La biodiversità e la naturalità del territorio hanno a volte anche una matrice culturale. Testimonianza eclatante di questa commistione è quella che lega l’Appennino e la cultura religiosa dei monaci benedettini: in molti dei Parchi nazionali appenninici, infatti, si ritrovano ruderi di monasteri benedettini o costruzioni ancora in uso: Cinque Terre, Arcipelago de La Maddalena, Foreste Casentinesi, Gran Sasso e Monti della Laga, Maiella, Parco Nazionale d’Abruzzo, Asinara, Gargano, Cilento e Vallo di Diano, Pollino, Sila, Isole Tremiti nel Parco Nazionale del Gargano.
A partire dal medioevo i Benedettini hanno dato vita, soprattutto lungo la dorsale appenninica, ad una rete di monasteri, abbazie e luoghi di culto che hanno costituito il punto di riferimento principale (un riferimento spirituale ma anche concreto) di un grande numero di comunità e di insediamenti. Fin dalla sua prima elaborazione la Regola dei Benedettini, infatti, ha operato in una condizione di grande armonia tra la dimensione meditativa e quella lavorativa, introducendo conoscenze di ordine spirituale insieme a tecniche per l’utilizzo delle risorse naturali che hanno costituito una delle basi di supporto e di diffusione delle attività di gestione e manutenzione del territorio. Generando nei fatti un modello locale di sviluppo sostenibile ante litteram, in grado di porre in equilibrio i sistemi di produzione e le ricadute economiche con gli ambiti naturali. In ognuno di questi luoghi, i monaci furono i protagonisti della cura del territorio: predisposero terrazzamenti nelle aree collinari, si occuparono – insieme alle comunità – delle opere di bonifica, della manutenzione dei corsi d’acqua e di quella delle foreste, che spesso contribuirono ad accrescere. La naturalità delle aree protette appenniniche, quindi, comunemente ritenuta ‘innata’, è invece frutto anche dell’oculata e responsabile azione dell’uomo.

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[Campagna sull’#Appennino promossa dal Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano e dal Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, monte Falterona e Campigna; realizzata da Symbola e sostenuta dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare]