Sessanta e più appuntamenti per raccontare una idea di sport, per dire quanto lo sport è Paese, nel Paese, per il Paese. Poi arriva ottobre, va in vacanza la Repubblica fondata sui Festival, tranne qualche eccezione, e lo sport si prende la scena. Non solo per la ripresa dei campionati, che ovviamente è l’attività principale, ma anche per uno straordinario fiorire contemporaneo di iniziative che sembrano sostenere a distanza il Coni volato a Buenos Aires per presentare e magari vedere promossa la candidatura di Milano e Cortina per i Giochi del 2026 che ha riacceso, anche con dubbi, polemiche, il solito contorno italiano insomma, l’interesse per le Olimpiadi che il passo indietro di Roma aveva spento o quanto meno rinviato.

Prendiamo questo primo fine settimana di ottobre. Il centro è Milano, quasi a dire che Sala ha perfettamente ragione quando dice che oggi l’unico brand di valore mondiale che abbiamo in Italia è Milano, non a caso classificata Alpha, medaglia di bronzo diciamo, nella classifica del Centro di ricerca sulla Globalizzazione e le Città Mondiali. Milano è anche la città della moda, dunque non stupisce che qui si svolga Sneakerness, la puntata italiana di una manifestazione itinerante. Stupisce la reazione di chi non capisce come un paio di sneakers possa arrivare a valere 120 mila Euro, quotazione raggiunta da un paio di Air Jordan. Sono scarpe da ginnastica, è l’obiezione. Respinta: oggi le sneakers sono nel guardaroba di tutti, e soprattutto di ogni marchio, ci sono Tod’s e Prada, per dire, che non si vergognano di essere a fianco, anzi, di Diadora e Lotto, perché il nuovo comandamento è l’athleisure, un modo di vivere, non solo di vestire. Ed essendo un modo che parte da un mondo in cui siamo maestri, tutto quanto ruota attorno al made in Italy, all’eleganza, dovremmo avere maggiore attenzione per un mercato che vive secondo regole originali come One to rock/One to stock: si comprano due paia di scarpe dello stesso modello, uno per l’utilizzo quotidiano, per essere alla moda, l’altro come investimento.

Dal centro si sposta a Rho Fiera. Grandi spazi per grandi numeri: è la Milano Games Week, il cui manifesto più bello è The game, l’ultimo libro di Alessandro Baricco, uscito a inizio settimana, dedicato ai curiosi e, soprattutto verrebbe da dire, a quelli che non vogliono piegarsi ostinatamente a un mondo nuovo che bisognerebbe comunque conoscere per non perdere il diritto di cittadinanza tra i contemporanei. Per Baricco il Game è una rivoluzione di cui non conosciamo precisamente né l’origine né lo scopo, però una cosa è chiara: “Non è il Game che deve tornare all’umanesimo. È l’umanesimo che deve colmare un ritardo e raggiungere il Game”. Insomma, dedicato a quelli che dicono ma dai, sono soltanto giochini. A parte il fatto che si parla di centinaia di migliaia di persone, per non dire milioni, bisognerebbe prendere nota che ad esempio che in questi giorni si svolge a Milano un University Esports Masters dedicato a League of Legends, oppure c’è una competizione automobilistica, si intende videoautomobilistica, in collaborazione con Mercedes. Attenzione a un dato: prima edizione della Games Week, anno 2011, 30 mila visitatori. L’anno scorso i visitatori sono stati 148 mila, con un incremento tale dall’esordio che puntare sui videogiochi è come mettere i soldi in banca. E infatti c’è anche l’Intesa San Paolo Hearthstone Cup.

Terza tappa milanese. Tappa è la definizione opportuna. Si parla di ciclismo: Red Hook Criterium. Numeri diversi, quasi 500 atleti, in arrivo però da 40 Paesi diversi, un circuito di 1270 metri da ripetere con biciclette a scatto fisso, senza freni per capirci, che possono essere fermate con tecniche da virtuosi che qui risparmiamo, preferendo dire che si tratta comunque di ciclismo. Di uno dei tanti ciclismi oggi possibili: c’è la pedalata turistica, la pedalata affannata di chi va in ufficio su due ruote e non sa di poter passare all’ebike, le bici elettriche; ci sono le gran fondo, non più solo su strada ma anche per mountain bike. Anche qui, Italia al 100%: artigiani e industrie, un business che nemmeno si esaurisce qui perché sono nati i locali, bar e hotel, dedicati ai bikers.

Infine, un annuncio. Dall’11 al 14 ottobre la Gazzetta dello Sport ha organizzato a Trento il Festival dello Sport. La Gazzetta è un Festival quotidiano: chi si lamenta, anche a ragione, che ci sia troppo calcio, per il colpo di genio di un comunicatore come Marco Del Checcolo, si può rifugiare in un gruppo social che si chiama Leggo la Gazzetta alla rovescia, e ristabilisce l’equilibrio. Ma a Trento, per l’intuizione dei dirigenti locali, che hanno capito come e quanto vale lo sport, e per l’opera da Maciste illuminato di Gianni Valenti, vice direttore della Rosea, hanno messo in piedi un cartellone monstre. Eventi di ogni tipo, la Gazzetta dalla prima pagina all’ultima, e anche dall’ultima alla prima, persino one day camp, ovvero allenatori di varie discipline che scendo in piazza per spiegare la loro disciplina a chi la vuole provare. Quando lo sport scende in piazza non lo si può più riportare dentro stadi e palestre, proprio perché non occupa strade e piazze, le libera nelle loro energie migliori. Era la magia, anni fa, di adidas Strettaball. Sarà la magia di Trento. È, sempre, il Game, nella sua miglior versione: non il contrario dell’umanesimo, una sua naturale evoluzione. E sicuramente è d’accordo pure Baricco.

Luca Corsolini – Symbola