In Italia sono 36.306 gli operatori nel settore del design, articolati tra 20.320 liberi professionisti e lavoratori autonomi e 15.986 imprese (2020). Realtà che pur occupandosi di progettazione, possono avere strutture e origini profondamente diverse tra di loro. Tra queste si annoverano, da un lato, le imprese identificate dalla classe 74.1 “Attività di design specializzate”, nella quale confluiscono sia imprese di progettazione sia realtà manifatturiere (in particolare dell’arredo e abbigliamento) che a seguito di processi di terziarizzazione, hanno esternalizzato le attività produttive spostando il focus sul design delle collezioni e la gestione del brand; ma anche, imprese del design che, partendo da attività legate strettamente alla progettazione nel tempo hanno integrato anche attività di produzione (in particolare il mondo dell’automotive). Ma anche sedi di aziende estere che collocano nel nostro Paese i loro centri stile. In realtà l’esperienza ci dice che esiste un mondo di imprese nate in ambiti produttivi diversi dal design che nel tempo, senza modificare i loro codici Ateco, si sono specializzate in questo campo diventando imprese di progettazione a tutti gli effetti o imprese che utilizzano in modo stabile il design nello sviluppo di prodotti e servizi. Attraverso un insieme di elaborazioni su attività secondarie e analisi degli oggetti sociali, per la cui spiegazione rimandiamo all’appendice, abbiamo stimato un numero complessivo di imprese pari a 13.614 unità. L’estensione rilevata al di fuori del codice Ateco di riferimento fa emergere un insieme di attività in cui il design è presente concentrate, in particolare, su attività manifatturiere (31,9%), attività professionali scientifiche e tecniche (29,3% pubblicità e ricerche di mercato, studi di architettura e ingegneria, consulenza gestionale, ecc.), servizi di informazione e comunicazione (25,6%, comprendenti produzione di software, consulenza informatica, ecc.) e costruzioni (8,3%).
Superato il 2020, anno in cui il design italiano ha sperimentato la prima battuta di arresto dopo dieci anni di crescita, il valore aggiunto 2021 si è portato su 2.939 milioni di euro, livello che si avvicina ai valori pre-pandemia (2019), pur restando ancora al di sotto di 4,6% punti. Anche l’occupazione è cresciuta di oltre 260 unità e con 63.081 unità è inferiore al dato del 2019 solo dell’1,3%. Guardando alle variazioni percentuali, il valore aggiunto del settore è cresciuto nel 2021 del 9,6% in termini correnti, a fronte di un valore del totale economia pari a 6,6%. Questa crescita ancora non compensa le perdite subite nel periodo di diffusione della pandemia: il bilancio del periodo 2021-2018 è di -6,9%, laddove l’economia del Paese registra un più confortante +0,2%. L’occupazione del settore è in timida ripresa (+0,4% rispetto al +0,6% complessivo), ma anche in questo caso il bilancio rispetto al 2018 è ancora negativo (-1,2% a fronte di -0,9% del totale economia). L’indagine diretta realizzata nei mesi di febbraio-marzo 2023 consente di avere informazioni sugli andamenti del fatturato nel 2022, per il quale si hanno indicazioni di aumento dagli operatori nel 47,9% dei casi, di invarianza per il 34,6% e di diminuzione per il 17,5%. Sintetizzando i risultati con i saldi tra risposte indicative di aumento e risposte di diminuzione si ottiene un valore medio del +30,4%, che si declina in un +27,6% per i professionisti, un +32,5% per le micro imprese (aziende da 1 a 9 addetti) e un ancora migliore +34,9% per le piccole-medie (10 addetti e oltre). Guardando alle previsioni per il 2023, si ottengono risultati ancor più ottimistici, dovuti soprattutto alle basse quote di indicazioni di diminuzione: il saldo complessivo che si ottiene è del +40,2% (48,0% meno 7,8%), con +39,6% per i professionisti, +32,8% per le micro imprese e +46,9% per le aziende di piccola e media dimensione. Il mercato di riferimento delle organizzazioni del design è per il 22,3% regionale e per il 44,8% nazionale: sommando i dati si arriva ad un 67,2% complessivo che guarda all’Italia come ambito della propria operatività. A questo dato fa da complemento l’attività sui mercati internazionali, per l’8,6% riguardanti paesi comunitari e per il 24,2% livelli globali (quota quest’ultima che per le piccole e medie imprese sale a 27,8%). Per quanto riguarda la modalità dell’operato in ambito internazionale, il 62,5% delle imprese agisce sulla base di committenza internazionale, il 20% tramite accordi di partnership con aziende locali estere, il 9,6% con sedi dell’organizzazione localizzate sul territorio estero e l’8% attraverso altre modalità (ad es. utilizzando commercio online). Le royalties emergono come origine di fatturato per l’8,7% delle organizzazioni del design (quota che aumenta al 13,4% nel caso dei professionisti), lasciando molto più spazio a proventi derivanti direttamente da progetti. L’articolazione dei destinatari dei servizi di design per tipologia vede in testa micro e piccole imprese (41,7%), quindi medie (26,2%) e, infine, grandi imprese (20,4%). Più contenuta è la quota di indicazioni inerenti alla Pubblica Amministrazione (3,9%). Tra i settori che trainano la domanda di servizi di design spicca l’arredamento (14,3%), seguito dagli altri prodotti manifatturieri (6,6%, ad esempio gioielleria, giocattoli, articoli sportivi, strumenti musicali, ecc.), l’illuminotecnica (6,4%), i prodotti per l’edilizia (5,2%), il turismo e la ristorazione (5,1%) e la meccanica-automazione (5,0%). Nei prossimi tre anni si attenuerà leggermente la domanda dell’arredamento (-0,9% di incidenza), e ancor più per gli altri settori manifatturieri (-2,4%), mentre crescerà quella degli accessori della moda (+1,6%), l’illuminotecnica (+1,4%), i servizi di healthcare (+1,3%) e il packaging (+1,1%).