“Siamo in una fase in cui siamo tutti chiamati, senza eccezioni, a rispettare istituzioni e comunità, a rafforzare sanità e ricerca e ad aiutare le imprese e le persone. Una prova molto difficile, una sfida che ci vede però fortunati nell’avere un Papa come Francesco ed un presidente della Repubblica come Mattarella”.
Così Ermete Realacci, presidente di Fondazione Symbola, analizzando il momento del paese e dell’Europa che combattono la battaglia contro il Coronavirus.
“C’è un recupero di fondamentali, a me e a Symbola cari – prosegue Realacci – e che sono presenti nel Manifesto di Assisi, legati all’idea che la coesione sia un valore, che l’Italia sia un valore. C’è una frase nel manifesto che dice “Non c’è nulla di sbagliato in Italia che non possa essere corretto con quanto di giusto c’è in Italia”. Ecco, anche il ritrovarsi in questa sfida con questa nostra identità nazionale rappresenta un valore, come diceva La Pira “solo gli animali privi di spina dorsale hanno bisogno di un guscio” “.
Proprio parlando del Manifesto di Assisi, promosso da Symbola e dal Sacro Convento, sottoscritto da importanti rappresentanti del mondo dell’economia italiana, della società, delle istituzioni e della ricerca, per un’economia a misura d’uomo contro la crisi climatica, da domani sul sito della Fondazione Symbola ci sarà una speciale sezione sull’Italia che fa l’Italia, raccontando il cambiamento che alcune aziende d’eccellenza hanno prodotto per venire incontro alle criticità emerse nella gestione del Coronavirus.
“Non avevamo certo bisogno di questa prova così dura – sottolinea ancora Realacci – ma ci sono però cose che questa emergenza ha messo all’angolo, penso ai no vax, oppure a tutti coloro a prescindere critici verso qualsiasi forma di conoscenza scientifica, come ha dimostrato la crocifissione pubblica di Ilaria Capua alla quale nessuno ha mai chiesto realmente scusa. Sono all’angolo anche tutti coloro che hanno sempre criticato, a 360 gradi, il tema dell’identità, quando adesso si comprende bene come noi possiamo costruire una vera Europa a partire proprio dalla nostra identità. E lo vediamo chiaramente in questi giorni, nello sforzo dell’Italia nel recuperare il senso dello Stato”.
Anche i fautori dell’ipeliberismo sono all’angolo? “Certo, come possiamo affrontare questa vicenda senza un formidabile intervento pubblico? Sono tante le categorie che vanno rimesse in discussione e che, quando vedremo la luce in fondo al tunnel, faranno la differenza rispetto alla maniera con cui usciremo da questa crisi. Io sono per esempio raccapricciato dalle cose dette da Boris Johnson, non abbiamo costruito la nostra comunità europea sul darwinismo sociale. Tante cose insomma faranno da spartiacque nel post crisi”.
Guardando ancora fuori dai nostri confini, Ermete Realacci si sofferma inoltre sull’approccio Usa al Covid-19: “Spero non sia vero che Trump puntasse ad acquisire, in monopolio per i cittadini americani, il vaccino sul quale sta lavorando una industria tedesca. Altrimenti di cosa stiamo parlando? Di un paese alleato, che con la Nato mette in campo bombardieri che ci dovrebbero tutelare e non invece un vaccino che ci può salvare tutti? Torna allora il tema fondamentale, se l’Europa ce la farà ad uscire rafforzata o uscirà ferita. Pensiamo agli aiuti che stiamo ricevendo dalla Cina, cose così non rimangono senza effetti nell’opinione pubblica”.
Tornando al ruolo dell’Italia, il paese “ha tutte le caratteristiche per dare contributo di natura diversa, penso alla sperimentazione sul farmaco anti-artrite a Napoli, o al lavoro sul vaccino che vede coinvolta una azienda di Castel Romano, la Takis che finora ha lavorato solo con propri fondi. Oppure a chi si riconverte producendo mascherine, come la Miroglio, o come l’azienda di Mirandola Teknoline, per un milione al mese di mascherine prodotte. E c’è chi usa le stampanti 3D per tenere in vita e ricondizionare apparecchi per la respirazione assistita, accade in Abruzzo ma anche in Piemonte, magari forzando le regole sui brevetti per non far morire della gente. La nostra capacità di rispondere vale se agiamo però come paese. Finora, a parte alcune polemiche inutili, e una percentuale di cretini a mouse libero, la risposta, nelle condizioni che stiamo affrontando, è stata matura. Inutile nasconderlo, tutti abbiamo oscillato nelle passate settimane sulla gravità del fatto, che ha oggi una dimensione diversa da quella immaginabile, ma adesso siamo tutti coesi. Non accetto l’ironia sulla gente che si affaccia e canta al balcone, il paese dimostra di essere forte anche su queste cose elementari. Perchè non è più il tempo dei furbi o dei fighetti ipercritici, è il tempo del saper essere italiani”.