Il Cammino Minerario di Santa Barbara rappresenta allo stesso tempo un percorso religioso e storico, naturalistico e antropologico.

I suoi 407 km di tragitto ad anello nel sud della Sardegna, nella provincia di Carbonia-Iglesias, ripercorrono la storia estrattiva dell’isola nel Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna, patrimonio UNESCO dal 1998.

Ma tra le vecchie mulattiere e le ferrovie che trasportavano i minerali dai giacimenti ai siti di lavorazione, si attraversano anche luoghi religiosi dedicati a Santa Barbara (patrona dei minatori), siti archeologici della civiltà nuragica e i monti e le coste della Sardegna meridionale, la parte meno turistica e più autentica dell’isola.

Solamente il 25% del cammino batte strade asfaltate e centri urbani, e i comuni toccati dal suo percorso sono 23, di cui 14 piccoli.

Partendo da Iglesias, si scala il Monte Agruxiau e si arriva al villaggio minerario di Nebida, incontrando diverse cappelle dedicate a Santa Barbara, prima di giungere a Masua, altro sito estrattivo dove si trovano i resti di Porto Flavia, infrastruttura costruita a picco sulla scogliera per caricare i minerali sulle navi.

Continuando a seguire la costa si passa per Buggerru, dove è possibile visitare il monumento ai 4 minatori uccisi nel 1904, quando l’esercitò sparò su una folla di manifestanti che protestavano per le condizioni di lavoro disumane. Il paese ospita anche due grotte, quella de S’Acqua Gelada e quella delle Lumache, chiamata così per le lumache fossili visibili sulle pareti.

Superate le dune di Portixeddu e Piscinas, il cammino si allontana dal mare e si dirige verso l’interno spingendosi fino a Guspini.

Nei dintorni del paese si trovano numerose testimonianze della civiltà nuragica, come il Nuraghe di Saurecci e il pozzo sacro Sa Mitza de Nieddinu e del Neolitico, oppure come i menhir di Genna Prunas e Pedras Longas.

Dopo aver attraversato un breve tratto della Piana del Campidano, si entra nelle foreste del Monte Linas fino ad arrivare a Villacidro, facendo tappa alla chiesa dedicata a Santa Barbara. Dal paese si sale quindi sui boschi dei Monti Mannu, tra foresti di lecci, rocce di granito e le miniere di Arenas, Baueddu, Malacalzetta e San Benedetto, per raggiungere Domusnovas, paese noto per ospitare la Grotta di San Giovanni, di origine carsica, usata come rifugio già nella preistoria, epoca in cui venne fortificata con delle mura che ne bloccavano i due accessi. Per via della sua forma, un tempo era percorribile addirittura in macchina, mentre oggi il traffico veicolare è stato proibito.

Dal paese si attraversa di nuovo un tratto di pianura fino a risalire lungo i boschi dell’Oasi Naturalistica di S’Ortu Mannu e passare per il villaggio minerario abbandonato di Orbai, prima di raggiungere il Basso Sulcis nei paesi di Nuxis e Santadi, dove si può visitare l’area archeologica di Pani Loriga, un insediamento fenicio del VI secolo a.C, costituito da un’acropoli fortificata e due necropoli.

Arrivati a Masainas si può scegliere di visitare l’isola di Sant’Antioco, sede dell’antica città fenicia di Sulki, che dà origine al nome della regione del Sulcis e le cui rovine sono ancora visibili, o proseguire per Carbonia e Gonnesa, dove l’ultima miniera di carbone italiana, nei pressi del Monte Sinnai (nella frazione di Nuraxi Figus), è stata chiusa nel 2019. Dopo la tappa alla miniera di Bacu Abis, il più antico sito carbonifero del Sulcis, si fa ritorno a Iglesias, chiudendo l’anello che compone il cammino.

 


Questo contributo fa parte della rubrica Cammini d’Italia, parte del rapporto Piccoli Comuni e Cammini d’Italia, realizzato da Fondazione Symbola e Fondazione IFEL.
Progetto grafico a cura di Bianco Tangerine.