In forte crescita la ricerca di bioarchitetti, ingegneri energetici, ecodesigner, informatici ambientali, biomuratori e di altre nuove figure legate a immobili e sostenibilità io architetti, ingegneri energetici, ecodesigner, informatici ambientali, biomuratori. E ancora: esperti di domotica, di illuminazione smart e di gestione degli impianti a basso impatto ambientale. È lunga la lista delle “nuove” professioni che promettono di crescere di più nei prossimi anni nell’ambito dell’edilizia sostenibile, motore della green economy negli ultimi anni per effetto dei bonus ristrutturazioni in chiave ecologica e nei prossimi per effetto delle risorse del Pnrr dedicate alla bioedilizia. Un settore, quello della green economy, che copriva oltre 3,1 milioni di occupati fino al 2021 (13,7% sul totale), secondo le ultime stime di Unioncamere contenute nel rapporto Greenitaly, realizzato in collaborazione con Fondazione Symbola. Lo studio sottolinea che i nuovi mestieri legati alla sostenibilità continueranno a crescere in molti ambiti, primo fra tutti quello dell’edilizia. È il mercato del lavoro a richiederli: «A un anno dalla laurea in Ingegneria, Design e Architettura, i nostri studenti trovano occupazione al 98%. Gli ingegneri addirittura prima della laurea vengono opzionati dalle aziende italiane e soprattutto straniere», conferma Stefano Capolongo, direttore del Dipartimento di Architettura, Ingegneria delle costruzioni e ambiente costruito del Politecnico di Milano. Nell’edilizia sostenibile, i nuovi mestieri si possono considerare una versione aggiornata di quelli tradizionali per rispondere alle esigenze dell’economia verde e della società che cambia. «Per ingegneri, architetti e designer, oggi diventa fondamentale lavorare su spazi fisici che guardano al tema della sostenibilità ambientale, economica e sociale. Il covid ha accelerato questo processo spiega Capolongo -. I nostri laureati si focalizzano molto sull’aspetto della contaminazione tra ingegneria, architettura e salute: ad esempio, attraverso l’utilizzo di tool per il monitoraggio della qualità dell’aria e per la valutazione dei consumi; l’utilizzo di materiali ecocompatibili, antivirali e antibatterici per costruire case a basso impatto ambientale e più salutari; oppure l’impiego di fonti energetiche rinnovabili». La questione centrale, secondo Capolongo, è quella di rispondere alle nuove richieste che arrivano dal mercato delle costruzioni e dall’Europa in chiave green. «La tutela del benessere deve essere garantita attraverso l’utilizzo di strumenti in grado di misurare la capacità dello spazio di poter produrre salute. Poi, c’è tutto il tema della progettazione collegato alla digitalizzazione. Qui non parliamo più solo di Bim (Building information modeling, ndr), ma di creazione di veri e propri spazi virtuali applicati a moderni sistemi di Big Data e Analytics per analizzare in modo rapido e continuo i dati del progetto e valutare i progressi, consentendo ai manager di reagire più rapidamente ai potenziali problemi». Il passaggio successivo, spiega Capolongo, sarà quello di trasferire la contaminazione tra ingegneria, architettura e salute dalla progettazione dei singoli edifici alle città: «Il processo è già partito dice il direttore: in tanti centri urbani aumentano le aree pedonali, si allargano i marciapiedi, si fanno piste ciclabili, si introducono le aree verdi e s’iniziano a progettare ospedali di comunità. In questo senso, è interessante la nuova figura professionale promossa dall’Anci (Associazione nazionale comuni italiani, ndr): health city manager, che lavora a 360 gradi per gestire la salute nelle aree urbane».