L’Appennino è il risultato di un complesso processo di trasformazioni, iniziate nelle ere più remote della storia del Pianeta e tuttora in corso. Un cantiere geologico, con vette che arrivano a sfiorare i 3mila metri (il Corno Grande raggiunte i 2.912 metri) , in cui tutti gli elementi ancora mutano e cercano la loro stabilità. A differenza delle Alpi, in cui si ricordano cime solenni che da sole evocano storie straordinarie (Rosa, Cervino, Adamello), qui quasi mai primeggiano nomi propri di montagne, ma aggregati geologici come i Sibillini, le Alpi Apuane o i Monti della Laga.
La matrice geologica della montagna Appenninica alterna tratti omogenei e monotoni (che coprono brani di estrema complessità) a tracce diversificate di una storia antichissima di terre, movimenti e trasformazioni. Le radicali diversità sono attenuate dalla copertura vegetale, da cui spiccano come monumenti isolati i “grandi sassi”, come quelli romagnoli, abruzzesi o degli altopiani isolati: ad esempio Bismantova o gli Alburni.

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[Campagna sull’#Appennino promossa dal Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano e dal Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, monte Falterona e Campigna; realizzata da Symbola e sostenuta dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare]