Sempre più studenti arrivano in Italia da tutto il mondo per accedere a un sistema formativo nel campo del design che offre un’ampia varietà di specializzazioni e poggia su una rete di istituti diversi tra loro. Istituti che, tra i propri punti di forza, hanno un corpo docenti di professionisti e partnership con aziende del territorio che rappresentano le eccellenze nel comparto design made in Italy. A fornire una fotografia aggiornata della formazione in Italia è il report Design Economy di Fondazione Symbola. Quest’ultima ha censito (dati 2018) 242 corsi e 65 istituti che hanno rilasciato titoli di studio in discipline del design di cui 18 università, 15 accademie delle belle arti, 15 accademie legalmente riconosciute, 11 istituti privati autorizzati e 6 istituti superiori per le industrie artistiche (Isia).

Nel 2018, da queste scuole, è uscita una carica di 8.244 designer, il 9,7% in più rispetto al 2017, considerando nel loro insieme laureati di primo livello, laureati magistrali, diplomati in master post-laurea di primo e secondo livello. La porzione più significativa di futuri professionisti arriva dalle scuole di alta formazione artistica (53,6% ) e dalle università (46,4% ), ma a crescere a ritmo più serrato (+17% sul 2017) sono le accademie riconosciute.

La quota più importante di studenti (il 7o% pari a oltre 5.500 persone) esce da percorsi di laurea triennale, ma dai dati emerge la popolarità in aumento non solo dei corsi magistrali (+13,6% di studenti sul 2017), ma soprattutto di corsi di “perfezionamento”, e quindi master di primo e secondo livello (+31,7% sul 2017).

Se Milano rappresenta un hub dall’appeal inconfutabile, la mappa della formazione nel settore design non è concentrata solo in Lombardia che però con oltre 4mila diplomati 2018 assorbe circa un quarto dei diplomati in design del Paese ma è distribuita in tutta Italia, anche in corrispondenza con i distretti produttivi d’eccellenza (come l’Isia di Faenza, specializzata nella ceramica).

Nella top io degli istituti manca solo il Sud: Politecnico di Milano (21% dei diplomi su scala nazionale), Naba (Milano), Ied (con sedi anche a Cagliari, Roma, Torino), Iuav (Venezia), Politecnico di Torino, Università degli studi di Firenze, Università degli studi di Genova, Laba, Accademia di Brera e La Sapienza di Roma.

Naba ha da poco aperto una nuova sede a Roma, ma, per adesso il dipartimento design rimane a Milano: «Il design è storicamente legato alla cittàdi Milano, dove arrivano molti studenti stranieri, da noi circa i133 per cento. Ma credo che l’apertura a roma sarà valutata visto il successo ottenuto in questi mesi». dice Claudio Larcher, Naba Design area leader.

La scelta del percorso di studi non può prescindere da quella di un ambito di specializzazione. In Italia, su questo piano, non c’è che l’imbarazzo della scelta: dal product all’interior design, dalla moda alla grafica. Con offerte formative che puntano a interpretare (e, in alcuni casi, ad anticipare) i grandi cambiamenti in corso: dalla sostenibilità alla centralità della user experience, oggi oggetto di studio negli atenei e nelle scuole italiane.

Stando alle rilevazioni di Fondazione Symbola su dati del Miur, nel 20181e aree più tradizionali degli studi in design hanno registrato una crescita degli iscritti: intesta per numero di iscritti c’è il product design (+6,5% rispetto all’anno precedente), seguito da communication (+7,7%) e fashion (+5,9%). A registrare i tassi di crescita più elevati, tuttavia, ci sono le aree del digital design (+48%) e dello space design (+25,5%).