Ridurre, riusare, riciclare: le tre “R” dell’economia circolare sono spesso citate come una vaga prospettiva, un impegno ideale, una guida di “buone maniere” per i singoli cittadini piuttosto che uno scenario di concreta applicazione industriale. E invece rappresentano la base di partenza per analizzare un settore in cui, silenziosamente, l’Italia è leader.
Su scala globale il Circularity Gap Report 2021 del Circle Economy – che misura la circolarità dell’economia mondiale – ha fatto presente raddoppiando l’attuale tasso di circolarità dall’8,6% (dato 2019) al 17%, si possono ridurre i consumi dei materiali dalle attuali 100 a 79 gigatonnellate e tagliare le emissioni globali di gas serra del 39% l’anno. Un obiettivo ambizioso, in vista del quale l’Italia si sta attrezzando. Il Rapporto nazionale sull’economia circolare in Italia 2021 realizzato per il terzo anno consecutivo dal Circular Economy Network (Cen), la rete promossa dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile lo conferma: parametri analizzati oggettivamente dal network di associazioni coordinate dal Cen in collaborazione con l’Enea (l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) danno al nostro Paese la medaglia d’oro dell’economia circolare tra le economie europee di punta.
La Commissione europea, nel recente secondo Piano d’azione per l’economia circolare, ha sottolinea come con un modello lineare di economia, basato su un alto consumo di risorse e di energia, non sia possibile raggiungere la neutralità climatica e che l’economia circolare rappresenti un fattore strategico per ottenere un’accelerazione del processo di svolta verso un vero sviluppo sostenibile. In particolare, i Paesi devono riuscire a ottenere una quota di produzione maggiormente orientata all’utilizzo di materie prime rigenerative, conseguire la diminuizione della quantità di materiale usato nella realizzazione di un prodotto o nella fornitura di un servizio attraverso il design circolare, promuoverne il riutilizzo laddove possibile e combattere l’obsolescenza dei beni allungandone la vita utile. Il rapporto realizzato dal Cen e dai suoi partner ha valutato su questi punti la performance delle cinque maggiori economie europee, garantendo all’Italia il primo posto con 79 punti davanti a Francia (68), Germania, Spagna (65 punti entrambe) e Polonia (54).
Da sola la nostra nazione dà all’Ue a 27 Paesi un contributo significativo nel quadro della generazione di posti di lavoro nei settori dell’economia circolare: le persone occupate nei settori dell’economia circolare sono circa 3,5 milioni e con 519.000 occupati, riporta il report, l’Italia si è attestata al secondo posto dopo la Germania (680.000 occupati). Insieme i due Paesi assommano quasi un terzo dell’occupazione nel settore. Nel settore critico del riciclo dei rifiuti urbani nel 2019, secondo i dati Ispra, con un risultato del 46,9% l’Italia linea era sempre al secondo posto dopo la Germania, ma nel campo del riciclo di tutti i rifiuti il risultato saliva al 68%, staccando nettamente la media europea (57%). Berlino, invece, è ben lontana dal raggiungere il risultato italiano in materia di utilizzo circolare di matera, con il 12,2% contro il 19,3% del nostro Paese, che è nell’ordine di grandezza della Francia (20,1%) ed ha davanti significativamente solo Paesi Bassi (28,5%) e Belgio (24%), arrivando ben oltre la media Ue (11,9%). Inoltre, il nostro Paese ha riciclato il 73% degli imballaggi che usa, mentre solo per il 2025 l’Europa ha fissato il target del riciclo del 65%.
Secondo un altro rapporto, di Circoeconomia, si evidenzia quanto il Nord Italia sia in questo contesto un’eccellenza mondiale. Come riporta La Stampa, tra “le diverse Regioni, spicca il Piemonte: tendenzialmente ricalca l’andamento dell’insieme delle Regioni del Nord ma nei 17 indicatori considerati si colloca al secondo posto nel ranking globale, subito dopo l’Olanda”. Ermete Realacci, Presidente di Fondazione Symbola e Carlo Montalbetti, Direttore Generale di Comieco, hanno invece sottolineato che l’economia circolare consente all’Italia di risparmiare ogni anno 23 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio e l’emissione di 63 milioni di tonnellate di anidride carbonica.
Il Recovery Fund può dare un’altra spinta in tal senso al rafforzamento settoriale dell’Italia. E le proiezioni che il Ministero della Transizione Ecologica ha fatto nel suo rapporto sull’economia circolare pubblicato il 30 settembre scorso sono ambiziose: si prevede di rafforzare la capacità d’azione del sistema-Paese nella circolarità dell’elettronica, della plastica, della gestione dei settori idrici e, soprattutto, dell’edilizia. E, come ricorda il principale quotidiano italiano di settore, c’è spazio anche per rafforzare la capacità di recupero e riutilizzo dei veicoli rottamati, che l’Europa chiede di riciclare all’85%. Insomma, le prospettive non mancano, ma per l’Italia il bicchiere è ben più che mezzo pieno. Assieme all’ambito delle rinnovabili, delle reti energetiche e delle infrastrutture di frontiera, quella dell’economia circolare è una corsa in cui l’Italia può giocare, senza dubbio, da grande potenza. Creando valore aggiunto all’economia e dividendi ambientali positivi.