Tra il V e il XII secolo, per diffondere il cristianesimo nella Carnia, il patriarcato di Aquileia iniziò la costruzione di una serie di chiese plebane, le pievi, per convertire le popolazioni alpine pagane, all’epoca concentrate nei pochissimi villaggi esistenti.
Edificate in posizione sopraelevata per controllare le vallate, queste chiese erano sempre provviste di fonte battesimale, per amministrare i sacramenti alle popolazioni locali.
Oggi, nel silenzio dei boschi e delle valli alpine attraversate dal Tagliamento, è possibile visitare le 10 pievi storiche della regione percorrendo il Cammino delle Pievi in Carnia, un anello lungo 280 km quasi interamente in Friuli-Venezia Giulia, con un breve tratto in Veneto. Oltre al valore storico-religioso, il percorso offre panorami, sentieri, ruscelli e boschi incontaminati, in una delle aree meno antropizzate d’Italia: escluso Tolmezzo, infatti, gli altri 26 centri attraversati sono tutti piccoli comuni.
Il punto di partenza è considerato Imponzo, sul torrente But, da cui si arriva a Illegio, frazione di Tolmezzo, passando per la Pieve di San Floriano, edificata nel IX secolo e al cui interno sono conservate una croce decorata con smalti di Limoges e un altare in legno intagliato del XV secolo.
Si prosegue quindi passando per il centro abitato di Tolmezzo – sede del Museo Carnico delle Arti Popolari, che racconta le tradizioni della regione dal XIV al XIX secolo – in direzione della Pieve di Santa Maria Oltre But.
Costruita su uno sperone di roccia, dominava la Via Iulia Augusta, che portava alla provincia romana del Norico, corrispondente alle attuali Austria e Baviera.
Attraversato il Tagliamento, le successive chiese plebane che si incontrano sono quelle di Cesclans, nel comune di Cavazzo Carnico, distrutta e ricostruita a seguito del terremoto del 1976, e quella di San Martino a Verzegnis, non lontano dal lago artificiale del paese.
Il cammino prosegue a valle, per Villa Santina, dove sorge la Pieve di Santa Maria Maddalena, che ospita una copia del polittico ligneo del 1448 di Domenico da Tolmezzo. L’originale è esposto invece nel Museo Diocesano d’Arte Sacra di Udine.
Il percorso compie quindi una piccola deviazione verso nord, entrando nella Val Degano, presso il piccolo centro abitato di Raveo, che fu travolto dalla rotta di Caporetto, prima di entrare nei comuni di Enemonzo e Socchieve, che ospitano rispettivamente le pievi dei Santi Ilario e Taziano e quella di Santa Maria Annunziata, ricostruite dopo il terremoto del 1700.
Con la tappa successiva, nei comuni di Forni di Sotto e Forni di Sopra, si raggiungono le Dolomiti. Qui, tra i borghi del Parco Naturale delle Dolomiti Friulane, si trova la Pieve di Santa Maria del Rosario, nata su una preesistente chiesa del VII secolo di origine longobarda.
Superato il tratto veneto in Cadore, tra i comuni di Vigo e Santo Stefano, si continua per Ovaro, inserito nel club dei “borghi autentici d’Italia”. Tra le frazioni di Agrons e Cella, si visitano la Pieve di Gorto e il Museo da Plêf, dove sono custoditi oggetti di età romana e longobarda emersi durante scavi archeologici.
Con l’ultima tappa del cammino si arriva a Zuglio, l’antica città romana di Iulium Carnicum, sede della Pieve di San Pietro, la più antica e importante della Carnia, menzionata già nell’808, quando fu distrutta dalla popolazione nomade degli Avari, durante le invasioni barbariche.
Questo contributo fa parte della rubrica Cammini d’Italia, parte del rapporto Piccoli Comuni e Cammini d’Italia, realizzato da Fondazione Symbola e Fondazione IFEL.
Progetto grafico a cura di Bianco Tangerine.