C’è una straordinaria attualità nella memoria delle fabbriche. Lo sanno bene le imprese italiane, alcune delle quali, quasi vent’anni fa, hanno fondato Museimpresa, su iniziative di Assolombarda e Confindustria, secondo l’idea forte che proprio le fabbriche sono luoghi fisici e mentali dove il passato e il futuro s’incontrano e la cultura d’impresa, tra testimonianza e innovazione, è un asset fondamentale di competitività.
Nel tempo, lo riaffermano con crescente convinzione anche le imprese francesi che, nel 2018, hanno visto circa 15 milioni di persone visitare più di 2mila siti produttivi. Lo racconta “La Stampa”, ricordando che il 94% di quelle imprese tanto apprezzate dal pubblico del “turismo industriale” siano piccole e medie e, nel 60% dei casi, fabbriche alimentari, con tanto di spaccio e centri di degustazione dei prodotti: il valore del conoscere “la cultura del fare”, ma anche il piacere del gusto, l’attenzione per il buon cibo di qualità.
Non mancano, naturalmente, nell’elenco delle attrazioni, le grandi imprese, dalle centrali elettriche di Edf agli stabilimenti automobilistici Renault e Psa (Peugeot e Citroen) e all’industria aeronautica (Airbus). Né le fabbriche storiche, come la Manifacture Bohin, che per produrre i suoi aghi speciali e per ospitare il museo aziendale continua a occupare parte degli edifici ottocenteschi in cui partì l’attività industriale.