LOMBARDIA PRIMA REGIONE IN ITALIA PER NUMERO DI IMPRESE CULTURALI E CREATIVE PARI A 84.440 (UN QUINTO DEL TOTALE IN ITALIA) E PRIMA PER VALORE AGGIUNTO PRODOTTO DALLA CULTURA CON OLTRE 20 MILIARDI DI EURO E 300 MILA OCCUPATI (RECORD DI PROFESSIONI CREATIVE QUALI ARCHITETTI, DESIGNER E COMUNICATORI)

LA LOMBARDIA PRIMEGGIA NELLA TOP 10 DELLE PROVINCE ITALIANE CON MAGGIORI QUOTE PERCENTUALI DI IMPRESE CULTURALI SUL TOTALE DI QUELLE REGIONALI: MILANO RISULTA LA SECONDA PROVINCIA ITALIANA, QUARTA MONZA-BRIANZA, QUINTA COMO, OTTAVA LECCO

I DATI DI ‘IO SONO CULTURA’: RAPPORTO ANNUALE DI SYMBOLA E UNIONCAMERE
CHE ‘PESA’ CULTURA E CREATIVITA’ NELL’ECONOMIA NAZIONALE

LE IMPRESE CULTURALI E CREATIVE PRODUCONO IN ITALIA 78,6 MILIARDI DI VALORE AGGIUNTO E NE MUOVONO 227, IL 15,6% DELLA RICCHEZZA PRODOTTA

LE IMPRESE CHE INVESTONO IN CREATIVITA’ ESPORTANO E CRESCONO DI PIU’ DI QUELLE CHE NON LO FANNO

REALACCI: “CULTURA E CREATIVITA’ SONO NEL NOSTRO DNA
PER SFIDARE LA CRISI L’ITALIA DEVE FARE L’ITALIA”

La Lombardia è la locomotiva della creatività italiana. Prima in Italia per numero di imprese culturali e creative, pari a 84.440, circa un quinto di quelle totali presenti in Italia. La Regione detiene il primato per valore aggiunto prodotto dal sistema culturale e creativo, che si traduce in oltre 20 miliardi di euro (più di un quarto del totale prodotto nel Paese), e un numero di occupati che supera i 300 mila, un quinto del totale, con un record di professioni creative (architetti, designer e comunicatori) con una incidenza 7,8% sul totale occupati regionali, seguita dalla Emilia Romagna con 7,0%.

Milano con 39.252 è la seconda provincia italiana per incidenza delle imprese culturali e creative sul totale delle imprese presenti nella provincia, nella medesima classifica Monza Brianza è quarta e Como è quinta. In provincia di Milano, infatti, le realtà del comparto culturale e creativo sono il 10,9% del totale delle imprese, mentre in provincia di Monza Brianza e di Como tale percentuale si attesa rispettivamente al 10,2 e al 10,1%.

La classifica è contenuta nello studio “Io sono cultura – L’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi” elaborato da Symbola e Unioncamere con la collaborazione e il sostegno dell’Assessorato alla cultura della Regione Marche e di FriulAdria. L’unico studio in Italia che annualmente quantifica il peso della cultura e della creatività nell’economia nazionale. Con risultati eloquenti: le imprese delle filiere culturali e creative producono 78,6 miliardi di valore aggiunto e ‘attivano’ altri settori dell’economia arrivando a muovere complessivamente il 15,6% del valore aggiunto nazionale, equivalente a 227 miliardi di euro. Tanto vale nel 2014 il sistema produttivo culturale e creativo, un dato comprensivo del valore prodotto dalle filiere culturali e creative, ma anche di quella parte dell’economia nazionale che viene attivata dalla cultura, a cominciare dal turismo. Le filiere culturali e creative si confermano un pilastro del made in Italy, un sostegno importante alla nostra competitività o, per dirla in gergo calcistico, l’uomo in più messo in campo dalla squadra Italia per competere e vincere. Tanto che nel periodo 2012/2014, quindi in piena crisi, le imprese che hanno investito in creatività hanno visto crescere il proprio fatturato del 3,2%, mentre tra le non investitrici il fatturato è sceso dello 0,9%. E sempre le imprese che hanno investito in creatività sono state premiate con incremento dell’export del 4,3%, al contrario chi non ha puntato su questo asset ha visto le proprie esportazioni crescere di un ben più magro 0,6%.

Entrando nel dettaglio dello studio – una sorta di annuario, per numeri e storie, realizzato anche grazie al contributo di circa 40 personalità di punta nei diversi settori, alla partnership di Fondazione Fitzcarraldo e Si.Camera e con il patrocinio dei ministeri dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e dello Sviluppo Economico – emerge che dalle 443.208 imprese del sistema produttivo culturale, che rappresentano il 7,3% delle imprese nazionali, arriva il 5,4% della ricchezza prodotta in Italia: 78,6 miliardi di euro. Che arrivano ad 84 circa, equivalenti al 5,8% dell’economia nazionale, se includiamo anche istituzioni pubbliche e realtà del non profit attive nel settore della cultura. Ma la forza della cultura va ben oltre, grazie ad un effetto moltiplicatore pari a 1,7 sul resto dell’economia: così per ogni euro prodotto dalla cultura, se ne attivano 1,7 in altri settori. Gli 84 miliardi, quindi, ne ‘stimolano’ altri 143. Cifre che complessivamente arrivano, come anticipato, alla soglia di 227 miliardi di euro. Una ricchezza che ha effetti positivi anche sul fronte occupazione: le sole imprese del sistema produttivo culturale – ovvero industrie culturali, industrie creative, patrimonio storico artistico e architettonico, performing arts e arti visive – danno lavoro a 1,4 milioni di persone, il 5,9% del totale degli occupati in Italia. Che diventano oltre 1,5 milioni, il 6,3% del totale, se includiamo anche le realtà del pubblico e del non profit.

“Il soft power che ha accompagnato l’Italia nell’Expo di Milano è un patrimonio da mettere in campo anche per rilanciare il Paese. L’Italia è forte se fa l’Italia, se scommette su ciò che la rende unica e desiderata nel mondo: cultura, qualità, conoscenza, innovazione, territorio e coesione sociale – commenta il presidente della Fondazione Symbola Ermete Realacci -. Dalla crisi, infatti, non si esce con ricette del passato, ma guardando al futuro. Dalla bellezza, alla cultura alla green economy molte imprese italiane hanno già colto i segnali che ci parlano del domani e scommettono sulla cultura e la creatività per rafforzare le manifatture. Una strada intrapresa già da ben 7.416 imprese della provincia di Monza e Brianza, il 10,2% del totale, che non a caso è quarta in Italia per incidenza del sistema produttivo culturale e creativo. Numeri alla mano, non solo con la cultura l’Italia mangia, ma la cultura è nel nostro dna e grazie ad essa possiamo costruire un futuro all’altezza della nostra storia. Ecco perché, come si è iniziato a fare, bisogna integrare le politiche culturali all’interno di quelle industriali e territoriali, riconoscerne e accompagnarne il ruolo da protagonista nella manifattura e nell’innovazione oltre che nel turismo”.

“Il valore aggiunto culturale più alto è nelle regioni dove si è affermata una nuova manifattura, che è stata capace di incorporare più innovazione tecnologica orientata alla sostenibilità e alla green economy e più innovazione culturale – commenta il Segretario generale di Symbola, Fabio Renzi – come dimostra la buona performance della Lombardia, dove in questi anni è cresciuto sia l’export manifatturiero che quello culturale. Un terreno sul quale sempre più si giocherà il futuro e che chiede scelte politiche ed economiche coerenti, capaci di collegare il nostro grande patrimonio culturale e paesaggistico con le produzioni di qualità del made in Italy e con l’innovazione digitale, la realtà virtuale, con le nuove tecnologie e le opportunità offerte dal web”.

Cultura e creatività mettono il turbo al made in Italy
Inventivo per eccellenza, il sistema delle nostre industrie culturali si rivela anche reattivo, versatile, capace di tenere anche nella crisi e anzi di rispondere mettendo in campo strategie lungimiranti per agganciare la ripresa puntando sulla qualità, sull’innovazione, sulla bellezza e sulla fantasia. Ad esempio utilizzando professionalità con competenze in arti grafiche, pubblicità, design, web design, tecniche multimediali, sviluppo di software, ecc.. O ancora introducendo pratiche per stimolare la creatività come sessioni di brainstorming, lavori di gruppo interdisciplinare e interfunzionale, forme di rotazione del lavoro, incentivi ai dipendenti per lo sviluppo di nuove idee. Con risultati importanti: le imprese che nel periodo 2012/2014 hanno investito in creatività hanno visto crescere il proprio fatturato tra 2013 e 2014 del 3,2% e nello stesso periodo hanno beneficiato di un aumento dell’export del 4,3%, rispetto a una riduzione del fatturato dello 0,9% e a un contenuto aumento dell’export (+0,6%) delle altre. Tendenze confermate anche nel 2015 dall’incidenza delle imprese che investono in creatività tra le imprese esportatrici: il 48,1% delle imprese che hanno scommesso sulla creatività esportano, mentre tale quota scende al 21,6% tra quelle che negli ultimi tre anni non hanno investito in creatività.

La cultura spinge il turismo
Del totale della spesa dei turisti in Italia, 75,8 miliardi di euro nel 2014, il 37,3% (28,3 miliardi ) è legato proprio alle industrie culturali. E al richiamo della cultura, della bellezza e della qualità sono con ogni probabilità legate le ottime performance nazionali nel turismo. Se, infatti, leggiamo le statistiche in modo meno superficiale ci accorgiamo – come spiegano le ‘10 Verità sulla competitività italiana’ di Fondazione Symbola, Unioncamere, Fondazione Edison – che siamo il primo paese dell’eurozona per pernottamenti di turisti extra Ue (con 56 milioni di notti). Siamo la meta preferita dei paesi ai quali è legato il futuro del turismo mondiale: la Cina, il Brasile, il Giappone, la Corea del Sud, l’Australia, gli Usa e il Canada.

 

Cosa si intende per cultura?
Il cuore della ricerca sta nel non limitare il campo d’osservazione ai settori tradizionali della cultura e dei beni storico-artistici, ma nell’andare a guardare quanto contano cultura e creatività nel complesso delle attività economiche italiane, nei centri stile delle grandi industrie come nelle botteghe artigiane, o negli studi professionali. Attraverso la classificazione in 4 macro settori: industrie culturali propriamente dette (film, video, mass-media, videogiochi e software, musica, libri e stampa), industrie creative (architettura, comunicazione e branding, artigianato, design e produzione di stile), patrimonio storico-artistico architettonico (musei, biblioteche, archivi, siti archeologici e monumenti storici), e performing art e arti visive (rappresentazioni artistiche, divertimento, convegni e fiere). Al corpo centrale della ricerca, come anticipato, è stata inoltre affiancata anche un’indagine volta a valutare l’impatto degli investimenti in creatività sulle performance aziendali, da parte sia delle imprese appartenenti ai 4 macro-settori del sistema produttivo culturale, sia di quelle che svolgono attività economiche differenti ma che possono, non di meno, beneficiare dell’ibridazione con la cultura.

I settori, i trend
Alla performance del sistema produttivo culturale e creativo, sia in termini di prodotto che di occupazione, contribuiscono soprattutto le industrie culturali e le industrie creative. Dalle industrie culturali arriva infatti il 46,8% del valore aggiunto e il 39,4% degli occupati, un risultato raggiunto soprattutto grazie a videogiochi e software. Dalle industrie creative un altro consistente 46,5% di valore aggiunto e addirittura il 52,7% degli occupati, performance raggiunta grazie al contributo preponderante della produzione di beni e servizi creative driven e dell’architettura. Decisamente più bassa la quota delle performing arts e arti visive per entrambi i valori (5,3% v.a. e 6,2% occupazione) e soprattutto per le attività private collegate al patrimonio storico-artistico (1,5% e 1,7%).