È stato per il cinema un anno di conferme ma anche di piccole e grandi sorprese, quest’ultimo trascorso. In uno scenario mondiale in grande cambiamento, l’arrivo degli operatori Over the Top sta modificando drasticamente le regole del gioco, con conseguenze su tutta la catena del valore. In un anno deludente per il mercato nostrano, alcuni successi italiani del 2016 confermano il loro appeal aldilà dei confini nazionali. Piccole e grandi novità provengono dal mondo della distribuzione, che riserva uno spazio crescente al documentario, in Italia e all’estero. Genere che si conferma un elemento presente, stabile e fondamentale anche della produzione cinematografica italiana. Molte sono le speranze legate all’attuazione della prima legge organica sull’intero settore audiovisivo, e il 2018 è il primo anno in cui potranno dispiegarsi i suoi effetti.
Innanzitutto si conferma la crescita impetuosa del mercato cinese, il cui box office ha superato il Nord America nel primo trimestre dell’anno[2]: rispetto al primo trimestre 2017, il mercato cinese cresce del 39%. Il trend del botteghino USA è in declino, mentre le visualizzazioni di contenuti online, hanno raggiunto i 167,5 miliardi, +41%: gli americani passano il 49% del loro tempo dedicato ai media sulle piattaforme digitali.
Nel frattempo, cresce la concentrazione intorno a pochi titoli di grande successo a detrimento dei margini di profitto: i primi 25 film hanno infatti conquistato il 59% del mercato nazionale, mentre i profitti del settore, seppure in ripresa rispetto al 2016, non sono tornati ai livelli del 2015. In uno scenario in grande cambiamento, l’arrivo degli operatori Over the Top sta modificando drasticamente le regole del gioco, con conseguenze su tutta la catena del valore. Un elemento di continuità con l’anno precedente è il perdurare dell’antagonismo tra fornitori di servizi in streaming e produttori di contenuti e broadcaster: se da un lato questi ultimi cercano di resistere al dilagare dei nuovi servizi digitali, d’altro canto riconoscono che il modello di offerta proposto da questi, Video on Demand (Vod) o Subscription Video on Demand (Svod), è molto attraente per i consumatori. Un’avvincente sfida si è consumata nel corso di questa estate tra Disney, il brand più prestigioso a livello mondiale nel settore dei media tradizionali, e Netflix il gigante dello streaming, che proprio nello stesso periodo ha varcato la soglia dei 100 milioni di abbonati di cui metà fuori dagli Stati Uniti. Lo scorso 8 agosto la casa madre di Topolino, della Pixar e della Marvel ha infatti annunciato l’intenzione di lanciare entro il 2019 due servizi su una propria piattaforma streaming per veicolare i propri contenuti originali e di conseguenza di ritirare progressivamente i propri contenuti da Netflix con il quale aveva sottoscritto una partnership. Del resto Netflix già da diversi anni ha deciso di investire risorse sempre più massicce nella produzione di contenuti originali, riducendo la dipendenza da altri fornitori di contenuti. Basti pensare che nel 2016 il provider ha distribuito 126 serie tv e film raggiungendo 8 miliardi di dollari di fatturato, 6 dei quali destinati al budget per la creazione di nuove produzioni nel 2017 e 7 nel 2018. Non sarà facile per Disney competere con il popolare servizio di Netflix sotto il profilo tecnologico e della politica di prezzi. Ma anche per la qualità delle produzioni grazie alle quali ha collezionato quest’anno decine di Emmy e per la sua crescente potenza di fuoco. Nel 2017, in soli tre mesi, ha varato 14 nuove serie originali, 13 speciali comici, 6 documentari, 7 serie per bambini e nove film[3].
Che la battaglia sui contenuti sia giunta ad una fase di piena maturazione è acclarato. Si impone per le major di Hollywood un ripensamento complessivo delle proprie strategie di investimento e diversificazione, pena la perdita progressiva di rendite di posizione a vantaggio dei giganti della Silicon Valley. Ma anche il segmento della distribuzione si oppone fortemente a questi nuovi modelli di fruizione. L’anno scorso il festival di Cannes aveva accolto nel suo cartellone ben due produzioni cinematografiche di Netflix, Okja e The Meyerowitz Stories. Ma subito erano scoppiate le polemiche, soprattutto dei rappresentanti delle sale cinematografiche francesi, contro un modello di distribuzione che prevede la diffusione dei titoli direttamente sulla piattaforma di streaming senza passare dai cinema. Un modello a cui anche gli organizzatori del festival si erano detti contrari: un’opposizione che è stata ribadita ufficialmente per l’edizione 2018 (oltre al divieto di selfie sul tappeto rosso!), e ha ricevuto l’autorevole endorsement di Steven Spielberg. Si tratta di retroguardia fanatica o legittima rivendicazione della settima arte?
