Possono essere paragonate ai banchi di krill: migliaia di minuscoli crostacei che nuotano insieme. Sono piccolissimi, ma da loro dipendono la salute e l’equilibrio dell’ecosistema oceanico. Anche in Italia sono i piccoli a fare la differenza. Le micro imprese sono gli attori principali della green economy: il 44,8 per cento ha fatto investimenti green, contro il 39,7 delle medie e grandi e il 36,1 delle piccole.Oltre il 55 per cento dei brevetti relativi a energie alternative e gestione di rifiuti sono stati depositati a livello europeo da micro e piccole imprese: rispettivamente il 37 e il 18 per cento, contro il 25 delle medie e il 20 delle grandi. Ma ricoprono un ruolo fondamentale anche quando parliamo di cultura, turismo, leadership femminile e impiego giovanile. A loro Fondazione Symbola, Confartigianato, Cna e Casartigiani hanno dedicato “Artigiani del futuro”, un rapporto diviso in due che mostra nella prima parte il ruolo giocato dalle piccole e micro imprese all’interno del tessuto economico italiano e nella seconda (in uscita nel 2023) i volti e le storie di chi finora è rimasto invisibile.
I dieci punti
«Il rapporto evidenzia in dieci dati la funzione che queste imprese svolgono in tanti ambiti, – spiega Domenico Sturabotti, direttore di Symbola. – Essere piccolo non è uno svantaggio, è costitutivo». Come si legge sul rapporto, Casartigiani, Cna, Confartigianato e Symbola con “Artigiani del futuro” hanno selezionato dieci primati delle micro e piccole imprese, ma potevano essere molti di più. Ecco quelli che si trovano nel rapporto: attori della green economy, laboratori dell’innovazione green, più forti in rete, infrastruttura turistica del Bel Paese, custodi del patrimonio gastronomico, motore della cultura e della creatività, presidio economico dei piccoli comuni, hub del lavoro giovanile, in prima linea nell’integrazione, in marcia per la parità di genere.
Eco investimenti e brevetti green
Nell’ultimo quinquennio sono state 472.630 le micro e piccole imprese (rispettivamente 377.880 le e 94.750) che hanno effettuato eco-investimenti su un totale di 531mila aziende. Ma anche dal punto di vista della tecnologia e dei brevetti sono all’avanguardia. «Quando si parla di artigianato si pensa a Geppetto, – spiega Ermete Realacci, presidente di Symbola – In realtà le imprese artigiane vanno dall’high-tech al turismo. Vogliamo scardinare con i numeri la visione secondo cui queste sono un punto di debolezza per il Paese a causa della loro dimensione». Quel che è certo è che non vanno lasciate sole: «Devono essere aiutate. Vanno accompagnate sui mercati esteri e finanziari, – continua -. Sono essenziali come supporto alle medie imprese, e sono un elemento chiave per i distretti».
Rete, turismo, enogastronomia, creatività e presidio locale
Il rapporto evidenzia come i contratti di rete con capofila una micro o una piccola impresa rappresentino il 96% di quelle attivate dal 2010 al 2021. Dei 6.553 contratti in essere, 5.731 hanno a capo una micro (87%), 568 una piccola (9%) e solo 254 una medio-grande (4%). Ma anche quando parliamo di accoglienza e turismo sono i piccoli a reggere l’intero sistema: nel 97 per cento dei comuni con strutture ricettive, la totalità dell’offerta è costituita da micro e piccole imprese. Parliamo di 4.618 comuni italiani sul totale di quelli con strutture ricettive (4.762). Se il nostro cibo e il nostro patrimonio artistico sono un vanto possiamo ringraziare gli artigiani. Oltre il 91 per cento delle imprese Igp sono micro, quota che arriva al 94,86 per cento per le Dop. Guardando ai settori culturali e creativi, rappresentano il 99,7 per cento degli operatori (97,2 micro e 2,5 piccole). Dato medio che arriva quasi al 100 per cento nei settori dell’architettura, del design, delle performing arts e in settori come software e videogames. Nei comuni con meno di 5mila abitanti, sono il 99,4 per cento di quelle extra-agricole sul territorio. Andando ad analizzare la distribuzione delle micro e piccole imprese per area geografica, i piccoli comuni del Nord-ovest concentrano la quota maggiore di micro (38,5%), seguiti da Mezzogiorno (29,5%), Nord-est (19,6%) e Centro (12,3%). Anche le piccole imprese sono concentrate maggiormente nei piccoli comuni del Nord-ovest (43,1%), la quota minore invece è al Centro (10,8%). Mentre sono quasi 4 mila (3.826 su un totale di 5.532, il 69,2%) i piccoli comuni nei quali l’occupazione è legata al 100% a micro e piccole imprese extra-agricole.
Giovani, donne e inclusione
Ma i “micro” sorprendono anche quando si parla di lavoro giovanile, inclusione e leadership femminile. In esse si concentra oltre l’80% dell’occupazione straniera attiva in Italia, con punte dell’98,2% e del 91,1% rispettivamente per le popolazioni cinese e ucraina. La quota delle microimprese femminili (guidate da donne) è del 22,5% (1 azienda su 5): più del doppio di quella di medie e grandi, che si fermano a 9,4%, mentre le piccole sono a quota 15% (1 su 6). Il 68% dei giovani trovano qui la loro prima occupazione nel privato e il 77,2% degli occupati under 30 nelle micro imprese ha un contratto a tempo indeterminato (medie e grandi rispettivamente 65,1% e 51%). «Proust diceva che un vero viaggio di scoperta non è cercare nuovi posti ma avere nuovi occhi e troppo spesso noi non guardiamo l’Italia con questo spirito – spiega Realacci – Ci facciamo leggere dagli altri. Ed è per questo che i dati spesso ci sorprendono».