Questo contributo fa parte dell’Undicesimo rapporto IO SONO CULTURA realizzato da Fondazione Symbola, Unioncamere e Regione Marche in collaborazione con l’Istituto per il Credito Sportivo.
Realizzato in collaborazione con Antonio Taormina – componente Consiglio Superiore dello Spettacolo del MiC.
Le performing arts sono tra i settori della cultura che hanno maggiormente subito gli impatti negativi dell’annus horribilis 2020. A partire da marzo, fatta salva una parziale apertura estiva e del primo autunno, i teatri e gli altri spazi delegati allo spettacolo dal vivo sono rimasti chiusi, con la sospensione della produzione, l’annullamento delle tournée, e il conseguente crollo della partecipazione. Stato e Regioni sono intervenuti con misure straordinarie a favore delle imprese e dei lavoratori. Il settore ha reagito utilizzando le possibilità fornite dallo streaming, sia proponendo e valorizzando registrazioni di repertorio, sia dando luogo a nuove produzioni incentrate su una ibridazione innovativa dei linguaggi che hanno spesso riscosso il successo del pubblico.
La prolungata interruzione delle attività nell’anno appena trascorso ha comportato l’annullamento della relazione tra domanda e offerta, determinando, per i professionisti del settore, la crisi più grave dai tempi dell’ultimo conflitto mondiale. Con tutta probabilità, dopo la fine dell’emergenza, risulterà difficile calcolare i danni reali sul piano economico e finanziario, se non per difetto, considerando che la catena del valore dello spettacolo dal vivo (produzione-distribuzione-promozione) investe anche altri settori economici: dal turismo ai trasporti, sino alla formazione. Per restituire la portata del fenomeno, può essere utile confrontare alcuni dati riguardanti la domanda e l’offerta registrati tra il 2019 e il 2020. Lo scorso anno, per quanto riguarda le attività teatrali[1], sono state realizzate 46.527 rappresentazioni, con un decremento considerevole rispetto all’anno precedente (-64,8%), e sono stati venduti 6.902.700 biglietti (-70,4%) con un calo degli incassi passati da 426 a 94,6 milioni di euro (-77,8%). Dati eloquenti, anche se quelli relativi all’attività concertistica[2] registrano flessioni percentuali ancora maggiori: nel 2020 sono stati eseguiti 13.793 concerti (-65,4 %) e si sono venduti 2.623.000 biglietti (-82,9%) con un incasso totale di 48,189 milioni di euro (-89,1%). Al di là dei numeri, necessari per una valutazione in termini economici delle drammatiche circostanze causate dalla pandemia, va sottolineato che la cultura e lo spettacolo hanno un ruolo centrale nella vita del Paese: sia per il benessere delle persone, in quanto fattore di coesione e inclusione sociale, sia come mezzo per la trasmissione di valori.
La sospensione delle attività culturali ha dunque comportato una mancata acquisizione di strumenti critici e cognitivi, le cui conseguenze non saranno immediatamente evidenti – parliamo di un effetto carsico – ma avranno comunque ripercussioni importanti. Si pensi ai percorsi formativi degli adolescenti privati di un’alfabetizzazione al teatro, alla danza, alla musica.
Complessivamente, la pandemia ha restituito l’immagine di un settore fragile e frammentato che necessita di riforme strutturali a vari livelli, non solo su un piano legislativo (sul quale ritorneremo) ma anche su un piano organizzativo.
Uno degli elementi che la crisi pandemica ha posto in luce, anche grazie all’attenzione dei media, è la difficile e precaria condizione delle lavoratrici e dei lavoratori del settore, le cui criticità – dall’insufficienza delle tutele al mancato riconoscimento giuridico-formale della categoria, erano già presenti ben prima di questa fase pandemica.
Come per gran parte dei settori culturali e creativi, nello spettacolo il numero dei lavoratori autonomi è molto alto, arrivando a contare nel settore culturale dell’UE-27 una percentuale più che doppia rispetto alla media osservata per l’intera economia[3]. Ma nello spettacolo dal vivo ad essere elevato è anche il numero degli intermittenti, a cui si aggiunge un’area di lavoratori “invisibili” perché non catalogabili per l’incongruenza del contratto applicato, riconducibili ad altre categorie professionali. Probabilmente, le figure artistiche sono quelle più penalizzate, come dimostrato dai frequenti richiami da parte delle categorie e degli stessi operatori allo Statuto Sociale degli Artisti, che il Parlamento Europeo approvò nel lontano 2007, accolti molto parzialmente, non solo nel nostro Paese. Documento che invita gli Stati membri a sviluppare e applicare un quadro giuridico e istituzionale per sostenere la produzione artistica attraverso l’adozione e l’attuazione di misure coerenti che riguardano la situazione contrattuale[4].
Per far fronte alla crisi che ha colto lo spettacolo dal vivo, l’Autorità centrale, nell’ambito dei provvedimenti emanati (decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri e decreti ministeriali) da marzo 2020 fino agli inizi del 2021, ha previsto diverse misure riguardanti le imprese e gli addetti del settore, quali i decreti Cura, Agosto, Rilancio, Ristori e Sostegni per la creazione di fondi di emergenza e l’erogazione di contributi a fondo perduto.
Ad alcune tipologie di lavoratori dello spettacolo, che prima non ne avevano diritto, è stato consentito l’accesso alla Cassa integrazione; agli altri sono stati assegnati dei bonus, dapprima di 600 euro e successivamente di entità superiore. Come facilmente prevedibile, nel 2020 i consuntivi relativi al lavoro svolto dai professionisti dello spettacolo hanno registrato vistose flessioni: nel 2020 i lavoratori dello spettacolo – comprendendo sia lo spettacolo dal vivo sia il settore audiovisivo – che hanno svolto almeno una giornata lavorativa sono stati 242.187[5] con una flessione rispetto all’anno precedente del 21,4%.
L’indicatore più efficace per cogliere la difficile condizione lavorativa consiste nel numero delle giornate medie lavorate annue e dalla relativa retribuzione. Premesso che vi sono differenze anche sostanziali tra i diversi gruppi professionali (ancor più in relazione alla natura del rapporto di lavoro, se a tempo indeterminato o determinato), rileviamo ad esempio che gli impiegati nel biennio 2019-2020 sono passati da 226 a 216 giornate lavorative annue (la retribuzione è addirittura aumentata, passando da 27.000 27.300 euro), mentre i direttori e maestri d’orchestra hanno visto scendere le giornate da 71 a 58 (con una flessione significativa della retribuzione, da 18.200 a 14.700 euro). Gli attori, categoria più numerosa (61.706, pari al 25,4% del totale), che nel 2019 avevano lavorato solo 15 giornate, nel 2020 sono passati addirittura a 13, con una retribuzione di circa 2.700 euro.
Questi numeri, che certificano criticità e discrasie la cui origine è assai precedente all’ultima crisi, sono stati oggetto di non poche riflessioni a livello istituzionale – anche grazie all’attenzione riservata dai principali media alle proteste organizzate da attori, ballerini e interpreti del teatro e del cinema in tutto il Paese, da Torino a Milano, da Napoli a Roma – accelerando i tempi verso una riforma del lavoro dello spettacolo da lungo attesa, nella direzione di un rafforzamento degli strumenti di welfare.
Sono stati infatti presentati diversi progetti di legge in materia e alcuni primi provvedimenti sono stati presi, a riprova di una rinnovata sensibilità nei confronti di questo tema, confermata anche dalla realizzazione di una Indagine conoscitiva in materia di lavoro e previdenza nel settore dello spettacolo, svolta congiuntamente dalle Commissioni Cultura e Lavoro della Camera tra il 2019 e il 2020.
Per quanto concerne il Ministero della Cultura (MiC) e il Fondo Unico per lo Spettacolo (FUS) è stata fatta una scelta senza precedenti: per l’anno 2020 (ma il provvedimento è stato esteso al 2021) agli enti ammessi al finanziamento nel 2019 sono stati confermati gli stessi contributi assegnati per quell’anno, superando i convenzionali criteri indicati per i consuntivi annuali. Inoltre, sempre nel 2020, il MiC ha riconosciuto finanziamenti una tantum a soggetti cosiddetti extra-Fus, ovvero non rientranti nel novero di quelli già riconosciuti a tale titolo. Misure di sostegno, sia alle imprese sia ai lavoratori, sono state adottate anche da parte di diverse Regioni – citiamo tra le altre Marche, Veneto, Lazio, Sicilia, Emilia-Romagna – secondo linee di intervento non condivise, perpetuando il disallineamento presente nei diversi territori sul piano normativo. Si tratta complessivamente di misure emergenziali, che si avviano auspicabilmente ad esaurimento, fermo restando che la riattivazione delle attività potrà richiedere adeguati sostegni.
Uno dei principali fattori di cambiamento legati alla pandemia è sicuramente rappresentato dalla “scoperta” da parte dello spettacolo dal vivo della cultura digitale e, più in generale, dello streaming, utilizzato sia per proporre e valorizzare registrazioni di repertori passati, sia per dare luogo a
nuove produzioni incentrate sulla ibridazione innovativa dei linguaggi, che hanno riscosso il favore del pubblico. Sono dunque nati progetti di contaminazione che coniugano il teatro con il cinema,
come nel caso del Teatro Stabile di Torino che, con Claustrophilia, ha realizzato una nuova produzione teatrale fruibile online o del Teatro Biondo di Palermo che, partendo dalla trilogia di Rosario Palazzolo Santa Samantha Vs, ha prodotto uno spettacolo concepito per la fruizione in streaming, basato sull’interazione degli attori con la telecamera, la cui presenza diventa parte integrante della drammaturgia.
