Tra le quattro grandi realtà europee, in cui si concentra il 54,4% complessivo di occupati del settore, si è registrato mediamente un incremento di addetti (+3,6%), con picchi in particolare in Spagna (+16,4%) e Francia (+7,1%) ma con valori positivi anche in Italia (+2,4%). Unica eccezione la Germania che ha, invece, registrato un calo del 18%. A delineare tale scenario è l’annuale edizione del rapporto Design Economy, promosso da Fondazione Symbola, Deloitte Private, Polidesign, in collaborazione con Adi, Circolo del Design, Comieco, AlmaLaurea e Cuid, secondo cui nel Belpaese, dopo la battuta di arresto del 2020, anno in cui il design italiano ha vissuto il primo segno meno in dieci anni di crescita, il valore aggiunto 2021 si è portato sui 2,94 miliardi di euro, prossimo ai valori pre-crisi pandemica, mentre l’occupazione è cresciuta toccando quota 63.081 unità. La geografia delle imprese e dell’occupazione. In base ai dati del report, emerge la forte concentrazione di attività del design in Lombardia e nello specifico nella provincia di Milano. Il territorio lombardo raccoglie, infatti, il 29,4% delle imprese italiane, due terzi dei quali rappresentate da liberi professionisti e lavoratori autonomi, il 32,5% del valore aggiunto e il 28,5% dell’occupazione complessiva. A seguire, si confermano altre tre regioni settentrionali: il Veneto, seconda per quota di imprese (11,5%), quarta per valore aggiunto (11%) e terza per occupazione (11,6%); l’Emilia Romagna, terza per quota di imprese (10,7%), seconda per valore aggiunto (13,3%) e occupazione (13%); il Piemonte, quarta per quota di imprese (8,5%), terza per valore aggiunto (11,7%) e quarta per occupazione (11,5%). Nelle quattro regioni si concentra il 60% delle attività produttive, il 68,6% del prodotto e il 64,6% dell’occupazione. Esperti in sostenibilità. Il tema della sostenibilità ambientale emerge come rilevante per il settore, infatti ben 1’87,4% dei soggetti intervistati ne sottolinea l’importanza nei progetti in corso, quota che arriva al 96,5% nel caso delle piccole-medie imprese. A questa centralità corrisponde una consapevolezza diffusa nei livelli di competenza, considerati alti o medi dall’86,9% degli intervistati, più accentuati per le organizzazioni di maggiore dimensione (97,1%). Anche il design per la sostenibilità sociale, finalizzato ad accrescere la salute e il benessere delle persone, a valorizzare le diversità e superare le barriere socio-economiche aumentando l’inclusione e la coesione sociale, assume un peso significativo nei lavori effettuati recentemente per il 49,5% dei soggetti intervistati. Approfondendo la relazione tra design e sostenibilità sociale si osservano livelli dichiarati di competenza, pur mediamente più bassi rispetto a quanto rilevato per la sostenibilità ambientale, medio-alti e pari al 72,5%, variando tra il 65,4% rilevato per i professionisti e 1’86,8% riscontrato nelle piccole e medie imprese. Crescono offerta e domanda formativa. Nell’anno accademico 2021/2022 hanno attivato corsi di studio in discipline del design 91 istituti, 10 in più rispetto alla precedente rilevazione. Tra questi ci sono 28 università, 26 altri istituti autorizzati a rilasciare titoli Afam, 16 accademie di belle arti, 15 accademie legalmente riconosciute e 6 isia. Per un totale di 303 corsi di studio, distribuiti in vari livelli formativi e in diverse aree di specializzazione. Rispetto all’anno precedente, cresce del 4% il numero di corsi accreditati e attivati e del 12% il numero degli istituti. A crescere non sono solo gli istituti ma anche la domanda e il numero degli studenti. Per i corsi di laurea universitari, la maggior parte sottoposti al vincolo del numero programmato, aumenta il numero di iscrizioni al test di ingresso che supera di quattro volte i posti disponibili, con una media nazionale di 2,5 domande per ciascun posto e punte di oltre 6 nel nord Italia. Per gli istituti privi di barriere di ingresso, invece, questo si traduce in un crescente numero di iscrizioni. Nello stesso periodo gli studenti iscritti al