Le analisi riportate nei paragrafi precedenti, relative ai cambiamenti sia delle modalità di creazione del valore, sia dei tessuti relazionali delle aziende, permettono di tracciare in maniera puntuale il profilo identitario di quelle che definiamo imprese coesive. Da un lato, realtà produttive che scommettono sulla valorizzazione della dimensione relazionale attraverso il dialogo interno verso i propri dipendenti, esterno verso una molteplicità di attori differenti (altre imprese, amministrazioni locali, scuole e università, cluster, sistema bancario, mondo associativo). Imprese che credono nel valore dei territori in cui avviene la produzione e che in questi investono creando rapporti fiduciari con le istituzioni, il sistema del credito, le comunità, i cittadini. Dall’altro si assiste alla messa in campo di significativi investimenti e progettualità che hanno come obiettivo l’aumento del benessere tanto dei propri dipendenti (si pensi ai grandi investimenti fatti negli ultimi anni sul piano del welfare aziendale andando molto oltre il semplice meccanismo dei benefit aziendali), quanto delle comunità territoriali, promuovendo progetti e attività nei campi della cultura, del sociale o dello sport.

Questo significa essere oggi un’impresa coesiva: operare per creare un valore sostenibile ancorando il profitto ad un’idea di crescita e ricavo che guardi al lungo periodo, rifiutando approcci speculativi ed estrattivi miranti ad un guadagno immediato, e superando la tradizionale dicotomia che ritiene incompatibile la coesione con la competitività fine a se stessa.

Ciò porta al riconoscimento dell’interdipendenza di tutti i soggetti, rompendo il vincolo unidirezionale tra committente e fornitori-consumatori, i quali diventano coproduttori insieme all’impresa.

In sintesi l’essenza delle imprese coesive è quella di saper valorizzare l’energia delle relazioni. Che sono fattore di stimolo alla produttività ma anche bene in sé che aumenta senso e soddisfazione di vita.

Ma in che modo le relazioni diventano energia positiva per la performance dell’impresa? Ci sono almeno cinque fattori. Il primo è quello dell’effetto puzzle.

Ognuno di noi ha competenze, esperienze, conoscenze e ruoli sociali non sovrapponibili e complementari a quelli di altri esseri umani. Stesso ragionamento vale tra organizzazioni sociali e imprese. Riuscire a fare squadra vuol dire unire le tessere del puzzle e poter costruire squadre più forti e coese.

La vita economica e sociale è uno sport di squadra, puoi essere Cristiano Ronaldo o Messi ma se scendi in campo da solo perdi tutte le partite. Il secondo è l’effetto superadditività (1+1=3). Attraverso il confronto, il dialogo e la circolazione delle conoscenze si ottengono risultati superiori alla somma di quanto si sarebbe fatto da soli. L’effetto superadditività del lavoro di gruppo relazionale è stato dimostrato in diversi ambiti. Nel Trust Investment Game, ad esempio, sono presenti due partecipanti, un investitore, che dovrà decidere quanti soldi investire, e un fiduciario che riceverà il denaro. Una volta che la somma arriverà nelle mani di quest’ultimo, il suo valore sarà triplicato. Come si comporterà allora il fiduciario? Ricambierà la fiducia che gli era stata accordata, restituendo all’investitore la metà della somma totale ricavata, oppure terrà tutto per sé? Se tra i due si avvia una relazione basata sulla fiducia il risultato finale sarà di grande soddisfazione per entrambi. Il terzo fattore è l’effetto di accelerazione che ai primi due porta la digitalizzazione.

La digitalizzazione aumenta la velocità di circolazione delle conoscenze e ci consente di organizzare piattaforme virtuali dove condurre relazioni del terzo tipo, non sincrone nel tempo e non prossime nello spazio (per capirci quelle delle liste whatsapp) che consentono di risparmiare tempi e costi di spostamento evitando di poter interagire solo quando si è nello stesso tempo e nello stesso luogo. Questo ci rende più ricchi di tempo e ci consente di dare un contributo dal luogo dove siamo e nel momento che riteniamo più propizio. Se è del tutto evidente che la qualità relazionale delle relazioni del primo tipo (stesso luogo in presenza) è superiore (maggiore capacità di dialoghi informali e comunicazione non verbale) è anche vero che la pandemia è stata una gigantesca esercitazione che ci ha costretto a vivere solo relazioni del secondo (a distanza nella stessa unità di tempo come nei webinar) e del terzo tipo. Il quarto fattore è l’arte delle relazioni, fondamentale perché l’energia su cui fa leva l’impresa coesiva sia positiva.

La letteratura economica ricorda come la fiducia sia un rischio sociale e come la logica dell’homo economicus della massimizzazione del proprio tornaconto individuale (che non a caso Amartya Sen chiama “idiota sociale”) porti a risultati subottimali facendo prevalere la diffidenza e distruggendo la cooperazione.

La razionalità sociale dell’uomo cercatore di senso e cooperativo nella logica dell’economia civile è superiore a quella dell’homo economicus come spiegava molto bene già nel 1840 Hume: «Il tuo grano è maturo, oggi, il mio lo sarà domani. Sarebbe utile per entrambi se oggi io […] lavorassi per te e tu domani dessi una mano a me. Ma io non provo nessun particolare sentimento di benevolenza nei tuoi confronti e so che neppure tu lo provi per me. Perciò io oggi non lavorerò per te perché non ho alcuna garanzia che domani tu mostrerai gratitudine nei miei confronti. Così ti lascio lavorare da solo oggi e tu ti comporterai allo stesso modo domani. Ma il maltempo sopravviene e così entrambi finiamo per perdere i nostri raccolti per mancanza di fiducia reciproca e di una garanzia» (1). La razionalità sociale logica è fatta di doni (offrire più di quanto l’altro si aspetta da noi nella transazione/prestazione) che creano riconoscenza e gratitudine, stimolano reciprocità (almeno in una quota rilevante di esseri umani con i quali varrà la pena costruire imprese coesive) e consentono di costruire relazioni di cooperazione e di fiducia. In presenza di relazioni di qualità nate in questo modo i costi/benefici delle scelte si rovesciano. Violare la fiducia diventa più costoso perché implica la distruzione di una relazione di valore.

Il quinto fattore è lo scambio simbiotico con il territorio (terroir), come elemento di attrattività ma anche di legittimazione attraverso rapporti coesivi con la sua comunità. Le imprese coesive nell’era del digitale hanno la possibilità di valorizzare al meglio questi cinque fattori. Questo consente, a parità di altre condizioni, maggiore fertilità sociale e ricchezza di senso del vivere, ma anche come vedremo nel capitolo che segue, maggiore competitività e resilienza.

 

(1) Hume D. (1740), Trattato sulla natura umana, libro III.