Eppure la qualità dei contenuti prodotti dagli operatori cosiddetti Over the top Ott non è in discussione: addirittura nel 2017 per la prima volta, due servizi di streaming hanno ottenuto nomination agli Academy Awards e vinto alcune delle statuette. Amazon, titolare del servizio streaming Prime, ha ottenuto sei nomination, tra cui quella per “miglior film” (per Manchester by the sea), e ha portato a casa i premi per Miglior attore e Miglior sceneggiatura originale. A questi si aggiunge l’oscar per il miglior film in lingua straniera, assegnato all’iraniano The Salesman, che Amazon distribuisce negli Stati Uniti. Anche la concorrente Netflix era presente alla cerimonia, con tre nomination (nelle categorie miglior corto documentario e miglior documentario) e vincendo un Academy Award in quest’ultima categoria con The White Helmets[4]. Quello che è certo è che gli studi cinematografici, di fronte a questa potenza di fuoco, dovranno impegnarsi a produrre di più per mantenere la propria rilevanza. Anche perché i prossimi competitor potrebbero chiamarsi Apple e Google. Google sta già commissionando serie originali per il suo servizio a pagamento, Red, e a marzo 2017 ha lanciato il servizio live di YouTube in abbonamento (al momento solo negli Stati Uniti) con un catalogo di 40 programmi live di broadcaster (tra i quali ABC, CBS, Fox, Nbc) con l’obiettivo di conquistare il pubblico degli under 35.
Alla luce di questi grandi cambiamenti, a livello europeo, grandi novità si preparano in ambito legislativo: la Commissione e il Parlamento europeo sono da tempo al lavoro per adattare il quadro normativo attuale del settore dei media al Mercato Unico Digitale. Il primo provvedimento varato da Commissione e Parlamento ed operativo a partire dal 1° aprile di quest’anno riguarda la possibilità di “viaggiare con i contenuti” (film, serie, musica, giochi, e-book) legalmente acquistati nel proprio paese di residenza. Ancora più accesa è la discussione intorno alla nuova direttiva Copyright. La Commissione prefigura un nuovo regime di responsabilità per gli intermediari online, prevedendo che essi, in accordo con i titolari dei diritti, mettano in essere meccanismi di riconoscimento automatico dei contenuti, per impedire o autorizzare che tali opere vengano messe a disposizione dalle piattaforme sui propri servizi[5]. Infine, è in corso anche il dibattito sulla revisione della direttiva Servizi Media Audiovisivi. Le regole sulla promozione delle opere europee verranno estese ai fornitori di contenuti online, che dovranno dare adeguata prominenza a queste ultime sui loro portali. Un’altra novità proposta dalla Commissione consiste nella possibilità, da parte degli Stati membri, di richiedere un contributo alla produzione dei contenuti europei a servizi VOD stabiliti in altri stati membri. Francia e Germania hanno già adottato misure di questo tipo. L’obiettivo delle nuove regole è di stabilire un level playing field nell’ambito del copyright e dei contenuti media audiovisivi, ma non vi è sempre consenso a riguardo. É vero che il panorama audiovisivo è molto cambiato negli ultimi dieci anni. Ed è vero anche che internet, le piattaforme e la digitalizzazione hanno avuto un effetto positivo sulla creatività. Il compito del legislatore non è semplice: un quadro normativo forward-looking dovrebbe non solo riflettere le esigenze degli operatori tradizionali, ma anche assecondare la produzione culturale, l’accesso alla cultura e il progresso tecnologico.
Nel frattempo le major di Hollywood stanno rivedendo i propri modelli di business. Un esperimento interessante è quello di Moviepass, una tessera che per 8 dollari permette l’ingresso al cinema per un messe: il modello Netflix applicato alle sale, o forse meglio, il modello di Google e Facebook. Infatti, secondo gli ideatori del servizio, il vero valore per i produttori di film non sarà tanto costituito dall’incasso del botteghino ma dai dati di chi va al cinema. In due mesi Moviepass ha attirato due milioni di persone, ma secondo gli esercenti il rischio è che queste si abituino all’idea che andare al cinema sia un’esperienza che costa (vale) poco. Ancora più clamoroso è il caso di A24, giovane società di distribuzione e produzione, il cui nome è un omaggio alla nostrana, omonima autostrada[6]. A24, grazie a strategie di marketing innovative e intelligenti[7], ha saputo trasformare film a basso budget in eventi imperdibili. Partiti nel 2013 con cinque pellicole, tra cui The Bling Ring di Sofia Coppola, sono arrivati al prestigioso traguardo dell’Academy Award per miglior film con Moonlight nel 2017[8]: oggi A24 è la società con cui tutti vogliono lavorare, perché sanno cogliere lo zeitgeist. È possibile che la riscossa di Hollywood passi per le società indipendenti? Non è forse un caso che A24 abbia sede a New York…
Restando sull’altra sponda dell’Atlantico, è stato invece un anno di conferme per il cinema messicano, paese che esprime il più alto potenziale creativo dell’America Latina e vanta una cinematografia sempre più sperimentale e apprezzata all’estero, sia in termini di export che di riconoscimenti ottenuti. Lo dimostrano la presenza di film messicani in oltre 400 festival o eventi cinematografici internazionali dal 2013, e il conseguimento di 100 premi internazionali solo nel 2016, e in una sequenza di Academy Awards[9]– culminata quest’anno nei due Oscar assegnati a The Shape of Water di Guillermo Del Toro, già vincitore a Venezia.
Sorpresa – ma è stata veramente tale? – per la scoperta, nell’industria cinematografica, di un vasto sistema di discriminazioni e molestie a danno delle donne che vi lavorano (ma anche uomini, si pensi al caso dell’attore Kevin Spacey). Il caso Weinstein ha scoperchiato il vaso di Pandora: l’eco dello scandalo è stata vasta, e probabilmente è stata una delle cause che ha portato al fallimento della società di distribuzione presieduta proprio da Harvey Weinstein. La vicenda ha generato l’hashtag virale #MeToo, e la rivista Time ha dichiarato Persona dell’anno The Silence Breakers, tutte coloro che hanno avuto il coraggio di rompere il silenzio. In sintonia con #MeToo, 141 attrici hanno firmato il manifesto Dissenso Comune, di cui l’attrice Paola Cortellesi si è fatta in qualche modo portavoce in un monologo tanto esilarante quanto amaro in occasione delle recenti premiazioni del David di Donatello. Servirà tutto questo a migliorare la situazione delle donne che lavorano in questo settore?
E a proposito di David, proprio da questi arriva un’altra conferma: i riconoscimenti assegnati a Napoli velata, Ammore e malavita, Gatta Cenerentola, La tenerezza rappresentano un premio all’identità e all’industria culturale napoletana e sono segno di una vitalità artistica fortemente radicata, così come ampiamente dimostrato dal premio Oscar Paolo Sorrentino e altri autorevoli registi come Martone, Capuano, Corsicato. Napoli ormai non è più solo la criminalità di Gomorra, né solo location suggestive, ma è in grado di esprimere generi e modelli narrativi diversi, dall’animazione al musical, dal thriller al fantasy. Tradizione, contaminazione e innovazione sul fronte artistico e produttivo, sostenute dalla Regione, che ha promosso la lungamente attesa legge regionale per il cinema, e dalla consistente attività della Film Commission Regione Campania, a supporto delle produzioni realizzate sul territorio.
Ma se lasciamo da parte lo scintillio delle cerimonie di premiazione, il 2017 è stato invece un anno deludente per il cinema italiano, almeno per quanto riguarda il box office: nel 2017 l’incasso totale dei botteghini nazionali è stato del -46,35% rispetto al 2016 e il risultato delle presenze è ugualmente sconfortante: -44,21%. Mentre il 2018 si è aperto in controtendenza, con risultati incoraggianti al botteghino – già le prime due settimane dell’anno hanno fatto registrare un +41% di incassi, grazie anche a due successi italiani, Come un gatto in tangenziale di Riccardo Milani e Benedetta Follia di Carlo Verdone -, e promesse di ottimi risultati grazie a uscite importanti (Sorrentino, Garrone, Golino, Rohrwacher). Tuttavia, nel 2017 nessuna produzione italiana ha superato i 10 milioni di euro: L’ora legale di Ficarra e Picone e Mister Felicità di Alessandro Siani, hanno ottenuto le performance migliori con 10,3 e 10,2 milioni di euro. Ha pesato l’assenza del fenomeno Zalone[10], ma non va sottovalutato neanche l’effetto sorpresa di Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese. E sono proprio questi i prodotti nostrani che hanno riscontrato un maggiore appeal a livello internazionale. Perfetti sconosciuti è stato un grande successo nei botteghini di mezzo mondo e i diritti del film sono stati venduti per numerosi remake[11]. Pietro Valsecchi (Medusa-Taodue) ha annunciato la lavorazione del remake francese di Quo vado? di Gennaro Nunziante. La trilogia Smetto quando voglio di Sydney Sibilla, dopo aver conquistato Cina, Germania, Russia, Giappone, Australia, sarà riprodotta in Spagna e negli Stati Uniti. Non va dimenticato poi che quest’anno Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino, regista e location tutte italiane, ha ricevuto numerosi riconoscimenti in festival internazionali, fino a vincere un Oscar per la miglior sceneggiatura non originale per James Ivory. Ciò a dimostrazione che le buone produzioni, in particolare le coproduzioni internazionali, hanno una strada aperta nonostante lo strapotere delle major americane[12].
