Anni fa, Giulio Andreotti, uno che se ne intendeva di sport, scrisse che il vero 31 dicembre italiano era il giorno prima della partenza del campionato di calcio, dopo le vacanze la vigilia del ritorno alla normalità, dell’inizio di una nuova stagione di speranze. Anni dopo sappiamo che il calendario del campionato ha perso, per motivi vari, questa sua sacralità, ma lo sport ha altre date di cui andare fiero e che hanno mantenuto il loro significato. Ad esempio, il terzo sabato di marzo è quello dedicato alla Milano Sanremo, che non è semplicemente una classica del ciclismo mondiale e una vetrina del ciclismo di casa nostra, è un viaggio come dicono i ciclisti. Di sicuro è l’inizio della stagione degli sport all’aperto (intendendo che gli sport invernali sono altra cosa, ovviamente).

Quest’anno poi, nella stagione in cui si aspetta per maggio il Giro del Centenario, la Milano Sanremo è lo spunto per far partire altri Giri d’Italia grazie al fatto che il nostro sport è tanto originale suggeritore di spunti quanto vittima, ancora, di una autoreferenzialità che impedisce tante volte di far conoscere al grande pubblico le sue ricchezze
Giro d’Italia numero 1, quello delle sigle. Succede che la Fidal, la Federatletica, trovi un ottimo partner per un suo Road show non solo sportivo ma anche e soprattutto sociale in Fida, la federazione italiana dei dettaglianti dell’alimentazione. Sarà, anche, un matrimonio di interessi, ma è, prima ancora, un matrimonio per condivisione di un problema. I centri storici si svuotano e l’atletica non si fa più sulla strada (e poco anche negli stadi, a dire il vero). Insomma, manca la clientela. Per ritrovarla il tour che parte significativamente da Amatrice e che poi sarà in altre 14 città, un week end di attività per promuovere la Run card, ovvero un tesseramento light con cui la Federazione cerca di inseguire quanti oggi proprio non ne vogliono più sapere di praticare lo sport preferito secondo schemi, un po’ vecchi, stabiliti da altri, mescola sport e benessere, giochi e degustazioni. Insomma il cibo tradizionale per recuperare spazio si appoggia allo sport e allo sport suggerisce di recuperare le sue radici. Altro che futuro ipertech, meglio, di sicuro più giusto, e appunto più social, presentarsi come gli eredi del mens sana in corpore sano.
Fida proporrà percorsi del gusto e del benessere, Fidal metterà in vetrina, nei centri storici, una pista, una pista vera, a dire che lo sport non occupa le piazze ma ne libera le energie migliori.
Viene da dire che c’è, sempre, tutto un m ondo che gira intorno allo sport, e bisogna pure stare attenti alle maiuscole: Mondo è l’azienda made in Piemonte che produce le piste su cui si corrono le gare di atletica ai Giochi, Mondo è la pista che sarà regalata ad Amatrice per ricominciare a correre.

Giro d’Italia numero 2 con la pallamano. In Italia si praticano 384 discipline diverse, una enormità, ma anche tante storie diverse. C’è tanta materia per chi vuole spiegare con storia e sociologia quelli che sono misteri facilmente risolvibili: il baseball, ad esempio, è molto praticato sul Tirreno, portato e importato dai soldati Usa. La pallamano ha una sua mappa strana: forte a Trieste, in Alto Adige, in Puglia, poi ci sono delle macchie qua e là. Una macchia è Siracusa, la città di Concetto Lo Bello, il numero 1 degli arbitri di calcio fino a Pierluigi Collina, che fu il presidente della Federazione in anni in cui lo scudetto era palleggiato tra Trieste e Rovereto prima che arrivasse in Sicilia negli anni Ottanta.
Teramo invece è molto più di una macchia. Sconosciuta ai più, dal 5 all’11 luglio si svolgerà la edizione numero 45 della Interamnia World Cup, un vero mondiale giovanile che ha avuto squadre partecipanti provenienti da 114 Paesi diversi. Tanto per dire: 2 squadre anche dall’Oceania, 25 dall’Asia, 19 dall’Africa. Ragazzi, e allenatori, e famiglie, che arrivano a Teramo e scoprono letteralmente un altro mondo. Normale, persino bello, che negli anni ci sia state anche tante coppie nate in campo tra giocatori e giocatrici di nazioni diverse che hanno scelto di fermarsi in questa città che partecipa attivamente al torneo dando le sue piazze come campo, le scuole come dormitori, un concerto di collaborazioni guidato da Pierluigi Montauti, l’organizzatore, il capitano di una squadra che non si è mai accontentata di far giocare delle partite, ha organizzato e organizza mostre, mercati, porta il mondo in una città come dice uno degli slogan del torneo. Tremila persone che quando sfilano per il centro sfidano anche in un certo senso la sacralità olimpica perché la cerimonia di apertura dell’Interamnia copia dichiaratamente quella dei Giochi dichiarando come sola differenze quella del budget a disposizione.

In Italia le partite di pallamano si svolgono in palestre, solo in qualche caso in Palasport. Viene difficile capire, da noi, che le partite di pallamano nel resto d’Europa, e sempre durante i Giochi, richiamo 15 mila spettatori e oltre. In Alto Adige nessuno si meraviglia: la pallamano è un minimo comun denominatore. E la storia più bella è quella di Stefano Podini. La sua famiglia è attiva in tanti mercati diversi, energia in primis. Lui, anche da imprenditore, non ha mai dimenticato lo sport che ha praticato. In Italia non si ha la stessa riconoscenza: per anni abbiamo parlato di vecchie glorie, dunque abbiamo usato un termine spregiativo per fotografare personaggi e carriere che hanno invece avuto rilevanza almeno locale, come dimostra ad esempio il ministro Poletti, che ironia della sorte non è stato impegnato né a tempo pieno né part time come testimonial della pallamano che ha praticato. Non avendo mai realizzato da giocatore il sogno di qualificarsi per le Olimpiadi, Podini ha trovato due modi originali per essere più ancora che scrivere una storia che rappresenta tutta l’originalità e l’imprenditorialità italiana. Esistono tre collezioni al mondo che hanno tutte le torce olimpiche: una è a Losanna nella sede del Cio, il Comitato Olimpico Internazionale, ovviamente; una è negli Stati Uniti, perché là il mercato di memorabilia sportive è quanto mai florido; una l’ha completata lui partecipando ad aste, seguendo tracce anche improbabili, ma anche e soprattutto nelle ultime edizioni facendo il tedoforo in tutto il mondo. Avere tutte le torce non è una passione da collezionista, è, nel caso di Podini, un modo di vedere, e di presentare lo sport, raccontandone i valori per come si sono evoluti da Atene 1896 a oggi. La prossima mostra con le torce sarà a Livigno che, guarda caso, ha l’ambizione di diventare il centro di preparazione in altura di tutto lo sport italiano: il ricavato dell’iniziativa andrà come al solito in beneficenza. Stefano non è un montanaro, ma un cittadino del mondo. Ha adottato due bambini kmer e da allora è tanto considerato un benefattore della Cambogia che lo hanno tesserato come dirigente aggiunto e lo fanno sfilare nello stadio olimpico per la cerimonia d’apertura. La mostra delle torce, itinerante, è il motore principale delle attività della Podini Foundation.

Luca Corsolini – Symbola