallentare il preoccupante fenomeno legato ai cambiamenti climatici, ridurre l’inquinamento, abbassare i costi energetici, favorire un modello di sviluppo più sostenibile. Da questo punto di vista per l’Italia la transizione verso un’economia verde procede tra luci e ombre. Secondo gli ultimi dati di Terna (la società che gestisce la rete elettrica nazionale), considerando tutte le fonti rinnovabili, febbraio ha visto un forte incremento di capacità installata (769 MW, più 234%) rispetto allo stesso periodo del 2022, grazie soprattutto alla crescita del fotovoltaico. Le fonti di energia alternativa hanno però coperto a febbraio solo il 27,5% della domanda elettrica totale; inoltre, se le produzioni da fonte idrica e fotovoltaica sono rimaste sostanzialmente stabili, sono risultate in calo quella termica, eolica e geotermica. Occorre dunque accelerare: il Piano per la Transizione Ecologica prevede che, entro il 2030, la generazione di energia elettrica in Italia dovrà essere ricavata al 72% da fonti rinnovabili, con l’obiettivo di arrivare al 95-100% nel 2050. Sul tema si è espresso anche il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, che ha evidenziato come «la programmazione nazionale sarà rivista con il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima per arrivare più avanti ad autorizzare dai 12 fino a 14 GW l’annodi capacità rinnovabile, dall’attuale impegno di circa 7». A dare per la prima volta uno spaccato a livello produttivo del settore in Italia è il rapporto Filiere del Futuro realizzato da Fondazione Symbola e Italian Exhibition Group. Quello che emerge, si legge nel rapporto, “è un tessuto di imprese distribuito sul territorio ín tutti i segmenti della filiera”, tra le quali vanno moltiplicandosi soluzioni e tecnologie in campo di stoccaggio, produzione, design. In base ai risultati, complessivamente sono 21.378 le imprese che operano nel settore delle rinnovabili. Guardando ai territori, la Lombardia è la regione con la maggiore presenza di imprese in Italia, seguita dal Lazio. Mentre più a distanza si collocano Veneto, Campania ed Emilia-Romagna. Le imprese attive nel settore, secondo il rapporto, mostrano un numero medio di addetti pari a 13,4 unità, valori superiori di 3,6 volte rispetto alla totalità delle imprese extra-agricole. Le attività più diffuse sono invece relative ai segmenti installazione e manutenzione (44,1%). Seguono commercio (14,1%), manifattura (11,2%), produzione e distribuzione energia (7,2%), consulenza, collaudo e monitoraggio (7,1%). Una filiera, sottolinea il rapporto, che “dovrà rispondere alla crescente domanda di energia da fonti rinnovabili trainata dalle politiche, come nel caso delle comunità energetiche, ma soprattutto dalle imprese”. Non solo energie rinnovabili. La transizione verso l’economia green ha visto crescere negli ultimi anni il peso dell’economia circolare, ovvero un nuovo modello di consumo nel quale la materia prima contenuta nei prodotti giunti a fine vita non finisce più in discarica, trasformandosi in rifiuto, ma torna a vivere per altri usi. A questo proposito il rapporto “Il Riciclo in Italia 2022” realizzato dalla Fondazione Sviluppo Sostenibile evidenzia come l’Italia rappresenti un’eccellenza a livello europeo nel settore del riciclo dei rifiuti urbani e speciali-industriali prodotti, con una quota del 72% contro una media europea del 54%. Inoltre, il nostro Paese registra ottime performance anche sul tasso di utilizzo circolare della materia: con una quota del 21,6%: siamo secondi solo alla Francia (22,2%) e molto più avanti della media Ue (12,8%). A dare il proprio contributo sono anche le stesse imprese. Ad esempio, impiegando materiali ecosostenibili per la realizzazione dei prodotti o adottando processi (come il riutilizzo degli scarti) che puntano a ridurre l’impatto ambientale delle attività aziendali. Va però detto che, secondo il Circularity Economy Report 2022, elaborato dalla School of management del Politecnico di Milano, se le pratiche di economia circolare sono sempre più diffuse nelle aziende italiane, occorre ancora favorire l’interazione tra stabilimenti di filiere differenti perché solo in questo modo si riesce a massimizzare il riutilizzo di prodotti giunti a fine vita. Green economy significa anche immobili sempie più efficienti energeticamente. A questo proposito Malia vanta uno dei patrimoni più obsoleti d’Europa, considerato che circa il 65% degli edifici si trova nelle due classi energetiche peggiori (F o G). Ma il cambio di passo sembra ormai inevitabile. Il Parlamento Ue ha infatti da poco approvato la nuova direttiva “Case Green” (adesso in fase di trattativa tra Commissione e Consiglio) in base alla quale entro il 2030 tutti gli edifici residenziali in Europa dovranno raggiungere almeno la classe di prestazione energetica.