Clima torrido, assenza di precipitazioni e inquinamento mettono l’agricoltura a rischio. Sono due le direzioni da prendere secondo Ermete Realacci. Ambientalista, presidente di Symbola, la Fondazione per le qualità italiane presidente onorario di Legambiente. Realacci indica le due strade, premettendo che «bisogna cercare di evitare fenomeni adattamento, ovvero usare l’acqua quando serve e mi riferisco ai bacini di raccolta che riguardano tanti settori, in particolare l’agricoltura». Tutto un sistema da rivedere, insomma, a partire dall’irrigazione: «Quella a scorrimento consuma troppa acqua e va superata. Inoltre aggiunge bisogna stare attenti alle colture che consumano troppa risorsa idrica, come il mais che andrebbe prodotto solo per uso alimentare umano. Qualcosa si sta facendo, ma bisogna accelerare». La priorità è superare questa difficile estate, «poi precisa bisogna preoccuparsi seriamente di questo problema». Realacci ricorda, non a caso, una vacanza trascorsa in Francia diversi anni fa, dove rimase colpito dall’apprendere che molti vigneti venivano acquistati in Inghilterra, e non in Francia, proprio per le problematiche che attanagliano íl territorio e il clima, come in Italia, dove i vigneti fanno parte del Dna del paese. «Non possiamo rassegnarci a rinunciare a quella che è la nostra identità, ma finora non sono stati fatti grandi passi avanti, perché la politica si occupa di altro». peggiori in futuro. Si è innescata una dinamica per cui l’aumento delle temperature e la siccità creano problemi non solo per l’agricoltura, ma anche sui Fenomeni migratori e sono Fenomeni in atto da tempo». Realacci fa riferimento ai cosiddetti migranti climatici, quelli che abbandonano zone come quelle dell’Africa subsahariana perché non sono più abitabili e l’esempio che porta è lampante: «Il lago Ciad era più grande della regione Lombardia, oggi è più piccolo della Valle D’Aosta». Un Fenomeno, quello dei migranti climatici, che anche qui si dovrà affrontare e che può aggravare ulteriormente la già complessa situazione del paese. Ma non serve andare in Africa per vedere gli effetti dei cambiamenti già in atto.