Green economy, un’economia a misura d’uomo contro le crisi

L’Italia è il principale destinatario delle risorse del Next Generation Eu e anche per questo è chiamata a un ruolo da protagonista nella transizione verde. La sostenibilità, oltreché necessaria per affrontare la crisi climatica, riduce il rischio per le imprese e per la società tutta, stimola l’innovazione e l’imprenditorialità, rende più competitive le filiere produttive. Lo dimostrano i dati e le storie del Rapporto “GreenItaly 2022”, giunto alla tredicesima edizione, realizzato dalla Fondazione Symbola e da Unioncamere, presentato oggi a Roma. “Una conferma dell’impostazione del Next Generation EU che, puntando su coesione, transizione verde e digitale, affronta le sfide che abbiamo di fronte, rafforzando la nostra economia – si legge nell’introduzione. Un percorso che deve essere accelerato per far fronte all’aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime. Fattori che stanno mettendo a dura prova la ripresa dopo la pandemia dell’economia italiana ed europea”.

La green economy, nel nostro Paese accelera: 531 mila imprese negli ultimi cinque anni hanno investito sulla sostenibilità per affrontare il futuro, con un aumento del 51% rispetto al periodo precedente (2014-2018). Tre milioni di green jobs, il 13,7% del totale degli occupati. Siamo leader nell’economia circolare e abbiamo la più alta percentuale di avvio a riciclo dei rifiuti: l’83,4%, trenta punti percentuali in più rispetto alla media europea, con una forte crescita nell’impiego di materia prima seconda nei settori industriali nel biennio 2020-21. Ad oggi il 36% dei consumi elettrici è soddisfatto da fonti rinnovabili. Ma non basta.

“C’è un’Italia che fa della transizione verde un’opportunità per rafforzare l’economia e la società – ha detto Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola – e coinvolge già oggi due imprese manifatturiere su cinque. Accelerare sulle rinnovabili e sull’efficienza energetica per sostituire i combustibili fossili, oltre a contrastare la crisi climatica, ci rende più liberi e aiuta la pace. Nel Rapporto presentato oggi si coglie un’accelerazione verso un’economia più a misura d’uomo che punta sulla sostenibilità, sull’innovazione, sulle comunità e sui territori”.

Più in dettaglio. Nel 2021 la produzione di elettricità da fonti rinnovabili nel mondo è stata pari al 28,3%, con eolico e solare quintuplicati in dieci anni. In Italia il 36% dei consumi elettrici è stato soddisfatto da fonti rinnovabili. Ma è ancora distante dai target di neutralità climatica previsti per il 2030 e la strada da percorrere è ancora lunga. Lo scorso giugno, Elettricità Futura, che rappresenta il 70% del mercato elettrico italiano, ha calcolato in oltre 80 i GW da installare entro il 2030. La realtà è che, a fronte di 7-8 GW l’anno che dovrebbero essere installati per raggiungere i traguardi stabiliti, il nostro Paese marcia ad un ritmo poco superiore di 1 GW l’anno.

Sono sempre più le aziende che hanno deciso di investire in tecnologie e prodotti “verdi”: 531 mila nel quinquennio 2017-2021. Le ragioni che spingono le imprese a investire in questo settore riguardano le performance economiche e la dinamicità sui mercati esteri rispetto alle altre (35% contro 26%), aumentano di più il fatturato (49% contro 39%) e le assunzioni (23% contro 16%). I contratti relativi al “green jobs” rappresentano il 34,5% delle nuove assunzioni nel 2021 per un totale di poco superiore ai 3 milioni di unità.

L’Italia è anche leader nell’economia circolare, con un avvio a riciclo della quasi totalità dei rifiuti – urbani e speciali – dell’83,4%: un risultato ben superiore alla media europea (53,8%) e a quelli degli altri grandi Paesi come la Germania (70%), Francia (64,5%) e Spagna (65,3%). Risultati d’eccellenza soprattutto nel settore degli imballaggi che con il 73,3% di riciclo hanno già superato gli obiettivi fissati dall’Europa al 2025 (65%): secondi in assoluto per riciclo pro-capite degli imballaggi, dietro al solo Lussemburgo e davanti alla Germania.

“Questo grazie -, come ha sottolineato Luca Ruini, presidente del Conai – alle competenze specialistiche che hanno caratterizzato l’attività del Consorzio, che proprio quest’anno celebra i suoi 25 anni di vita. Il Conai, infatti,  ha fatto da apripista alla cultura dell’economia circolare, promuovendo, in collaborazione con i Comuni italiani, una corretta raccolta differenziata finalizzata al riciclo, anticipando l’importanza di garantire una seconda vita ai materiali. Da allora il destino del packaging non è più quello di diventare rifiuto, bensì risorsa”.

Le geografie del rapporto descrivono bene i settori produttivi italiani con sostenibilità e economia circolare che si consolidano come temi principali nelle strategie delle aziende. Nell’agroalimentare, ad esempio, dove l’Italia ha diminuito le vendite dei prodotti fitosanitari del 19% ed è leader europeo nel biologico, con un’incidenza sulla superficie agricola utilizzata del 17,4% al 2021.

Anche nell’edilizia, come evidenziano i dati sugli investimenti, è forte la spinta alla sostenibilità. Gli incentivi fiscali e i bonus statali hanno fatto registrare una crescita degli investimenti del 25% nella riqualificazione del patrimonio abitativo. Grazie anche al “superbonus” (che va sicuramente migliorato, secondo il rapporto) che ha avuto  un impatto positivo sull’ambiente di valore pari a quasi un milione di tonnellate di CO2 risparmiata a cantieri conclusi e un risparmio medio annuo in bolletta di 500 euro per ogni beneficiario e di 15,3 miliardi di euro totali.

Anche la filiera “arredo-casa” si conferma fortemente attiva sul tema della sostenibilità, dove il 95% del legno viene riciclato per produrre pannelli per l’arredo, mentre il 67% delle imprese utilizza materie prime seconde e l’81% legno prodotto in modo sostenibile. Il settore della meccanica, secondo in Europa per occupati, nonostante debba fare i conti con il rischio legato all’approvvigionamento delle materie prime, sta realizzando, specie nel comparto delle acciaierie, impostanti investimenti per digitalizzare ed efficientare i processi. Come  nel caso della Arvedi, la prima acciaieria al mondo certificata “Net Zero Emission”, ovvero a zero emissioni nette di anidrite carbonica.

“Da anni il nostro mondo produttivo dimostra un’attenzione specifica ai temi della sostenibilità ambientale e alle potenzialità delle rinnovabili – ha concluso Andrea Prete, presidente di Unioncamere – Purtroppo i tempi autorizzativi stanno rallentando l’installazione di impianti per la produzione di questo tipo di energia, basti pensare nel 2021 è stata installata solo una potenza pari a 1.351 MW, un dato molto lontano dal target definito dal Governo pari a 70 mila MW da installare entro il 2030”.