“Grazie al Recovery Plan, il nostro paese può essere leader nella transizione verde”, sostiene il presidente della Fondazione Symbola.

Stamattina è stata presentata la dodicesima edizione di “GreenItaly”, il rapporto curato da Fondazione Symbola e Unioncamere, che misura e pesa la forza della green economy nazionale. Si tratta di un’edizione particolarmente attesa, perché l’Italia è il principale destinatario delle risorse del Recovery Plan e, anche per questo, è chiamata a un ruolo da protagonista nella transizione verde. Quali sono le sfide che la green economy italiana ha davanti a sé? ytali ne ha discusso con Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola, figura di spicco nella storia recente dell’ambientalismo italiano.

Ermete Realacci, perché le imprese green affrontano meglio la crisi?
Perché sono più resilienti e sanno intercettare le tendenze del futuro. Le 441 mila imprese che negli ultimi cinque anni hanno puntato sul green sono quelle che esportano di più, innovano di più, producono più posti di lavoro. Per almeno un terzo dell’economia italiana, essere “buoni” conviene. Questa tendenza, antecedente alla pandemia, ha avuto una conferma. Nonostante la terribile crisi economica causata dal Covid, gli investimenti e i posti di lavoro in campo ambientale sono infatti rimasti stabili anche nel 2020.

L’Europa ci ha dato una mano.
L’Europa ha rafforzato quella che era in parte una tendenza naturale delle imprese italiane. Dopo l’accordo di Parigi sul clima e il trauma della Brexit, ha cambiato direzione. Già prima della pandemia, la misura cardine del programma della Commissione Von der Leyen era il Green New Deal.

Con l’arrivo del Covid, molti pensarono che la lotta alla pandemia avrebbe fatto passare in secondo piano questa spinta ambientale.
Invece l’Europa ha rilanciato, legando alla sfida ecologica non solo il Next Generation EU e il Recovery Plan ma anche i suoi finanziamenti ordinari. Per quanto riguarda poi il Recovery Plan, l’UE ha individuato tre linee d’azione, che sono: la coesione, la transizione verde e il digitale. Scegliendo di guidare la sfida alla crisi climatica e di costruire un’economia competitiva su questo terreno, l’Europa ha recuperato le sue ambizioni e la sua identità.

Il governo italiano è all’altezza di queste ambizioni? 
Mario Draghi sì. Per il resto, va notato che il dibattito politico sul Recovery Plan ha spesso sottovalutato le tre linee guida dell’Europa. Bruxelles dice che il quaranta per cento delle risorse va investito nella transizione verde. Noi invece abbiamo dei ministri che hanno proposto d’inserire nel Recovery il tunnel sotto lo stretto! C’è stata una lunga fase, che in parte continua, di svuotamento dei cassetti. Di istituzioni e soggetti privati che, anche per la debolezza progettuale di larga parte della nostra amministrazione pubblica, hanno tirato fuori quello che già avevano senza fare i conti con gli obiettivi posti dall’Europa.