«La coesione è un formidabile fattore produttivo, soprattutto in Italia», dice Diritte Realacci, presidente della Fondazione Symbola. E la dimostrazione, sottolinea Gían Maria Gros-Pietro, presidente di Intesa Sanpaolo, sta nel fatto che «la collaborazione tra enti diversi ha portato risultati straordinari in campo economico, sociale e soprattutto della sanità». A testimoniarlo sono i risultati del Rapporto «Coesione è competizione. Nuove geografie della produzione del valore in Italia», realizzato da Fondazione Symbola, Intesa Sanpaolo e Unioncamere, dove viene dimostrato come le imprese coesive — quelle cioè più attente ai propri lavoratori, al territorio e al benessere delle comunità di riferimento, alla sostenibilità ambientale — sono «più competitive e riescono a sfruttare al meglio le proprie potenzialità», anche nel difficilissimo anno del Covid-19. «Si delinea un Italia che ha un cuore antico — riflette Realacci — e affonda le radici nel fatto che dal rapporto col territorio crea un fattore competitivo». Secondo il Rapporto, spiega il segretario generale di Unioncamere Giuseppe Tripoli, «non solo è cresciuto il numero delle imprese coesive che sono il 37% di quelle manifatturiere (erano il 32% nel 2018), ma un numero molto maggiore di imprese ha adottato strategie rivolte a un incremento della sostenibilità ambientale e sociale». Le imprese coesive esportano di più (58% contro il 39°%); fanno più investimenti verdi (39% contro il 19%o); migliorano prodotti e servizi (58% contro il 46%); adottano misure legate al Piano di Transizione 4.o (28% contro l’ufo); investono di più in cultura (il 26% contro l’ulta). «La coesione è una carta vincente — dice Gros-Pietro —: vuol dire coesione tra le imprese, ma anche coesione delle imprese con le persone che ci lavorano e con il territorio circostante, questo le permette di essere più competitive, lo aveva capito tanti anni fa Adriano Olivetti». Quanto alla sostenibilità ambientale, il presidente di Intesa Sanpaolo si è detto convinto che «l’Europa darà un contributo fondamentale sul contrasto al cambiamento climatico.. E un problema molto urgente, più grave della pandemia stessa perché le sue conseguenze potrebbero essere molto più devastanti e non c’è vaccino che tenga».