Marco Caprai è stato incoronato “re del Sagrantino” dopo aver fatto riscoprire l’antico sapore di un vino nato da un vitigno che cresce da più di 500 anni sulle colline montefalchesi. Adesso la Cantina Arnaldo Caprai non solo custodisce il patrimonio genetico di questo prezioso prodotto, re-inventato in chiave moderna, ma lo esporta con successo in tutto il mondo. Dal 1988 ad oggi, ovvero da quando ha preso le redini dell’impresa del padre, Marco Caprai ha quadruplicato gli ettari dove vengono coltivate le viti, sulla collina di Montefalco (PG). A questo aumento della produzione corrisponde un bisogno crescente di manodopera, che la Cantina negli ultimi anni ha avuto difficoltà a soddisfare. Le aziende agricole stanno soffrendo a causa della mancanza di persone disposte ad accettare un impiego a tempo determinato, legato a fattori non prevedibili come le condizioni climatiche e talvolta molto impegnativo dal punto di vista fisico. L’imprenditore umbro ha inoltre constatato come il lavoro rurale sia diventato meno concorrenziale con l’avvento del Reddito di cittadinanza, mentre prima era più semplice entrare in contatto con giovani che erano alla ricerca di lavori stagionali, magari per mantenersi durante gli studi. Ma in questa difficile situazione, parzialmente aggravata dalla pandemia, la società Caprai ha trovato una risposta grazie alla relazione e al dialogo con la Caritas di Foligno. Una risposta capace di trasformare accoglienza e inclusione in un vantaggio competitivo per l’impresa. L’idea è tanto semplice quanto efficace: unire da un lato l’offerta di lavoro presso la Cantina e dall’altro la necessità dei richiedenti asilo di trovare un lavoro dignitoso una volta arrivati in Italia. La Caritas di Foligno segnala all’impresa i migranti interessati ad un impiego nelle vigne, Caprai li accoglie proponendo di inquadrarli come salariati agricoli. Oltre ai benefici dovuti ad un contratto regolare, i neoassunti della Cantina Arnaldo Caprai hanno la possibilità di sviluppare le competenze necessarie alle mansioni lavorative che andranno a svolgere attraverso un corso di formazione dedicato alle fasi colturali (potatura, scacchiatura, diradamento e raccolta). Terminato il lavoro stagionale, i richiedenti asilo possono proporsi l’anno successivo continuando il percorso iniziato in azienda, talvolta invitando la propria famiglia in Umbria, oppure trovare occupazione presso altre imprese in Italia o Europa. L’occasione di un lavoro nell’ottica della Cantina Caprai è infatti un’opportunità di inserimento nella società e consente ai migranti una maggiore inclusione rispetto ad una quotidianità vissuta ai margini nei centri di accoglienza. L’impresa dal canto suo vede stabilizzare il flusso di manodopera, evitando il rischio di un abbandono delle vigne. Dal 2016, quando è iniziato il progetto, sono sempre più i richiedenti asilo che hanno trovato un’opportunità concreta di lavoro presso la Cantina Arnaldo Caprai e attualmente i migranti costituiscono due terzi del totale dei dipendenti. Alla rete di solidarietà del terzo settore si è unito il passaparola, e molte volte sono gli stessi ragazzi che hanno lavorato nella Cantina a segnalare ai loro contatti l’opportunità di inserimento in azienda all’arrivo in Italia. D’altronde, come ha raccontato più volte lo stesso Marco, si tratta di persone volenterose e molto preparate, che spesso conoscono più di una lingua, e ogni mattina partono con il buio da Foligno, per percorrere sette chilometri in bicicletta e iniziare il turno in azienda a Montefalco alle sei del mattino. La collaborazione tra la Cantina Arnaldo Caprai e la Caritas di Foligno, insieme ad altre associazioni, è anche l’occasione per dimostrare l’inconsistenza dei tanti pregiudizi sui richiedenti asilo che raggiungono il nostro Paese, nonché la dimostrazione che l’accoglienza si può trasformare in un doppio beneficio sociale ed economico: non solo per chi la riceve, ma anche per chi la offre.