Le pagine che seguono raccontano 25 storie di aziende dal cuore ecologico. Tra certificazioni, riuso, risparmio energetico, nuovi materiali
e attenzione alle persone. Tutte le buone pratiche hanno un denominatore comune: la circolarità. Nel segno del progetto più importante, che è una sfida e un dovere: rendere il futuro sostenibile.
Buoni e anche belli: la nuova frontiera del design è unire gusto e sostenibilità. Ci spiega Ermete Realacci, ambientalista e presidente di Symbola, la Fondazione per le qualità italiane: “Da noi il tema ha una lettura particolare. Qui, ancor più che in altri Paesi, il valore di un oggetto ‘deve’ essere funzionale e di contenuto, certo, ma anche estetico. Del resto fin dal Medioevo gli italiani sono abituati, scriveva Carlo Maria Cipolla, a produrre all’ombra dei campanili cose belle che piacciono al mondo”.
In effetti, nel settore dell’arredo e dell’illuminazione, siamo il terzo esportatore mondiale.
E perché i nostri mobili, evidentemente, hanno un ottimo design in ogni senso. L’estetica è una componente essenziale della nostra capacità di produrre sostenibilità. E l’Italia è il Paese europeo con il maggior numero di imprese di design con il 15,5% sul totale UE. Come dire: facciamo tanto e lo facciamo bene. L’aspetto interessante è che le nostre buone performance — in diversi settori, non solo in quello del design — non dipendono tanto da una legislazione o da politiche favorevoli, quanto dalle nostre antropologie produttive.
Sarebbe a dire?
In Italia contiamo molto, da sempre, su quell’energia massimamente rinnovabile che è l’intelligenza
umana. Poveri di materie prime, ci arrangiamo con quel che abbiamo e dalla scarsità di risorse abbiamo fatto nascere cose meravigliose, che vanno da sempre nella direzione della circolarità e della sostenibilità. Penso alla tradizione del recupero dei rottami, ferrosi e non, nella zona di Brescia. Ma anche ai processi produttivi virtuosi delle Cartiere lucchesi, o al mito degli stracci di Prato.
Concretamente, in che modo le nostre ‘buone pratiche’ si traducono in un miglior piazzamento in vista degli obbiettivi dell’Agenda di sostenibilità 2030?
Come raccontiamo anche nel report annuale di Symbola ‘L’Italia in 10 Selfie’, produciamo meno climalteranti degli altri grandi Paesi Ue: 26 kg di CO2 ogni mille euro di produzione. A fronte dei 43 della Germania, dei 49 francesi, dei 79 britannici e dei 200 spagnoli! In più, l’industria italiana del legno -arredo è prima in Europa in economia circolare: il 93% dei pannelli truciolari prodotti in Italia è fatto di legno riciclato; in Francia, appena il 50%. Quanto all’alluminio, ne recuperiamo il doppio dei tedeschi…
Consapevoli dei nostri punti di forza ma anche del periodo faticosissimo appena trascorso, ora guardiamo alla ripresa. Come favorirla?
Stiamo ultimando una mappatura di migliaia di aziende per capire come si pongono nei confronti delle sfide del futuro e presto ne condivideremo i risultati. Abbiamo però già molto chiaro il fatto che la cosiddetta ‘transizione verde’ non serve solo a contrastare la crisi climatica: è ormai il terreno della competitività economica. Il che significa che se vogliamo essere presenti nell’arena dobbiamo andare in questa direzione.