Piccole e grandi novità vengono inoltre dal mondo della distribuzione: Sky Italia, Cattleya, Wildeside, Lucisano Group, Palomar e Indiana Production sono partner in Vision Distribution. La società, nata nel dicembre 2017 ha un catalogo variegato: Come un gatto in tangenziale, finora il miglior incasso italiano della stagione con oltre 9 milioni di euro, ma anche la nuova serie di Gomorra, e il documentario Caravaggio – L’anima e il sangue. Quest’ultimo è stato un vero e proprio caso, riuscendo a portare al cinema 130.000 spettatori, con un incasso di oltre un milione di euro in soli tre giorni di programmazione a febbraio: è diventato così il documentario d’arte più visto nella storia del cinema italiano. E proprio il genere documentario sta conoscendo un periodo felice nel nostro paese: piccole realtà, nate in provincia ma con un respiro mondiale lavorano per portare nelle sale italiane i migliori documentari prodotti in Italia e all’estero. Wonder Pictures, nata a Bologna nel 2013, nel 2016 registrava già ricavi per 1,43 milioni. Tucker Film, nata nel 2008 a Pordenone, è specializzata in piccole produzioni legate al territorio nonché nella distribuzione di opere asiatiche (tra le ultime Il prigioniero coreano di Kim Ki-Duk, presentato a Venezia), forte della partnership col Far East Film Festival di Udine. Del resto, nell’ultimo decennio, il genere si conferma un elemento presente, stabile e fondamentale della produzione cinematografica. Lo testimoniano anni di partecipazione e premi nei festival più prestigiosi, come confermato dalla robusta partecipazione di documentari italiani a Hot Docs, il maggiore festival e mercato di cinema documentario del Nord America: tre titoli nel 2017, quattro nell’edizione di quest’anno, di cui uno nel concorso principale, in cui mancava un titolo da 10 anni.
Dopo un’attesa lunga 50 anni, il 1° gennaio 2017 è entrata in vigore la nuova Legge Cinema n° 220/2016.Un restyling legislativo, fortemente innovativo, volto ad accrescere il valore del settore cinematografico, sia in termini monetari che culturali. È la prima legge organica sull’intero settore audiovisivo, considerando tutti i suoi comparti, tutti gli operatori e tutta la filiera: esercizio, sviluppo, produzione e distribuzione, ma anche rapporto con le televisioni. La riforma prevede la creazione di un fondo completamente autonomo per il sostegno dell’industria cinematografica e audiovisiva e pone fine alla discrezionalità. Grazie a questa legge saranno disponibili risorse certe per 400 milioni di euro all’anno, oltre il 60% in più rispetto ai fondi attuali, e verranno introdotti strumenti automatici di finanziamento con forti incentivi per i giovani autori e per chi investe in nuove sale e a salvaguardia dei cinema[13]. Si interviene così in modo sistemico sulla disciplina del settore del cinema e della produzione audiovisiva, riconoscendo il ruolo strategico dell’industria cinematografica come veicolo formidabile di formazione culturale e di promozione del Paese all’estero.
Parte di questa strategia è il piano di rilancio di Cinecittà, tornata sotto la sfera pubblica, affinché tornino in Italia le grandi produzioni: la prima grande produzione del 2018 è l’attesa trasposizione televisiva de Il Nome della Rosa per la regia di Giacomo Battiato, mentre stanno per arrivare Netflix e Paramount. Tra le iniziative previste anche la realizzazione di un Museo del cinema e dell’audiovisivo – Miac, che sarà pronto entro il 2018. Ed ancora, saranno realizzati due teatri di posa, sarà ricostruito il teatro 7 distrutto durante la seconda guerra mondiale ed è previsto anche un restyling complessivo degli studios, per un valore di circa 7 milioni di euro.
Nel corso del 2017 sono stati approvati i numerosi decreti attuativi. Chi è critico nei confronti della nuova disciplina di sistema sostiene che troppa materia è delegata a norme di secondo o terzo livello, rendendo la legge una scatola vuota e prona agli umori delle amministrazioni che via via si succederanno. Viceversa si replica che il dispositivo in tal modo è agile e sarà più semplice intervenire per adattarlo a un mercato che in continuo cambiamento. Comunque la si pensi, è lecito interrogarsi su quali saranno le intenzioni del futuro governo e se vorrà continuare a sostenere lo spirito della Legge Cinema.
I problemi restano, e certo non basterà la legge di sistema a risolverli: la concorrenza delle piattaforme in streaming, la pirateria, la stagionalità, la bulimia produttiva. Tanti film prodotti, molti dei quali quasi invisibili, distribuiti in meno di 20 copie. Le sale, spesso inadeguate all’evoluzione del pubblico. Eppure qualcosa sta accadendo. L’esempio positivo, anche in termini economici, è il nuovo cinema Anteo al Palazzo del Cinema di Milano. Dopo la ristrutturazione e l’inaugurazione, nel settembre 2017, in 4 mesi ha raddoppiato il pubblico, raggiungendo 230.000 presenze. È un vero next generation cinema, accoglie diverse forme di spettacolo e offre sempre più servizi che affiancano le classiche proiezioni (ristorazione, servizi educativi per bambini, cinema on demand). Un cinema che vuole essere anche luogo di incontro e aggregazione.
La campagna del cinema a 2 euro ha portato nelle sale 8 milioni di spettatori per la prima edizione, ed è stata rilanciata anche per il 2018 – alzando però il prezzo a 3 euro – ma è stata criticata dagli esercenti, per i quali si è rivelata quasi un boomerang, concentrando il pubblico nei giorni in cui era attiva l’iniziativa. Per arginare il calo degli spettatori, meglio puntare su prezzi differenziati, facilitazioni per giovani. O ancora, sul dynamic pricing. È quello che sta facendo dal 2016 Dynamitick, una start up milanese che utilizza un algoritmo proprietario per analizzare la domanda di mercato, i risultati di vendita dei biglietti, la propensione alla spesa dei clienti e altre variabili per determinare il prezzo del ticket. Le sale che lo hanno adottato hanno registrato un incremento di spettatori del 18% e di fatturato del 15%. E persino lo scorso anno, in Italia, nonostante una flessione del -13% di incassi ed ingressi, i cinema che hanno utilizzato l’algoritmo di Dynamitick hanno registrato, rispetto al mercato, un +8,42% di biglietti venduti e una crescita del 7,06% in termini di incassi.
Il presidente Mattarella, nel discorso tenuto al Quirinale in occasione della presentazione dei candidati ai David di Donatello 2018[14], ha ben colto lo scenario in cui si muove l’industria cinematografica, e in particolare quella italiana, e le sfide da affrontare, attrezzati di nuovi validi strumenti.
E non si può che condividere l’augurio del Presidente per una nuova primavera del cinema italiano. Abbiamo le risorse intellettuali, le energie umane, le forze organizzative per affrontare la nuova stagione con fiducia.
[2] Gli incassi del mercato cinese ammontano $3,2 miliardi (mentre USA e Canada incassano nello stesso periodo $2,9 miliardi. Le stime per l’intero anno parlano di una crescita tra il 15 e il 20%.
[3] Marco Valsania, La nuova sfida di Netflix: diventare la Disney hi-tech, in Il Sole 24 Ore, 19 agosto 2017.
[4] Netflix aveva ricevuto una nomination tra i migliori film anche ai Golden Globes 2016, con Beast of No Nation, mentre Amazon si è aggiudicata un premio nell’edizione 2017 per la miglior interpretazione maschile in Manchester by the Sea.
[5] Le nuove regole proposte, giustificate da uno scenario radicalmente trasformato rispetto a quando è entrata in vigore la Direttiva E-commerce (2001), vanno ad intaccare il regime di responsabilità per i servizi di hosting, creando aspettative da un lato ma anche incertezza e problemi di interpretazione dall’altro, ricalibrando il concetto di safe harbour finora garantito agli intermediari online. Grande rilevanza avranno gli obblighi di introdurre filtri preventivi, che secondo gli intermediari online, oltre a costituire violazione di quanto previsto nella direttiva e-commerce, rischiano di compromettere la libertà di impresa e la libertà di espressione e informazione.
[6] https://www.gq.com/story/a24-studio-oral-history
[7] Nel 2015, per promuovere Ex Machina, A24 creò su Tinder, senza averne l’autorizzazione, una chatbox di Alicia Vikander, protagonista del film. L’attrice chiese e ottenne di cancellare l’account, ma questo era stato tenuto online per il tempo necessario.
[8] L’Oscar per Moonlight è l’apice di una importante serie di nomination (24 dalla costituzione ad oggi) e vittorie: nel 2016 i film di A24 hanno vinto Academy Awards nelle categorie Miglior attrice (Brie Larson in Room), Miglior documentario (Amy), e Migliori effetti speciali a Ex Machina. Nel 2017, oltre al già nominato Oscar nella categoria Miglior Film, Moonlight si è aggiudicato il premio anche per la Miglior sceneggiatura non originale e Miglior attore non protagonista (Mahershala Ali).
[9] Nel 2014 a Alfonso Cuaròn, nel 2015 e 2016 a Alejandro Iñàrritu. .
[10] Quo Vado? aveva risollevato le sorti del cinema italiano superando se stesso e incassando ben 63,5 milioni di euro, vale a dire il 34% degli incassi e il 31% delle presenze in sala nel 2016; mentre nello stesso anno Perfetti sconosciuti aveva totalizzato 17,3 milioni di euro.
[11] In Spagna Perfectos desconocidos di Alex De La Iglesia ha incassato oltre 20 milioni di euro ed è stato tra i film più visti nel 2017; la versione turca Cebimdeki Yabanci è prodotta da Ferzan Özpetek; in Francia Le Jeu è prodotto da Medset, che ha tra i soci Pietro Valsecchi (Quo Vado? e gli altri film di Checco Zalone) e Mediaset. Altri remake del film sono previsti in Grecia, Germania, Qatar e Svezia.
[12] Quello dello sdoganamento del cinema nazionale non è un problema solo italiano: secondo un recente studio dell’Osservatorio europeo dell’audiovisivo (The circulation of European films outside Europe – Key figures 2016, 2017 disponibile al seguente link: https://rm.coe.int/export-2017/1680788fb4) tra il 2012 e il 2016 sono 650 i film venduti fuori dal continente (12 paesi), l’11% su un totale di 6.184 film prodotti in Europa (dato Lumiere aggiornato al 30 ottobre 2017), che hanno generato 82 milioni di ingressi, con una quota di mercato del 19%. Nella top 100 dei film che hanno venduto più biglietti fuori dall’Europa nel 2016, è Youth, di Paolo Sorrentino, il film italiano più visto (coproduzione Italia/Francia/Gran Bretagna/Svizzera), venduto in 9 dei 12 mercati del campione, totalizzando 453.594 biglietti.
[13] La prima ripartizione dei 400 milioni del fondo per il cinema e l’audiovisivo prevede 221 milioni per i crediti di imposta; 50 milioni per i contributi automatici e 32 milioni per i contributi selettivi; 40 milioni per la promozione; 12 milioni per la formazione; 30 milioni per il piano straordinario per le sale; 10 milioni per il piano straordinario per la digitalizzazione; 5 milioni per il settore speciale – Fondo di garanzia Pmi. I contributi automatici sono ripartiti in base ai risultati economici (incassi, vendite alle tv e piattaforme) artistici e culturali di un’impresa con le opere realizzate dal 1 gennaio 2017. I parametri economici pesano per il 60%, quelli creativi e artistici per il 40%. Il contributo sarà erogato solo nel momento in cui la casa di produzione avvia un nuovo progetto. I 50 milioni previsti per il 2017 saranno utilizzati per estinguere i debiti relativi ai contributi percentuali sugli incassi.
I contributi selettivi verranno ripartiti in questo modo: 960mila euro per le sceneggiature; 2,5 milioni per lo sviluppo e la pre-produzione; 5,7 milioni per la produzione di film di registi under 35; 3,8 milioni per la produzione di opere prime e seconde; 1,9 milioni per la produzione di documentari e corti; 2,5 milioni per la produzione di opere di animazione; 9,6 milioni per la produzione di film difficili.