La potenza di calcolo che nel 2012 permise di scoprire il bosone di Higgs da aprile è a disposizione delle ricerche di Sibylla Biotech, spin-off dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e delle Università di Trento e Perugia nella lotta contro il Covid-19, guidato da Lidia Pieri.

La loro innovativa ricerca, a differenza degli altri studi in corso, non si concentra sulla proteina Spike, che è la chiave con cui il virus entra nelle cellule, perché le proteine virali tendono a mutare rapidamente e di conseguenza un farmaco rischierebbe di non essere più utile dopo qualche tempo. Bensì sulle più stabili ACE2, proteine importanti per la regolazione della pressione sanguigna che sono le serrature da cui il virus entra del nostro organismo. Attraverso la metodologia PPI-FIT (Pharmacological Protein Inactivation by Folding Intermediate Targeting), Sibylla sta studiando, il processo con cui la proteina viene sintetizzata nella cellula, un processo che vede la catena di amminoacidi che forma la proteina ripiegarsi assumendo la forma di un gomitolo le cui tasche favoriscono l’ingresso del virus: processo di folding. Agendo sul folding, un farmaco potrà bloccare la maturazione della proteina ACE2 senza eliminarla, togliendo punti di ingresso al virus, mantenendo la funzione naturale della proteina e riducendo il rischio di effetti collaterali. Per conoscere le strutture che la proteina assume durante questo processo servono simulazioni con un livello di precisione atomico. E qui entra in gioco la potenza di calcolo dell’INFN e un’altra tecnologia sviluppata da Sibylla Biotech, il Bias Functional Approach (BFA). Infatti tali simulazioni, anche con i più avanzati super computer, richiederebbero centinaia o migliaia di anni.

Grazie a metodi matematici originariamente pensati per la fisica quantistica, si è riusciti ad accelerare questi calcoli oltre 10.000 volte, riuscendo in sole tre settimane, per la prima volta al mondo, a modellizzare il folding di ACE2 e trovando le strutture della proteina su cui un farmaco può agire. Lo studio non è solo un primo passo fondamentale verso una possibile terapia antivirale contro il COVID-19, ma anche l’esordio di un nuovo, brillante approccio alla ricerca di farmaci contro le infezioni virali e altre malattie.