Sono nate anche altri tipi di collaborazioni, ad esempio tra il mondo teatrale e quello televisivo, come è stato per Tv Prato del Teatro Metastasio di Prato: ispirandosi agli sceneggiati Rai degli anni Sessanta i produttori toscani hanno realizzato un ciclo di quattro brevi film a cadenza mensile, trasmessi dapprima su TV Prato e poi pubblicati sul sito dello stesso Metastasio. Interessante si rivela il progetto Teatro a casa del Teatro di Napoli, diretto da Roberto Andò, che ha invece creato un articolato palinsesto di contenuti in streaming, diviso in tre sezioni: Memorie d’archivio, con una selezione di spettacoli realizzati in passato dall’ente, Diario della quarantena, con interventi di attori, scrittori, registi e Reclusi, con i contributi video degli allievi della propria Scuola di Teatro. C’è chi invece ha saputo sfruttare le tecnologie digitali per sviluppare degli approfondimenti extra, legati a tutto quello che c’è dietro il sipario, creando nuove occasioni di conoscenza. In questa direzione si è mosso, ad esempio, il Teatro Stabile del Veneto che ha realizzato un virtual tour per accompagnare online il pubblico nelle sale e gli spazi dietro le quinte. Il tour immersivo proposto per tre teatri veneti (il Verdi di Padova, il Goldoni di Venezia e il Mario Del Monaco di Treviso), guida gli utenti in un percorso 3D interattivo grazie all’avatar degli attori coinvolti.
La pandemia ha messo a dura prova il mondo dello spettacolo ma ha anche stimolato nuove originali progettualità, sperimentando nuove modalità di fruizione e relazione
quale, ad esempio, l’invenzione del teatro a domicilio, una forma di resistenza artistica declinata secondo diverse modalità. Citiamo uno degli esempi più riusciti, Consegne // una performance da coprifuoco, proposto in diverse città dalla compagnia Kepler-452 di Bologna, una delle più interessanti nell’attuale panorama: gli spettatori assistono in streaming al viaggio di un rider-attore in bicicletta, protagonista di un percorso-performance site specific, che lo vede muoversi nelle notti del “coprifuoco” sul sellino della bicicletta tra le strade più desolate mai conosciute dalle nostre città da molti anni, per effettuare una consegna a un destinatario con cui dialoga tramite una video-chiamata itinerante su Zoom.
Oltre a queste sperimentazioni, vi sono grandi aspettative riguardo ITsART[6], il palcoscenico virtuale – annunciato nell’aprile 2020, in piena pandemia, dal Ministro Franceschini – creato con l’intento di estendere le platee anche fuori dai confini nazionali, distribuendo contenuti artistici e culturali, live e on-demand. La piattaforma, inaugurata di recente, è promossa dal Ministero della Cultura insieme a Cassa Depositi e Prestiti: per gestirla è stata costituita la società ITsART Spa, controllata al 51% da CDP e al 49% da CHILI Spa, partner industriale del progetto. Nella sezione Palco del catalogo si raccolgono i contenuti relativi allo spettacolo dal vivo (performance teatrali, opera, concerti, balletti, eventi, festival), oggi ancora in numero limitato (21 le proposte teatrali e 9 quelle legate al mondo della danza)[7], ma siamo solo agli inizi.
Complessivamente, giunti a metà del 2021, possiamo finalmente dire che ci stiamo avviando, seppure a fatica, verso la ripresa, o come molti auspicano, verso un rilancio del settore.
[1] SIAE, Annuario dello Spettacolo 2020, 2021. https://www.siae.it/it/chi-siamo/lo-spettacolo-cifre/losservatorio-dello-spettacolo/ Nel macro-aggregato attività teatrale, la SIAE comprende: teatro, lirica, rivista e commedia musicale, balletto, burattini e marionette, arte varia, circo.
[2] Ibidem. L’attività concertistica comprende, secondo le impostazioni SIAE, i concerti classici, di musica leggera e jazz.
[3] Come si legge nella risoluzione del Parlamento Europeo Ripresa culturale dell’Europa pubblicata nel 2020.
[4] Risoluzione del Parlamento europeo del 7 giugno 2007 sullo statuto sociale degli artisti. La situazione contrattuale,
https://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=TA&reference=P6-TA-2007-0236&language=IT
[5] INPS, Osservatorio Gestione Lavoratori dello spettacolo e sportivi professionisti. Anno 2020, 2021. Nel dato qui riportato non è stato conteggiato il Gruppo lavoratori degli impianti e circoli sportivi, anch’esso presente nella statistica INPS. https://www.inps.it/osservatoristatistici/18/
[6] La piattaforma è stata attivata il 31 maggio 2021, https://www.itsart.tv
[7] https://www.teatroecritica.net/2021/06/itsart-netflix-della-cultura-e-online-le-prime-impressioni/