Sindaci a confronto sugli effetti nel lungo periodo del “titolo” assegnato
Il via con il punto locale sulla transizione verde. In arrivo 2 ministri e il Commissario Gentiloni

Oltre cento relatori tra cui Paolo Gentiloni, commissario europeo per gli affari economici e monetari, Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Adolfo Urso, ministro delle imprese e del made in Italy, Attilio Fontana, presidente di Regione Lombardia. Daranno il loro contributo anche molti esponenti del mondo imprenditoriale, politico, istituzionale e sociale che si confronteranno su politica, società ed economia, con 13 appuntamenti, 48 partner e patrocini e 32 ore di confronto e dibattito in presenza e in streaming. Sono i numeri del Seminario estivo della Fondazione Symbola che da domani
a sabato vedrà la città al centro del dibattito su transizione verde, forza dei territori, coesione sociale e cultura.

Uno dei temi chiave sarà quindi la cultura. Da Mantova 2016 a Bergamo e Brescia 2023, per arrivare a Pesaro 2024 e Agrigento 2025, le città investono da Capitali italiane o europee della Cultura. Ma che differenza c’è tra le prime e le seconde e quali sono le ricadute? Bergamo e Brescia hanno inaugurato in gennaio l’anno da Capitale Italiana della Cultura 2023. Cosa significa? Che differenza c’è tra essere Capitali italiane ed europee? Come lo si diventa? E a che scopo? Tutto è iniziato dalle Città Europee della Cultura, progetto del 1985 di Melina Merkouri, Ministra della Cultura nel governo greco. Negli anni il nome è cambiato in “Capitale europea” e a partire dal 2004 sono mutati i criteri per l’assegnazione del titolo, che avviene sulla base di un’alternanza tra gli Stati membri e prevede una competizione interna. Nel 2014 il nostro Paese fu chiamato a esprimere la città che avrebbe rappresentato l’Italia come Capitale europea della Cultura del 2019 e la scelta cadde su Matera. Per non disperdere il lavoro compiuto, l’allora ministro della Cultura Franceschini, istituì il titolo di Capitale italiana della Cultura, ricalcando il progetto europeo. Le prime Capitali italiane della Cultura, sono state quindi Cagliari, Lecce, Perugia, Ravenna e Siena nel 2015. Mentre la prima città ad aggiudicarsi il riconoscimento con un progetto premiato dalla commissione governativa fu Mantova nel 2016. Poi venne Pistoia (2017), Palermo (2018), col titolo assegnato ogni anno, ad eccezione del 2019 di Matera. Parma invece ha visto il suo mandato, previsto per il 2020, estendersi anche al 2021 a causa del prolungarsi della pandemia. I131 marzo il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, ha proclamato Agrigento per il 2025. I1 Governo attribuisce un premio di 1 milione di euro alla città vincitrice, come volano per aggregare finanziamenti pubblici, e privati del territorio e, in alcune occasioni, sponsor nazionali. Nei primi anni della manifestazione il budget è sempre rimasto sotto i dieci milioni, ma dal 2020 è cresciuto con Parma che ha investito 2lmilioni e anche per Bergamo e Brescia 2023 si parla di cifre sopra i 20. Quando si può dire “riuscito” un evento di questo genere? La strada è quella della valutazione da parte di un organismo indipendente. Nel caso europeo si tratta di un obbligo previsto nel bando. In Italia ogni città si muove autonomamente. Significativo è il caso di Parma 2020-21, che ha presentato, in collaborazione con Deloitte, unImpact Report che valuta l’evento col framework “Culture 2030” dell’Unesco. Il lascito per Mantova? «Capitale italiana della Cultura è stata un’occasione irripetibile di ripensamento della città – dice il sindaco Mattia Palazzi — il lascito lo misuriamo nella crescita turistica e nelle nuove idee che li sono nate e negli anni successivi si sono realizzate, come la nuova piazza Alberti. La cultura a Mantova è diventata centrale nelle politiche di crescita e rigenerazione urbana».

Oltre alla valutazione sull’impatto sociale, culturale, economico, simbolico, un punto chiave per determinare il successo delle capitali della cultura è la capacità di produrre effetti di lungo periodo. Questi i temi sui cui si confronteranno i relatori invitati da Symbola e i sindaci di Mantova Mattia Palazzi, di Bergamo Giorgio Gori, di Parma Michele Guerra, di Pesaro Matteo Ricci e di Agrigento Francesco Miccichè.
«Le delegazioni culturali dei 150 paesi dell’Unesco, a Città del Messico nel settembre 2022, nel sancire che la cultura è un “Global Public Interest Asset” hanno dichiarato che – garantendo la diversità, l’inclusione, la cooperazione internazionale e la salvaguardia del clima – essa è il fondamento dei diciassette Global Sustainable Goals dell’Onu sulla base dei quali saranno improntate le strategie di sviluppo al 2050 dei governi planetari – dice Ernesto Lanzillo, socio Deloitte&Touche spae Deloitte private leader Italia. —Misurare e rendicontare l’impatto della cultura sul territorio e sui vari portatori di interesse è quanto mai necessario per una corretta allocazione delle risorse ed investimenti pubblici e privati. Di tali temi, Valeria Brambilla, ad di Deloitte & Touche Spa parlerà nella tavola rotonda “Urbs e Civitas, l’Italia delle capitali della cultura” promossa da Deloitte con Fondazione Fitzcarraldo e Anci, nel contesto del XXI Seminario estivo di Fondazione Symbola.