primo anno sono 14.907, cioè il 3,87% in più rispetto al precedente anno accademico, considerando nel loro insieme laureati di I livello, laureati di II livello, diplomati in master post-laurea di I e II livello. L’università, nonostante gli ingressi contingentati, conferma essere ancora la principale scelta per i futuri designer, assorbendo circa il 40% del totale degli iscritti. A seguire, cresce significativamente il numero degli studenti iscritti presso gli altri istituti autorizzati a rilasciare titoli Afam (+15,8%) e presso le accademie legalmente riconosciute (+12%). Sono stabili, invece i numeri delle accademie di belle arti e degli istituti superiori per le industrie artistiche che rappresentano, rispettivamente, il 12,8% e il 2,2%. In base alla distribuzione regionale degli istituti dedicati alla formazione, si rileva un’ampia diffusione su tutto il territorio, con una presenza particolarmente rilevante in Lazio (16 istituti e 2.094 studenti) e Lombardia (14 istituti e 5.399 studenti), dove si concentra il maggior numero di istituti attivi e studenti iscritti, localizzati principalmente nelle città di Roma e Milano che insieme ospitano circa la metà del totale degli studenti. Seguono Toscana (9 istituti e 1.118 studenti), Emilia Romagna (7 istituti e 668 studenti), Piemonte (6 istituti e 1.223 studenti) in cui sono presenti le sedi di alcune delle scuole di progettazione più apprezzate in Italia. Nell’anno solare 2021 sono 82 gli istituti che hanno rilasciato titoli di studio in discipline del design, formando nel complesso 10.218 designer, cioè circa 1’11,5% in più rispetto al 2020. Dall’analisi della distribuzione dei laureati/diplomati per livelli formativi si rileva, invece, che il 72% degli studenti ha conseguito una laurea triennale o un diploma accademico di I livello, acquisendo strumenti e conoscenze di base, il 21,9% ha approfondito gli studi conseguendo una laurea magistrale o un diploma accademico di II livello, infine solo il 6% ha perfezionato la propria formazione con master di I o II livello. Gli analisti evidenziano l’inserimento nei piani di studio di alcuni insegnamenti nell’ambito della sostenibilità, delle tecnologie informatiche e dei linguaggi multimediali, indice della crescente richiesta di conoscenze e competenze innovative e trasversali legate in particolar modo alla sfida ambientale, all’inclusione sociale, alla digitalizzazione. Il primato per numero di laureati/diplomati appartiene alla Lombardia che assorbe, da sola, quasi la metà (41,2%) del capitale umano formato. In particolare, Milano si conferma la capitale italiana del design con 3.820 laureati/diplomati, registrando un’ulteriore accelerazione rispetto all’anno precedente (+4,3%). A seguire, Piemonte (10,4%) e Lazio (10,2%) ribadiscono il legame esistente tra la formazione, il design e le esigenze produttive di queste regioni. Gli esiti occupazionali. Gli analisti, basandosi anche sui dati di fonte Almalaurea relativi ai laureati magistrali biennali nella classe di laurea in design del 2016 intervistati nel 2021, evidenziano che a cinque anni dal conseguimento del titolo il tasso di occupazione è pari al 91,6%, valore superiore all’89,1% rilevato sul complesso dei laureati magistrali biennali in Italia. La quasi totalità risulta occupata nel settore privato (90,3%), mentre il 7,4% nel settore pubblico e il restante 2,3% nel settore non profit. Tre quarti degli occupati lavora alle dipendenze (74,7%), soprattutto con contratti a tempo indeterminato (62,4%), in minore misura a tempo determinato (12,3%). Oltre un quinto, invece, svolge un lavoro autonomo (21,8%), mentre il 3,5% è occupato con altre tipologie di lavoro. Dai dati emerge, inoltre, che 1’83,5% degli occupati svolge una professione coerente con l’ambito del design, in particolare il livello di coerenza è massimo per il 73,1%, mentre per un ulteriore 10,4% è buono. Molto contenuta risulta, quindi, la quota di coloro che svolgono una professione poco o per nulla coerente con gli studi conclusi. Gli istituti che hanno attivato corsi di design.